«Via le trivelle dalle aree marine protette e non»

932
Tempo di lettura: 2 minuti

Il decreto pubblicato mercoledì 11 agosto sul supplemento ordinario della G.U., vieta le attività di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare all’interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsivoglia titolo protette per scopi di tutela ambientale ma purtroppo non garantisce tutte le zone non vincolate

È in vigore da oggi il decreto del ministero dell’Ambiente, della tutela del territorio e del mare per tutelare le aree marine protette. Risulta fuori pericolo il santuario dei cetacei ma è ancora a rischio gran parte del mare nostrum. Ed è da questa rigorosa osservazione che una richiesta si leva ad incontrare il pensiero del nostro ministro dell’Ambiente affinché la sua autorità possa essere indirizzata ad impedire scempi nelle zone comunque di gran pregio ma, ahimè, non protette.

Sulle trivellazioni offshore finalizzate all’estrazione di gas e petrolio, preventivate nei pressi del santuario internazionale dei mammiferi marini, zona a sud dell’isola d’Elba tra Pianosa e Montecristo, zona meglio nota col nome di Pelagos, si è già abbondantemente parlato e la concessione di ricerca «Elba Sud» di 643 km2, rilasciata alla Puma Petroleum della multinazionale australiana Key Petroleum Ltd, non sarebbe applicabile in quanto la zona ricadrebbe nel pieno dell’area protetta che include al suo interno le superfici protette di Bergeggi, Cinque Terre, Portofino, Secche della Meloria, Asinara, i parchi nazionali dell’Arcipelago toscano e dell’Arcipelago della Maddalena. A tutti gli effetti ex legem, tale luogo rappresenta un’area protetta per scopi di tutela ambientale, in virtù della legge nazionale istitutiva del santuario (L. 426/98) conseguita in attuazione di accordi e convenzioni internazionali. Ma il problema non risulta questo; infatti, il decreto pubblicato mercoledì 11 agosto sul supplemento ordinario della G.U., vieta le attività di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare all’interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsivoglia titolo protette per scopi di tutela ambientale ma purtroppo non garantisce tutte le zone non vincolate come il canale di Sicilia e il mare di Pantelleria, per esempio, dove è appunto in corso una mobilitazione spontanea di barcaioli insieme ai turisti e a molti residenti per dire no alle trivellazioni.

Ed è proprio per dare risposte a esigenze concrete di salvaguardia ambientale che Legambiente, storica associazione verde che ha a cuore i problemi ambientali della nostra nazione, nella voce del vicepresidente nazionale Sebastiano Venneri, chiede al ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, di pronunciarsi con chiarezza per impedire scempi e disastri ambientali anche nelle aree costiere e marine non protette ma ugualmente preziose e di valore per un corretto sviluppo turistico-economico di tutto il Belpaese.

Cosa può definire un pezzo di mare più importante di un altro e quali sarebbero le differenze, in merito ai danni subiti dai luoghi, a fronte di un possibile incidente in una piattaforma offshore? La legge dovrebbe considerare la realtà delle cose e proibire il posizionamento diffuso di piattaforme in mare, nel nostro mare che ha piccoli punti di sfogo. Un incidente come quello avvenuto mesi fa a largo delle coste del Messico, nel Mediterraneo avrebbe effetti devastanti. Il nostro ambiente è importante e merita attenzione, salvaguardia, coscienza, risoluzioni trasversali e politiche partecipate.