I bacini artificiali da risorsa per l’agricoltura a oasi di biodiversità

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    La tutela e la valorizzazione degli invasi viene effettuata in un’ottica di protezione degli habitat naturali legati ai bacini idrici e delle specie animali e vegetali che vi abitano, salvaguardando le peculiarità floristico-vegetazionali, i sistemi agroforestali, la qualità dei corsi d’acqua

    È innegabilmente vero che le opere idrauliche di bonifica per regolare i corsi d’acqua, tese allo sviluppo dell’agricoltura irrigua in Italia e particolarmente nel meridione, avviate già a partire dagli anni 30 del secolo scorso, hanno richiesto ingenti investimenti, che hanno consentito di accumulare fino a 3.600.000 m3 d’acqua. Acqua destinata non solo agli usi irrigui, ma anche agli usi civili, industriali e idroelettrici.

    Se per un verso ciò ha significato lo sviluppo economico del territorio con relativi benefici, per un altro ha comportato una notevole contrazione degli ambienti naturali, particolarmente delle zone umide, prosciugate e messe a coltura. Alterazione degli equilibri naturali e perdita della biodiversità sono state le dirette conseguenze.

    Basta pensare che negli ultimi 100 anni le paludi italiane si sono ridotte dell’80%. Fortunatamente questo fenomeno registra una battuta d’arresto, in quanto gli ambienti legati all’agricoltura negli ultimi anni iniziano ad essere consapevoli delle ripercussioni e degli impatti sugli habitat naturali. Questo significa che oggi, grazie alla crescente sensibilità verso le problematiche ambientali, gli invasi artificiali, rappresentano vere e proprie oasi per molte specie animali e vegetali: laddove il territorio si presenta inospitale, infatti, sono essenziali per molte specie minacciate, garantendone l’alimentazione e la riproduzione, fornendo in aggiunta una significativa testimonianza degli ecosistemi acquatici esistenti.

    Questo e molto altro ancora l’argomento discusso oggi a Roma, durante il seminario organizzato dall’Inea, dal titolo «Utilizzazione naturalistica degli invasi a prevalente uso irriguo».

    Ciò che è emerso dall’incontro è che gran parte delle zone umide presenti sul territorio nazionale sono, soprattutto nel meridione, tradizionalmente più arido rispetto al settentrione, in larga parte costituite da bacini idrici artificiali, come dighe e traverse fluviali.

    Chi li gestisce direttamente? Consorzi di Bonifica ed irrigazione e altri Enti gestori con competenze regionali o interregionali. In realtà questi soggetti si trovano ampiamente sollecitati a contribuire alla sopravvivenza, conservazione e miglioramento di questi siti, il cui stato di salute è garanzia anche delle qualità delle acque erogate.

    La tutela e la valorizzazione degli invasi viene effettuata, quindi, in un’ottica di protezione degli habitat naturali legati ai bacini idrici e delle specie animali e vegetali che vi abitano, salvaguardando le peculiarità floristico-vegetazionali, i sistemi agroforestali, la qualità dei corsi d’acqua. Ma non solo. Le peculiarità avifaunistiche e ittiofaunistiche dei siti. La conservazione e l’incremento della biodiversità si persegue riducendo sia i fattori di mortalità e di deterioramento ambientali dovute all’impatto dell’uomo, sia attraverso interventi strutturali che ripristinino ecosistemi compromessi. Ricreando quindi habitat idonei al rifugio e all’alimentazione e salvaguardando e gestendo i sistemi agroforestali.

    Sono stati individuati 9 invasi campione, dislocati nelle Regioni Abruzzo (Penne), Molise (Ponte Liscione), Campania (Alento, Conza), Puglia (Locone), Basilicata (Marsico Nuovo, Monte Cotugno, S. Giuliano) e Calabria (Angitola), attraverso cui è stato possibile individuare potenzialità e criticità ed identificare aree di particolare valore naturalistico dal punto di vista ittiofaunistico, floristico, vegetazionale e avifaunistico.

    L’interesse per gli aspetti ambientali e la valorizzazione naturalistica dei bacini idrici artificiali è legato strettamente allo sviluppo socio-economico del territorio, combinando all’abituale e prevalente uso irriguo scopi ricreativi, sportivi, turistici, produttivi. È cresciuta, cioè, l’attenzione del mondo dello sport, dell’associazionismo nonché dell’imprenditoria turistica locale. Il birdwachting, la pesca sportiva, l’escursionismo sono solo alcune delle attività praticate nei bacini idrici: la diretta conseguenza è la stimolazione del turismo, in chiave sostenibile, e le successive ricadute in termini di crescita dell’economia territoriale ed agricola.

    Le zone umide costituiscono una risorsa di grande valore economico, culturale, scientifico e ricreativo, la cui tutela può essere assicurata mediante una politica nazionale lungimirante, che tenga conto della sostenibilità naturalistica degli interventi previsti. È opportuno, nella definizione delle politiche, considerare anche la possibilità che alcuni siti possano non risultare idonei alla fruizione turistico-ricreativa, laddove esistano situazioni di sensibilità e vulnerabilità del territorio.

    Durante il seminario è stata presentata la pubblicazione «Utilizzazione naturalistica degli invasi a prevalente uso irriguo», dedicata alla gestione ecosostenibile di questi siti, suggerendo la realizzazione di interventi e attività naturalistiche e turistico-ricreative, non strettamente legate alla funzione irrigua dei bacini.

    I lavori sono stati aperti da Roberto Iodice, Commissario ad acta attività ex Agensud, Mipaaf e da Alberto Manelli, Direttore Generale Inea.