Una certa confusione creata dalla stessa UE, insieme al sovradimensionamento dei permessi di emissione e alla inutilizzazione del 2,4% di tali permessi ha fatto crollare i prezzi. Un problema del tutto transitorio e l’altalena dei prezzi dimostra che il mercato funziona
In vista della entrata in vigore, a partire dal primo gennaio del 2005, della direttiva europea sul commercio delle emissioni per l’attuazione del protocollo di Kyoto, la UE aveva chiesto ai governi nazionali dei paesi membri di definire i permessi di emissione consentiti per attuare i propri obblighi di riduzione delle emissioni. I permessi di emissione andavano riferiti al periodo 2005-2007 e riguardavano le grandi industrie e non riguardavano, almeno per ora né le piccole industrie né settori inquinanti come il traffico veicolare o i servizi e gli edifici. Per il periodo 2008-2012 dovrà essere presentato entro il 30 giugno prossimo, da parte dei paesi membri UE, il nuovo piano dei permessi di emissione che si integri con il precedente e che porti all’attuazione finale degli obblighi di riduzione per il 2012.
Con i permessi di emissione le industrie sono obbligate a rispettare limiti. Se non sono capaci di ridurre le proprie emissioni per rientrare nei limiti dei permessi consentiti, devono acquistare sul mercato i permessi di emissioni dalle industrie più capaci o efficienti. Nel definire i permessi di emissione i governi nazionali sono stati un po’ generosi o di manica larga. La UE ha cercato di contenere questa inflazione di permessi, ma non sempre vi è riuscita sia perché si trattava della prima volta e del primo periodo (2005-2007) da recuperare successivamente (2008-2012), sia per tener conto delle particolari circostanze nazionali di alcuni paesi (tra cui l’Italia).
Cosa è successo
Il mercato dei permessi di emissione è andato avanti dal 1° gennaio del 2005 sulla base di quelli che erano gli obblighi europei per l’attuazione del protocollo di Kyoto ed erano stati quotati attorno ai 30 euro per tonnellata di anidride carbonica.
Quando l’Unione Europea nell’aprile scorso, dopo il censimento condotto nei vari paesi della UE a consuntivo del 2005, ha pubblicato i dati sui permessi di emissione e su quello che i vari paesi stavano facendo, è apparso evidente, ma è stato in qualche modo anche ufficializzato, che i permessi di emissione erano sovrabbondanti rispetto a quelli che sono gli impegni effettivi dei vari Paesi europei per attuare il protocollo di Kyoto.
L’eccesso di permessi di emissione ammonta al 2,4% e riguarda permessi inutilizzati per 44,1 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Questo fatto ha provocato immediatamente il tracollo di prezzi e l’anidride carbonica quotata a 30 euro la tonnellata il 24 aprile scorso, è scesa a 9,30 euro la tonnellata il 12 maggio successivo.
La cosa ha allarmato non solo il mercato dei permessi di emissione, ma anche le autorità della UE e quelle internazionali che hanno temuto che il sistema dei permessi di emissione non funzionasse e che la UE non fosse in grado di attuare il protocollo di Kyoto.
Ripristinare il mercato
Gli analisti economici che hanno esaminato tutta questa faccenda hanno però rassicurato: il mercato funziona, ciò che non ha funzionato è la confusione che si è creata attorno alla definizione dei permessi di emissione che in qualche modo hanno inflazionato il mercato. Se, ora, la UE riprende efficacemente le redini nella seconda fase, quella del 2008-2012, imponendo ai vari paesi membri di rispettare le regole e essere corretti nella attuazione dei propri impegni al 2012, tutto il processo andrà all’equilibrio risulterà efficace.
(31 Maggio 2006)