Il geologo di zona per la cura del territorio

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Una proposta dall’Ordine toscano. I geologi devono tornare ad occuparsi di geologia nelle Pubbliche amministrazioni e non essere demandati ad altri incarichi che poco o niente hanno a che fare con la tutela del territorio

«Si può convivere con il dissesto idrogeologico?». La risposta a questa domanda è sì, si può, si deve per forza. A conclusione di un’intera giornata organizzata dalla Fondazione e dall’Ordine dei Geologi della Toscana e dedicata al tema del dissesto idrogeologico è infatti risultata questa l’unica risposta possibile. I disastri che hanno colpito il territorio italiano in questo autunno e il dissesto idrogeologico rappresentano due tematiche che evidenziano però sia un’urgenza nell’applicazione di provvedimenti di messa in sicurezza del territorio sia un intervento immediato di istituzioni, in primis, e di tecnici di campo, quali ad esempio i geologi, che sappiano leggere il territorio e permettere una corretta gestione dello stesso.

Nicola Casagli, responsabile del Centro di Competenza per il rischio Idrogeologico presso il Dipartimento nazionale della Protezione Civile spiega che le alluvioni nella storia hanno sempre avuto un andamento ciclico e questo è supportato da numerosi dati storici che vanno dalle ricostruzioni topografiche dei primi insediamenti romani nelle aree focive, paludose, ai riferimenti letterari come quello di Dante che nell’Inferno paragona addirittura la lotta tra Guelfi e Ghibellini alle turbolenti variazioni climatiche della Val di Magra. In definitiva, la mutevolezza del clima è un dato di fatto; l’individuo, però proprio in ragione di questo, deve ricucire il proprio rapporto con l’ambiente in cui vive.

Dall’incontro è emerso che è la politica territoriale a dover essere ridisegnata, ottimizzando le risorse economiche a disposizione e valorizzando le competenze all’interno degli enti pubblici. I geologi, devono tornare ad occuparsi di geologia nelle Pubbliche Amministrazioni e non essere demandati ad altri incarichi che poco o niente hanno a che fare con la tutela del territorio. Pertanto, si è proposto di istituire un «geologo di zona», che, come il medico condotto, presieda alla cura di uno specifica area. Un geologo che assolva le funzioni di referente unico per un dato territorio, geologi anche neolaureati, giovani competenti che abbiamo grande passione e conoscenza dell’argomento e per i quali potrebbero aprirsi prospettive occupazionali interessanti e non estremamente gravose sulle tasche dei governi locali, vessati da continui tagli alle risorse.

Altra soluzione uscita fuori dall’Aula Magna del Rettorato dell’Università di Firenze è la necessita di rendere consapevoli i cittadini del proprio habitat e questo atteggiamento lo si ottiene attraverso una mirata e costante formazione e informazione da parte di mezzi di comunicazione, locali e nazionali, che dovranno far entrare le tematiche ambientali tra gli argomenti principali di discussione.

In definitiva, si ritorna a parlare della geologia e del ruolo strategico che ha per lo sviluppo economico e sociale del Paese. L’Italia è esposta per la quasi totalità a rischio idrogeologico ed è estremamente vulnerabile agli eventi meteorologici e ai cambiamenti climatici, a causa della incontrollata speculazione edilizia, dell’assenza di monitoraggio, della parziale se non inconsistente prevenzione. Bene alla luce di questo l’Italia ha un’estrema necessità di tecnici preparati e consapevoli in questa straordinaria disciplina. Nessuna politica seria di sviluppo sostenibile può essere sostenuta ed intrapresa senza la conoscenza degli eventi geologici che hanno modellato e continuano a trasformare il nostro territorio.

L’assenza di geologi nella politica di gestione del territorio ha un costo sociale ed economico pesantissimo e rischia di concretizzarsi in un insostenibile lascito per le generazioni future.