L’Ue indifferente al dolore animale

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Per la prima volta l’Italia si è distinta in positivo battendo la tempistica di tutti gli altri paesi europei: la legge italiana, infatti, vieta la pratica della vivisezione su tutti gli animali randagi, ovviamente cani compresi, mentre la norma Ue sdogana questo limite aprendo all’utilizzo addirittura dei grandi primati

Il testo originario arrivato a Strasburgo nel 2008 era tutta un’altra cosa.

Molto più evoluto e coraggioso.

Ora, invece, soltanto una pagina di carta bianca da far riempire a piacimento delle case farmaceutiche.

D’altra parte si tratta di vere e proprie lobby di potere economico dall’enorme influenza politica sulle direttive di governo non solo nazionali, ma addirittura europee.

Difatti stiamo parlando dello scempio legislativo attuato in capo all’Ue sulla vivisezione nello specifico, ma più in generale su tutta la regolamentazione della sperimentazione farmacologica sugli animali.

Per la prima volta l’Italia si è distinta in positivo battendo la tempistica di tutti gli altri paesi europei: la legge italiana, infatti, vieta la pratica della vivisezione su tutti gli animali randagi, ovviamente cani compresi, mentre la norma Ue sdogana questo limite aprendo all’utilizzo addirittura dei grandi primati. Animali, cani e scimmie, non solo quindi intelligenti, ma anche senzienti, cioè capaci di provare sentimenti.

Con questa nuova direttiva, peraltro, si alza la soglia del dolore a cui gli animali possono essere sottoposti ed anche il numero delle volte in cui faranno da cavie sopportando indicibili sofferenze.

I ricercatori potranno riutilizzare gli animali più e più volte per i loro esperimenti anche senza l’uso di antidolorifici e «preparando» l’animale all’intervento chirurgico nel più totale isolamento, senza tener conto del valore enorme dell’elemento «socialità» comune a moltissimi animali.

Questo il contenuto shock della nuova legge europea.

Si spera che in Italia questa venga applicata in modo restrittivo, con l’obiettivo di mantenere tutto sommato inalterate le norme vigenti assai più rispettose dell’integrità dell’animale il cui destino, non per sua scelta, è stato affidato alla scienza.

La cosa sconcertante è che l’Italia sarebbe l’unica a far sentire il proprio dissenso al riguardo, essendo il solo paese tra tutti gli altri ad attuare leggi in materia più umane.

Difatti, questa direttiva paradossalmente è considerata migliorativa rispetto a quella precedente, essendo assai più restrittiva di quella adesso vigente nelle altre nazioni europee.

Purtroppo c’è ancora chi asserisce che proprio non esistano altre soluzioni alternative per la sperimentazione scientifica dell’efficacia dei medicinali.

Un farmaco per un trapianto d’organi non potrà mai essere testato solo su qualche cellula isolata da laboratorio, ma unicamente su esseri viventi.

Se la cosa allora pare davvero inevitabile, perché non renderla meno dolorosa possibile?

Alleviare le pene agli animali che mettono la propria vita a servizio della ricerca, i cui risultati però non andranno mai a vantaggio loro, ma dei loro aguzzini.

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