Ma il turismo sul Gargano non era in crisi?

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San Giovanni Rotondo è forse il caso più emblematico della parabola del turismo sul Gargano. I dati in questo caso registrano una crisi non solo per numero di pellegrini che raggiungono la località, ma anche per numero di persone disposte a trascorrere almeno una notte negli alberghi della località. La primavera 2003 ha conosciuto una fortissima diminuzione delle presenze negli alberghi e nei villaggi turistici, fortunatamente controbilanciata dal grande successo delle masserie e delle strutture rurali. L’estate scorsa, a fronte di un boom del Salento, il Gargano ha conosciuto una flessione senza precedenti stimata in circa il 30% delle presenze. Il turismo balneare sul Gargano ha confermato anche nella scorsa stagione un trend preoccupante e, al di là dei discorsi che si fanno sulla destagionalizzazione, la realtà sta conoscendo situazioni di rigidità esasperate: la maggior parte dei turisti si concentrano nelle poche settimane a cavallo di Ferragosto e ciò costringe gli operatori ad utilizzare il fattore costo come unico elemento di flessibilità. Ciò determina un inevitabile abbassamento della qualità generale dell’offerta, prova ne siano le centinaia di proteste e segnalazioni di carenze strutturali (dei servizi turistici, della qualità ambientale del territorio, ecc.) che giungono presso le sedi delle associazioni ambientaliste e di consumatori.
Ed è proprio a San Giovanni Rotondo che gli operatori turistici hanno chiesto, proprio l’anno scorso, la dichiarazione di stato d’emergenza per il settore a fronte della forte crisi e del fenomeno di forte esposizione nei confronti degli istituti di credito. La soluzione che tanti lasciano intravedere è la trasformazione degli alberghi realizzati grazie alla legge 3, in deroga agli strumenti urbanistici, in civili abitazioni. Anche in questo caso insomma si pensa di poter risolvere i problemi strutturali legati allo sviluppo turistico dell’area con una risposta semplicemente immobiliare: nessuna idea, nessuna politica di rilancio e di valorizzazione del territorio, anzi in alcuni casi si è registrato addirittura una netta contrarietà nei confronti delle politiche del Parco Nazionale, che in questo momento sta realizzando, unico organismo istituzionale, una straordinaria opera di marketing territoriale, partendo dalle risorse e dagli elementi di ricchezza del Gargano.

La risposta alla crisi del settore continua ad essere insomma la solita vecchia risposta che da decenni gli operatori del settore, soprattutto nel sud Italia, sono in grado di presentare. Nessuna idea, nessun’attività di promozione e valorizzazione del territorio, nessuna politica di marchi, di consorzi, di certificazione delle strutture turistico ricettive. Solo mattoni e cemento, il buon vecchio cemento, metri e metri cubi da tirare su magari con l’aiuto di generosi fondi pubblici, senza alcuna preoccupazione su come riempire questi nuovi posti letto che si vanno a realizzare. La risposta insomma è vecchia e banale: cemento. O forse si vuole solo esorcizzare la crisi costruendo a più non posso. Il Gargano del ventunesimo secolo sembra difatti l’Italia del boom economico. Progetti di cantieri in ogni dove: alberghi, villaggi turistici, villette. Se è vero che l’industria manifatturiera è in crisi quella edile sul Gargano e nella intera Capitanata deve essere al settimo cielo: ci sono


dei casi in cui crescono gli alloggi di edilizia residenziale anche dove l’ultimo censimento registra un calo demografico vertiginoso. Per noi questi rappresentano i misteri di una terra che accanto alle bellezze solari che compongono lo splendido affresco del Parco Nazionale del Gargano, ci offre anche tante ombre che la rendono, lo confessiamo, a tratti inquietante.

Legambiente è convinta che oggi puntare ad aumentare il numero dei posti letto rappresenta una vera e propria condanna a morte per il turismo e un suicidio per l’intera economia del Gargano. Questo perché si utilizzano risorse pubbliche e private (più pubbliche in verità) non già per innalzare la qualità dell’esistente verso una domanda turistica che cambia in direzioni sempre più sofisticate, ma per aumentare l’offerta facendo ulteriormente perdere di valore quello che già sul mercato turistico è svalutato. Il «peso del cemento» finisce infatti per rovinare tutti quei valori che fanno del Gargano una meta turistica: dal paesaggio al mare pulito, dai monumenti storici a quelli naturalistici dell’entroterra, dalle produzioni di qualità al senso d’identità di tante comunità, in definitiva quel senso di autentico che rappresenta spesso l’unico vero motivo del viaggio. Chi lo dimentica, o non ne tiene conto, commette un errore strategico. Oppure, in malafede, vuole speculare inventandosi alberghi che non servono, infrastrutture in doppio o triplo, il turismo dei casinò, dei parchi divertimenti e tutto quanto una persona intelligente penserebbe per l’hinterland milanese … non certo per il Gargano.

Oggi occorre lavorare per lanciare un turismo di qualità, radicato nel territorio e nei suoi valori culturali ed enogastronomici. Occorre dare corpo al progetto Parco Nazionale del Gargano facendo della qualità ambientale la bandiera del nostro territorio. Quanto sta accadendo viaggia invece nella direzione opposta.

Legambiente denuncia con forza il massiccio ricorso all’Accordo di Programma che, da procedura eccezionale, è diventato ormai nella pratica il normale percorso per la concessione di autorizzazioni edilizie sempre, vale la pena ricordarlo, in deroga ai piani regolatori. I Piani regolatori sono la vittima di questa pratica che a nostro avviso ha raggiunto livelli patologici, rendendo ormai possibile costruire di tutto, in qualsiasi modo ed in qualsiasi posto.

Il continuo ricorso all’Accordo di Programma, al di là di quello che può sembrare, rende inoltre più difficile la partecipazione democratica e la trasparenza e nel contempo rende ancora di più le decisioni soggette al potere politico quando si crea l’asse tra Comune e Regione. E’ quello che purtroppo sta accadendo sul Gargano, dove sono stati siglati Accordi di Programma anche in assenza di pareri espressi da altri enti decisori, ed addirittura in assenza del parere del Parco Nazionale o della Sovrintendenza. Con l’affermarsi di una tale pratica si afferma di fatto il principio del ?diritto a costruire? in perfetta negazione del principio della pianificazione del territorio.

Di seguito abbiamo stilato un elenco di esempi che, per il loro valore simbolico ed esemplificativo, servono a dare l’idea di quello che sta accadendo. Si tratta di un primo elenco, purtroppo temiamo ancora parziale, di


progetti attualmente in discussione o comunque non ancora cantierizzati.
In un secondo elenco abbiamo invece raccolto una «antologia» di ecomostri o di opere inutili e che hanno rappresentato (alcuni indubitabilmente, altri a nostro avviso) unicamente uno sperpero di denaro e di suolo pubblico.