Violenza, femminismo e guerra in scena alla 67ma mostra del cinema di Venezia

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Ancora infuocate le polemiche attorno al film «Vallanzasca, gli angeli del male» di Michele Placido, accusato di aver reso quasi omaggio al terribile criminale milanese, autore di efferati omicidi e condannato ad oltre 200 anni di carcere

Violenza, femminismo e guerra in scena alla 67ma mostra del cinema di Venezia

Si è conclusa ieri la 67ma edizione della Mostra del Cinema di Venezia con l’assegnazione della palma d’oro a Sofia Coppola per il suo «Somewhere». Ma al Lido di Venezia, tra polemiche, applausi e lacrime è stata la vita reale la vera protagonista.

Sono state le opere italiane in particolar modo a raccontare gli angoli più reconditi della vita quotidiana. Angoli in cui si annidano malessere, violenza, intransigenza e paura. Alcuni registi italiani hanno portato sul red carpet di una Venezia tirata a lucido problemi e questioni su cui non bisognerebbe mai smettere di interrogarsi.

Ne è un esempio «Trajabone», il film a basso costo del regista sardo Salvatore Mereu. Il lungometraggio, nato da un progetto scolastico e in concorso nella sezione Controcampo italiano, racconta 5 diverse storie accomunate dall’estremo realismo. Un treno in corsa e una classe in gita ci portano alla scoperta della storia di Kadim, adolescente senegalese costretto a lavorare per pagare l’affitto di casa, rinunciando anzitempo alla spensieratezza della sua giovane età. La sua storia si intreccia a quella di due rom che scappano di casa per amore di una ragazzina conosciuta su internet sotto mentite spoglie. E ancora bullismo al femminile e amicizia tra uomini. Senza retorica e pregiudizi, Mereu racconta solo alcune delle mille sfaccettature del mondo degli adolescenti di oggi.

Tra i film più attesi, «La solitudine dei numeri primi» di Saverio Costanzo, film sul dolore di due ragazzini segnati da terribili esperienze di vita e che, proprio come i numeri primi, sono fatti per bastare a se stessi, non possono condividere con nessun altro il proprio mondo interiore.

E poi gli apprezzatissimi «Ward 54» di Monica Maggioni e «20 sigarette» di Aureliano Amadei, film intensi che, da prospettive diverse, raccontano il grande inganno e la totale inutilità delle guerre in Iraq e Afganistan.

Alla fine il festival l’ha vinto Sofia Coppola con «Somewhere», storia di un ritrovato rapporto tra un personaggio famoso costretto a dividere la sua vita e i suoi spazi per un certo periodo con la figlia adolescente. Il cinema italiano non ha portato a casa grossi riconoscimenti, a parte «20 sigarette», vincitore della sezione Controcampo italiano, quanto piuttosto molte critiche e polemiche.