Solare, un potenziale poco sfruttato

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Per quanto riguarda la capacità totale installata, abbiamo raggiunto i 2,7 milioni di metri quadrati, pari a quasi 2 GWth. Se però consideriamo l’installato pro capite, la densità di impianti solari termici montanti si aggira intorno a 0,04 m²/abitante, al di sotto della media europea

«Italia hai ancora da imparare». Mentre nel resto d’Europa bioarchitettura, bioedilizia e energie rinnovabili alimentano la fiducia per un futuro più sostenibile, sulla scena nazionale si assiste, invece, ad una crescita che procede a scoppio ritardato a causa di un sistema giudiziario spesso paralizzante e soprattutto un quadro normativo il più delle volte inefficace e lacunoso.

Ma analizziamo la situazione più nello specifico, in particolare il comparto del solare termico nostrano, che presenta notevoli margini di sviluppo e diffusione. Sergio D’Alessandris, presidente di Assolterm, ha affermato: «Nel 2010 il mercato italiano si è attestato sui 490mila metri quadrati, rappresentando il secondo mercato europeo dopo la Germania. Per quanto riguarda la capacità totale installata, abbiamo raggiunto i 2,7 milioni di metri quadrati, pari a quasi 2 GWth. Se però consideriamo l’installato pro capite, il panorama cambia completamente perché la densità di impianti solari termici montanti si aggira intorno a 0,04 m²/abitante, al di sotto della media europea». Il settore, quindi, presenta un grosso potenziale di crescita e applicazione, ma ancora tutto da sviluppare.

Come detto, diversamente da quanto avviene per il fotovoltaico, il solare termico non viene adeguatamente sorretto da una corretta «politica legislativa», che non è più in grado di fornire alcun tipo di incentivazione davvero appetibile per l’utente finale.

Quella che manca è una proporzionata gestione complessiva che permetta di supportare il settore senza un eccessivo sforzo finanziario da parte dello Stato.

Ad oggi, l’unico vero incentivo è rappresentato dalle detrazioni del 55%, con un tempo di recupero, però, troppo lungo, 10 anni.

Sempre secondo Sergio D’Alessandris le detrazioni fiscali sono state un ottimo strumento e potrebbero esserlo ancora, ma non è più pensabile avere un incentivo che, da una parte, si rinnova di anno in anno privando l’industria di un adeguato orizzonte temporale per poter programmare gli investimenti e, dall’altra, impone all’utente finale un recupero del 55% dell’investimento iniziale in un decennio.

Perché lo strumento della detrazione fiscale funzioni in modo efficace come incentivo all’acquisto, i tempi di recupero devono essere più brevi o, almeno, permettere una maggiore flessibilità.

Urge una programmazione seria, chiara, coscienziosa e di lungo periodo.

Il settore, quindi, non può più attendere tali interventi, che, invece, andrebbero presi con assoluta immediatezza, e che smentirebbero per una volta le voci del «pigro» e scorbutico sistema politico e normativo da solito Far West all’italiana.