Presto senza più segreti il tartufo nero

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Parte il sequenziamento del genoma. Domani verrà lanciato un progetto per valorizzare, conservare e favorire le condizioni di produzione del Tuber melanosporum, al centro del crescente interesse di ambientalisti, biologi e del mercato

Domani, alle 11, presso l’Aula Magna del Dipartimento di Biologia vegetale dell’Università di Torino (Viale Mattioli 25) verrà lanciato un innovativo progetto di sequenziamento del genoma del tartufo nero dal titolo «Genome sequencing of the black truffle Tuber melanosporum» che vede coinvolti ricercatori dell’Istituto per la protezione delle piante del Consiglio nazionale delle ricerche di Torino (Ipp-Cnr) e dell’Ateneo torinese, con il supporto di Compagnia di San Paolo Regione Piemonte.
Come si forma questo fungo pregiato? Come valorizzare e proteggere i siti naturali in cui viene prodotto? Studiare i geni dei funghi avrà ricadute positive sullo studio del genoma umano?
/> Il progetto offre un eccellente esempio di indagine innovativa che, partendo dalla ricerca di base di qualità, va incontro a richieste del territorio e al crescente interesse per i genomi dei funghi micorrizici da parte di ecologi, ambientalisti, biologi e genetisti (per l’utilizzo come biofertilizzatori) e del mercato, dove il tartufo rappresenta un vero cult-food. Il progetto di sequenziamento consentirà sicuramente di ottenere strumenti operativi al fine di valorizzare il capitale tartufo, salvaguardarlo, conservarlo e favorirne le condizioni di produzione.
«Negli ultimi 15 anni la biologia molecolare ha dato nuovo impulso agli studi sui Tuber, che da un punto di visto biologico sono funghi ipogei, appartengono al gruppo degli ascomiceti e formano una simbiosi micorrizica in cui la pianta ospite fornisce al fungo gli zuccheri sintetizzati ed il fungo rilascia preziosi elementi minerali, tra cui fosforo ed azoto ? spiega la prof.ssa Paola Bonfante dell’Ipp-Cnr ?. Le attuali tecnologie, basate sullo studio del Dna dei tartufi, hanno fornito soluzioni a problemi più facili da un punto di vista sperimentale, come la loro corretta identificazione, la distribuzione geografica o la variabilità, ma non hanno risposto alla domanda cruciale: i tartufi come si formano?».
A partire dalla metà degli anni 90, il gruppo di ricerca dell’Ipp-Cnr e dell’Università di Torino ha lavorato a un progetto con l’obiettivo di distinguere specie molto simili morfologicamente tra cui la più pregiata, il tartufo d’Alba, e di affrontare i più complessi problemi di variabilità genetica. Per il tartufo nero sono state esplorate 17 popolazioni, presenti in Francia, Spagna e Piemonte, che hanno evidenziato un certo grado di polimorfismo. «Per conoscere le basi molecolari che controllano tale morfogenesi e la complessa transizione che porta il micelio ad organizzarsi in un corpo fruttifero viene usato l’approccio della genomica funzionale ? prosegue la prof.ssa Bonfante ?. Solo il sequenziamento del genoma di Tuber, però, ci permetterà di capire a fondo questi complessi eventi di morfogenesi e allo stesso tempo di attuare strategie per conservare e valorizzare i siti di produzione naturale del tartufo».
Il progetto verrà presentato in conferenza stampa dalla prof.ssa Bonfante, dal dott. Francis Martin, coordinatore europeo del progetto, Istituto Inra di Nancy (Francia) e dal prof. Simone Ottonello dell’Università di Parma. All’incontro con i giornalisti seguirà, con inizio alle 15 e fino al pomeriggio di venerdì 27, il convegno tecnico scientifico 1st TuberGENOMICS Workshop, nel corso del quale alcuni studiosi provenienti da tutta Europa approfondiranno il tema.

(Fonte Cnr)