Scompaiono i grandi predatori, a rischio gli ecosistemi

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«È in atto la sesta estinzione di massa dei grandi predatori sul pianeta, causata dal più forte impatto umano sulla Terra». Gli effetti? Catastrofici sugli ecosistemi e caratterizzati da un aumento di specie invasive e maggior diffusione di malattie infettive, cambiamenti sul suolo, sulla qualità dell’acqua, sulla vegetazione e sull’atmosfera

La scomparsa di grandi predatori posti all’apice del ciclo alimentare sta alterando gli ecosistemi in tutto il Pianeta. Questo quanto si legge analizzando uno studio recente condotto da una squadra internazionale di scienziati e pubblicato sulla rivista «Science».

Lo studio ha esaminato una vasta gamma di ecosistemi terrestri, d’acqua dolce e marini e conclude che «è in atto la sesta estinzione di massa dei grandi predatori sul pianeta, causata dal più forte impatto umano sulla Terra». Secondo James Estes, professore di ecologia e di biologia evolutiva all’Università della California, Santa Cruz, i grandi predatori erano, una volta, equamente distribuiti sul globo terrestre e ne hanno modellato la struttura fisica e la dinamica degli ecosistemi. Tra le cause della progressiva diminuzione dei predatori vi sono la frammentazione del loro habitat naturali e la caccia; gli effetti, risultano catastrofici sugli ecosistemi, con un aumento di specie invasive e maggior diffusione di malattie infettive, cambiamenti sul suolo, sulla qualità dell’acqua, sulla vegetazione e sull’atmosfera, in cui aumenta esponenzialmente la quantità di anidride carbonica.

L’estinzione è stata più pronunciata fra i grandi predatori, quali i lupi e leoni su terra, balene e squali negli oceani e grandi pesci negli ecosistemi d’acqua dolce. Ma, in aggiunta a queste drammatiche diminuzioni, ci sono stati decrementi consistenti anche nelle popolazioni di molti grandi erbivori, quali gli elefanti e i bisonti. E questi cali innescano un fenomeno ecologico conosciuto con il nome di «cascata trofica», ossia un fenomeno in cui cambiando l’abbondanza di una specie al livello più alto della gerarchia trofica si causa un effetto a cascata sul livello trofico inferiore, che a sua volta scatena un effetto su quello ancora inferiore e così via.

E per fare qualche esempio pratico, in cui si metta in evidenzia questo fenomeno, Estes ed i suoi collaboratori ne citano una vasta gamma: la scomparsa di lupi dalla riserva naturale di Yellowstone, ad esempio, ha provocato la crescita a dismisura di alci, che hanno distrutto pioppi e salici; in Africa, la diminuzione di leoni e leopardi ha provocato la proliferazione senza controllo di babbuini, che hanno aumentato i loro contatti con la popolazione e causato alti tassi di malattie dovute ai parassiti intestinali; ecc. Malgrado questi esempi ben noti, il valore di tale fenomeno non è apprezzato; si ha la tendenza a credere che questo evento sia caratteristico e specifico di ecosistemi particolari e un motivo di tale semplificazione del problema è che gli effetti, all’interno della catena alimentare, sono difficili da osservare e studiare a meno che ci sia una forte perturbazione che ne riveli l’esistenza.

E tali condizionamenti sono stati osservati in molti sistemi differenti e rappresentano gravi minacce per la conservazione. In definitiva, lo studio indica che per risanare gli ecosistemi si devono reintrodurre su larga scala i grandi predatori perché gli effetti della loro presenza sull’ecosistema sono fondamentali; la ricerca ci indica la strada da percorrere per salvare i nostri habitat, ora è il momento di agire e coinvolgere chi queste risoluzione è tenuto a soddisfarle per realizzare il raggiungimento del bene comune.