L’individuo sovrano nelle società moderne

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In un tempo di grandi sconvolgimenti tra grandi ricchezze e povertà, non è male che si parli dei fondamentali dell’Uomo e del suo essere interiore. Un «risveglio» testimoniato dal rinnovato interesse dei giovani per la filosofia

In serate che ricordano i vecchi circoli di fine Ottocento, continuano a Lugano gli incontri della Società filosofica della Svizzera italiana, nella biblioteca del liceo, immerso nello splendore di Villa Ciani, che in una bellezza maestosa che sarebbe piaciuta al grande esteta tedesco, bordeggia il Lago, circondato dai Monti Bré e San Salvatore. Una serie di incontri di particolare attualità, come dimostrano l’alto interesse che incontrano nei giovani sempre attenti al funzionamento e alle dinamiche del cervello che funziona come le radio frequenze e la coerenza e dimostrato anche da recenti ricerche americane.

Nietzsche, esteta e filosofo tedesco, al centro delle serate per le sue dissertazioni sulla Genealogia della Morale nella seconda serata del ciclo, presentate e discusse da Virginio Pedroni presidente della Sfsi. Nell’ampia selezione di brani nicciani della seconda dissertazione proponiamo una speciale riflessione per il secondo brano che riguarda «L’individuo sovrano» che dovrebbe essere il frutto più maturo della crescita dell’uomo a cui inevitabilmente puntano le grandi scuole e più avanti i processi di miglioramento continuo e di qualità nei percorsi di sviluppo aziendali:

Par. 2 […] «Se ci poniamo invece al termine dell’immane processo là dove l’albero porta finalmente i suoi frutti, dove la società e la sua eticità dei costumi rivela il fine di cui fu solo il mezzo,vedremo come il più maturo frutto del suo albero, l’individuo sovrano, uguale solo a se stesso, emancipato di nuovo dalla eticità dei costumi, l’individuo autonomo e sovramorale (ché «autonomo» e«etico»sono termini che si escludono a vicenda), in breve, l’uomo dalla volontà propria, indipendente, duratura, cui è concesso promettere – e in lui un’orgogliosa coscienza che vibra in ogni muscolo, di quello che è stato raggiunto e che in lui si è incarnato, una coscienza reale di potenza e di libertà, un sentimento di compiutezza dell’uomo in generale.

«Questo essere fattosi libero, che può realmente promettere, questo signore della libera volontà, questo sovrano – in che modo mai potrebbe ignorare quale superiorità abbia così acquistato su coloro ai quali non è permesso promettere né farsi mallevadori per se stessi e quanta fiducia, quanto timore, quanta venerazione egli susciti – le «merita» tutte e tre queste cose – e come, con il dominio di sé, gli venga necessariamente dato anche il dominio delle circostanze, della natura e di tutte le creature dalla volontà meno ferma e meno responsabile?

«L’uomo libero, padrone di una volontà ferma e incrollabile, trova in questo possesso anche la sua misura di valore: rivolgendosi agli altri dal suo punto di vista, egli onora o disprezza; e con la stessa necessità con cui onora i suoi simili, i forti, i responsabili (quelli cui è concesso promettere), insomma tutti coloro che promettano non diversamente da personaggi regali, con difficoltà, di rado e senza fretta, che non buttino via la loro fiducia, che concedendola a qualcuno tributino una distinzione, che diano la loro parola come qualcosa cui affidarsi perché si sanno forti abbastanza da poterla mantenere malgrado ogni calamità, anche «contro il destino» – con la stessa necessità terrà in serbo i suoi calci per i fragili levrieri che promettono, senza esserne autorizzati, e la sua frusta per il bugiardo che tradisce la sua parola nell’istante stesso in cui la pronuncia.

«L’orgogliosa certezza dello straordinario privilegio della responsabilità, la coscienza di questa libertà rara, di questo potere su se stesso e sul destino, sono penetrate in lui sino alle sfere più profonde, per farsi istinto, istinto dominante – come lo chiamerà questo istinto dominante, posto che senta in sé la necessità di un termine per definirlo? Ma è fuor di dubbio: questo uomo sovrano lo chiamerà coscienza…».

Appare evidente come l’analisi nicciana dell’uomo sovrano accanto alla manifestazione della forza e del potere (apprezzate in ambito sportivo dai gladiatori ai Pantani o Federer o Schumacher etc.) siano state interpretate anche come origine di deviazioni ariane e naziste da Losurdo e altri come emerge nel commento del «Corriere della Sera» pubblicato dal quotidiano «Le Libertà» il 10 dicembre 2002 sugli antisemiti e Nietzsche, dove il tedesco scrive a chiare lettere la sua opinione sull’antisemitismo. Può essere utile riproporre anche un suo appunto sul concetto di vita esemplare al centro di alcuni altri equivoci intorno al pensiero nicciano:

«La vita esemplare sta nell’amore e nell’umiltà; nella pienezza del cuore, che non esclude nemmeno il più umile; nella rinuncia formale al voler aver ragione, al difendersi, al vincere nel senso del trionfo personale; nella fede nella beatitudine qui, sulla terra, malgrado povertà, ostacolo e morte; nella riconciliazione, nell’assenza di ira, di disprezzo; nel non voler essere ricompensati; nel non essere vincolati a nessuno, nell’essere senza signori, in senso spirituale molto spirituale, in una vita molto orgogliosa, sotto la volontà di una vita grama e servizievole».

Ma si continua a riflettere e a scrivere anche oggi e Virgino Pedroni ha dato alle stampe un volume «Ragion pratica e sensibilità morale. L’etica fra discorso e intuizione», edito da Carocci, Roma 2010, che sarà presentato a Lugano, Aula Magna del Liceo cantonale di Lugano 1 (viale Cattaneo, 6900 Lugano), giovedì prossimo alle 18.

In un tempo di grandi sconvolgimenti tra grandi ricchezze e povertà, non è male che si parli dei fondamentali dell’Uomo e del suo essere interiore che da sempre, nel lungo viaggio che è la vita, decide se si vive bene o male, anche se si è più o meno ricchi come le storie di grandi famiglie ci insegnano.