I geologi lucani avanzano una serie di interrogativi sulla sicurezza

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La Sigea (Società Italiana di Geologia Ambientale), esprime forti perplessità sulle modalità di individuazione dell’area di Scanzano Jonico come sede per la discarica unica nazionale di rifiuti radioattivi.
«Le perplessità ? si legge in un comunicato – sono dettate dall’atteggiamento a dir poco superficiale dei propositori, privo di idonei studi geologici ed ambientali, che hanno sconvolto la quotidianità non solo del popolo lucano ma anche delle regioni limitrofe».
La società sottolinea che «mentre negli altri paesi i siti vengono studiati per 25 anni, nel nostro paese i siti si scelgono con studi di 25 anni fa». I dubbi riguardano diversi ambiti della geologia, da quelli a grande scala quale la sismicità, il contesto geodinamico del sito, l’estrema vicinanza al mare e l’inondabilità di quella porzione di fascia Jonica, a quelle di dettaglio circa la reale successione stratigrafica, indagata soltanto su alcune verticali e non sufficientemente ricostruita a livello tridimensionale e l’interazione con la circolazione idrica sotterranea in uno scenario di modificazioni ambientali future.
Su alcune dichiarazioni provenienti dal mondo accademico favorevoli allo stoccaggio dei rifiuti radioattivi in Basilicata, l’Associazione sottolinea che «tali affermazioni si basano su enunciati teorici che potrebbero non trovare riscontro diretto in Scanzano Jonico, visto che qui non è stato condotto alcun studio geologico ambientale. Circa la sismicità è stato già ricordato che l’area di Scanzano Jonico è inserita, dall’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003, nell’elenco dei Comuni sismici appartenenti alla Zona 3, che corrisponde secondo la vecchia classificazione sismica alla Terza Categoria, e da ultimo riclassificata come Zona 2 dalla Regione Basilicata. Tale classificazione si inserisce in un più ampio studio sismico del territorio nazionale che ha visto impegnati per molti anni i più prestigiosi studiosi italiani coordinati dal Sevizio Sismico Nazionale e dalla Regione stessa».
Circa la ricostruzione delle successioni stratigrafiche presenti nel sottosuolo, sottolinea la Sigea, «è noto che i 700 metri di argilla, che tanto rassicurano i possibilisti mediatici, sono interrotti su più livelli da argille fessurate e strati di sabbie permeabili, con evidenti possibilità di circolazione di fluidi sotterranei. Le stesse argille si presentano disturbate da movimenti tettonici e dislocate da faglie ad alto angolo. Alle lenti di salgemma si dovrebbe dare una dettagliata caratterizzazione geometrica tridimensionale al fine di verificare la loro potenziale interazione con la circolazione idrica sotterranea che ne determinerebbe la dissoluzione.
Da non trascurare sono le possibili interazioni che le acque superficiali che possono avere con l’accesso alla Discarica; area soggetta in passato ad alluvionamenti e localizzata vicino al fiume Cavone, corso d’acqua non regimentato da opere di difesa idraulica».
La Sigea si chiede: «sono stati condotti studi sulla frequenza in epoche storiche e geologiche di maremoti? Qual è la frequenza stimabile di tali eventi in un’area quella del mar Jonio ad alta attività sismica?».
La Sigea, infine, chiede che il decreto che individua Scanzano Jonico come sito per la Discarica unica nazionale di Rifiuti radioattivi non venga convertito in legge e che vengano condotti più dettagliati e seri studi al


fine di individuare un sito nazionale che tenga inoltre conto della situazione socio-economica locale ed abbia requisiti tecnici inequivocabilmente chiari e validi.