I profughi? vittime dell’ambiente

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Gheddafi e le politiche della globalizzazione sono solo l’innesco di una crisi che viene da lontano e passa dai rincari del grano all’inutilizzo di ettari di territorio per inquinamenti. La memoria corta dell’uomo e dei media non aiutano

I profughi che vengono dal nord Africa sono una contingenza, è vero. Ma da quando si dà l’allarme? I profughi non sono un’emergenza di oggi, la comunità internazionale è in allerta già dalla fine degli anni 80.

E le cause non sono politiche ma ambientali. I cambiamenti climatici, le desertificazioni, le carenze idriche. Siamo entrati in un sistema che si sta autodistruggendo se non facciamo scelte radicali e totalmente diverse dal passato. La risposta al fabbisogno di energia, se data mediante fonti non rinnovabili (dal petrolio al nucleare), funziona come innesco di ulteriore perdita di risorse ambientali, e quando gli illuminati governanti attuali dell’Occidente o i dittatori sparsi qua e là, che cavalcano una irrazionale globalizzazione, se ne accorgeranno, l’uomo sarà bell’e fritto. Ci ritroveremo in una gigantesca isola di Pasqua.

Da un’audizione alla Camera di qualche giorno fa si scopre che l’Eni (la stessa che è in Libia) potrebbe sborsare fino a 3 miliardi di euro per la bonifica, il rimborso dei danni ambientali e gli investimenti che riguardano nove siti chimici e dismessi sparsi sul territorio nazionale, tra cui Porto Torres e Gela. A spiegarlo è l’amministratore delegato Paolo Scaroni, appunto nell’audizione alla Camera. «Si sta cercando di fare un accordo globale come impone la normativa europea», ha aggiunto Scaroni. Eni, ha tenuto a precisare, «è arrivata alla chimica non per sua scelta ma perché il governo imponeva all’ente di Stato i cadaveri della chimica». Illuminante no?

Oppure si è già dimenticato il disastro dell’off-shore? Oppure la volontà di Gheddafi di dare alla BP il permesso di trivellare nel golfo della Sirte?

Questo per dire che se siamo poveri, se siamo costretti a subire crisi economiche che portano all’aumento di prezzi (come quello del grano che ha dato il la alla rivolta tunisina), se i profughi fuggono dalle bombe e dalle guerre e trovano gli abitanti di Lampedusa col sangue agli occhi perché non ce la fanno a sopportare il carico di persone… bisognerebbe avere il coraggio di non piangere contro la Regione, la Regione contro Roma, Roma contro l’Europa. Il sud contro il nord… Chi governa deve assumersi le proprie responsabilità, sapere come nascono questi meccanismi e non avvitarsi nella spirale dell’egoismo per nascondere la testa sotto la sabbia.

Le violenze le creiamo noi con le scelte sbagliate e con l’incompetenza.

Da quando si dice che dobbiamo affrancarci dal petrolio? E quale è stata la scelta che si fa: il nucleare. Un’altra fonte non rinnovabile e per giunta costosissima e pericolosissima.

E cosa fa il governo nazionale? Strozza le rinnovabili…

Quando avremo scelto l’equilibrio ambientale come «la» priorità della nostra organizzazione sociale incominceremo a camminare verso un nuovo futuro. (I. L.)