L’Enel mette a rischio la vita degli attivisti di Greenpeace

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Ha spento durante la notte le luci sulla ciminiera dove si erano arrampicati i giovani. Il sostegno di Wwf. E l’ente spinge sul carbone

Gravissimo e irresponsabile comportamento dell’Enel. Nel corso della notte, l’azienda elettrica ha deciso di togliere la luce agli attivisti di Greenpeace che da ieri stazionano sopra la ciminiera della centrale di Porto Tolle, in Provincia di Rovigo. Una condizione particolarmente pericolosa vista l’altezza della ciminiera della centrale (circa 250 metri) e il conseguente rischio di caduta o incidenti degli attivisti.
Alla richiesta degli agenti della Digos, presenti sul posto, di riattivare la luce, gli addetti dell’Enel hanno risposto che si tratta di una decisione dell’azienda che si assume ogni responsabilità.

«È una scelta irresponsabile – protesta Giuseppe Onufrio, direttore delle campagne di Greenpeace – che conferma la scarsissima attenzione dell’Enel verso qualsiasi cultura del confronto e i temi della sicurezza in genere. Capiamo che l’azienda elettrica, già pluri-condannata sia per danno ambientale che biologico, proprio in relazione all’impianto di Porto Tolle, non abbia nessuno scrupolo a mettere in pericolo la vita delle persone». Nonostante le intimidazioni, l’azione di Greenpeace contro le centrali a carbone continua.

Il Wwf esprime solidarietà a Greenpeace e invita a considerare attentamente e nel loro merito le motivazioni che hanno portato all’azione dimostrativa a Porto Tolle, dove l’Enel ha intenzione di sostituire l’attuale centrale con una a carbone.

«Non esiste carbone pulito che tenga di fronte all’emergenza climatica – ha dichiarato Michele Candotti, segretario generale del Wwf Italia -. Per quanto i miglioramenti tecnologici permettano di innalzare l’efficienza di una centrale a carbone, le emissioni specifiche di questa tecnologia rimangono sensibilmente le più elevate nell’ambito dei combustibili fossili.

«Per effetto del meccanismo di regolazione ambientale dell’emission trading, la conversione o la realizzazione di nuovi impianti a carbone determina un costo ambientale ben identificabile in termini economici. Un costo che si cerca di far pagare ad altri: è quello che sta succedendo nel Piano Nazionale di Assegnazione delle Emissioni che stiamo per mandare a Bruxelles e dove, per volontà del Ministero dello Sviluppo Economico, si sono spostate delle quote di CO2 a favore del carbone, togliendole agli impianti CIP6 che se le faranno lautamente pagare dai consumatori in bolletta. Contestualmente le società di produzione elettrica realizzeranno generosi profitti determinati dal differenziale di prezzo tra il gas, appunto, e il carbone.
Costi pubblici e dei cittadini, dunque, e benefici privati.

«Il futuro non è nel ritorno al passato e le politiche a favore dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili possono essere considerate un di più: scegliere di combattere i mutamenti climatici e di garantirsi una vera sicurezza energetica oggi vuol dire decisamente ?no? al carbone che non può considerarsi una fonte energetica ?sicura? ma anzi potrebbe rendere il paese vulnerabile rispetto ai mercati di approvvigionamento, sottoposti a pressione da parte di paesi ad elevata crescita come Cina ed India. Scegliere il carbone oggi vuol dire non tener conto della capacità di carico della terra e provocare l’impatto sui sistemi naturali, sulla loro integrità e capacità di fornire beni e servizi essenziali».

Ed a proposito del piano ambientale annunciato ieri dall’Enel, Greenpeace gli dà il premio di «bufala dell’anno». L’Enel parla di rinnovabili e pensa al carbone. Sostiene di poter tagliare le emissioni di anidride carbonica (CO2) di 4 milioni di tonnellate, ma ha progetti nel carbone che, se realizzati, produrranno emissioni per 34 milioni di tonnellate. Il risultato combinato di questa schizofrenia (taglio di là, ma aumento di qua…), sarebbe quindi una crescita di circa 30 milioni di tonnellate di CO2. Da qui la clamorosa protesta di Greenpeace.
(15 Dicembre 2006)