Il passato aiuta a prevenire le calamità naturali

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Già in epoche remote, il Meridione scosso da eventi geologici. Storia, archeologia, geologia e telerilevamento in sinergia per nuovi studi integrati. La nuova metodologia interdisciplinare battezzata «Geomitologia»

Ancora incompleto il patrimonio di informazioni circa gli eventi naturali calamitosi avvenuti in epoche remote. Senza risposta, pertanto, le numerose domande di storici, geologi ed archeologi circa eruzioni vulcaniche, terremoti, collassi gravitativi e maremoti la cui memoria si è persa col trascorrere dei millenni. Un aiuto alla ricostruzione di quanto accaduto nel nostro Paese ci giunge dalle leggende, dai prodigi, dai racconti antichi, presenti come patrimonio demo-etno-antropologico nazionale ma, spesso, oscuri e difficilmente interpretabili. Una nuova metodologia interdisciplinare, battezzata «Geomitologia», permette oggi di reinterpretare questi preziosi contributi e di riscrivere alcune pagine di storia naturale. Fine ultimo, una conoscenza ancora più ampia, utile a prevenire episodi che, è noto, si ripropongono ciclicamente.

Se n’è discusso questa mattina a Policoro (Matera), nel corso della Conferenza Nazionale «Testo, Contesto ed Evento», organizzata dall’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), in collaborazione con l’Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia), l’Asi (Agenzia spaziale italiana), il Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) ed alcune Soprintendenze Archeologiche ed Università; l’evento, aperto da una Conferenza Stampa, proseguirà nelle successive giornate di domani e venerdì.

Particolare attenzione è stata data al Meridione d’Italia, ai fenomeni calamitosi che lo hanno interessato in epoche remote ed alla pericolosità del loro possibile ripetersi.

«Puglia, Calabria e Sicilia sono le Regioni del Sud potenzialmente più esposte al rischio di maremoti», ha spiegato, nel corso del suo intervento, Giuseppe Mastronuzzi, docente di Geografia fisica e Geomorfologia presso l’Università degli Studi di Bari. «Il Gargano ed il Salento – ha detto – devono questa suscettibilità alla vicinanza con Cefalonia e Corfù, mentre la Calabria meridionale tirrenica soprattutto alla presenza di vicini apparati vulcanici e di faglie attive verso Malta. Tuttavia manca, quasi sempre del tutto, l’informazione ai cittadini circa la presenza di tali pericolosità e l’individuazione di fenomeni di preavviso».

«La taratura di nuove metodologie, da adottarsi congiuntamente da parte della Comunità scientifica, è divenuta questione strategica per poter ben leggere ed interpretare le modificazioni geoambientali intervenute negli ultimi tre millenni sul territorio italiano – ha affermato Mario Aversa, geografo dell’Ispra -. La presenza di una dinamica geostrutturale articolata ed attiva e la concomitante presenza di miti e leggende in aree geografiche particolarmente delicate, come ad esempio quelle sismiche o vulcaniche, rappresenta un settore di indagine purtroppo ancora tutto da sviluppare il quale delinea scenari di diffusa ed elevata pericolosità nazionale come nel bacino del Mar Ionio. Esplorare il territorio con queste nuove chiavi significa poter prevenire, conoscendo tempi di ritorno di eventi a forte impatto».

Un’Italia tutta da scoprire, quindi, partendo dalla sua storia, anche naturale. Un esempio è stato fornito, nel corso del suo intervento, da Cosimo Pignatelli, assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Geologia e Geofisica dell’Università degli Studi di Bari: «Gli Annali Civili del Regno delle Due Sicilie raccontano della caduta di una meteora di colore igneo nel Golfo di Taranto, a cui seguì un violento terremoto e, probabilmente, uno tsunami. Si tratterebbe della descrizione dei momenti che seguirono al sisma avvenuto la notte tra il 24 e il 25 aprile 1836 a Rossano Calabro (CS)».

Un contributo significativo per chiarire il complesso puzzle di fenomeni naturali fortemente impattanti viene fornito anche dalle più sofisticate tecnologie satellitari. L’attuale cooperazione internazionale impegnata nell’Osservazione della Terra, per poter soddisfare le crescenti esigenze della protezione civile nella gestione sia dei rischi naturali ed indotti dall’uomo sia delle risorse ambientali e della sicurezza, richiede, infatti, informazioni aggiornate e disponibili tempestivamente. Presso il Centro di Geodesia Spaziale dell’Asi, situato a Matera, professionisti altamente specializzati utilizzano questo tipo di tecnologie. L’Italia è in grado oggi di fornire una risposta efficace a tutte queste necessità con il programma Cosmo-SkyMed, i cui «occhi» hanno scandagliato l’area più colpita dal terremoto di Haiti (gennaio 2010), fornendo materiali utili alla valutazione dei danni e delle deformazioni nel terreno.

(Fonte Ispra)