Fuoco ineluttabile? Il decalogo dimenticato

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1 – Il mito della «legge toccasana»

Ogni volta che esplode un problema, nel Paese «culla del diritto» (un diritto che a volte pare crogiolarsi sonnecchiante nella culla) la collettività invoca nuove leggi che risolveranno tutto. Pochi pensano ad applicare, intanto, le numerosissime norme esistenti. Una nostra inchiesta di qualche anno fa rivelò che l’80% delle leggi ambientali restava disapplicato, vale a dire dimenticato. Da allora è cambiato qualcosa?

2 – La sindrome del «bosco-giardinetto»

Dopo il fuoco, si rispolvera l’idea geniale che il bosco non va lasciato alla sua naturale evoluzione, ma deve essere pulito, decespugliato, liberato dei rami e dei tronchi caduti… E magari anche provvisto di un sistema d’irrigazione? Ma qualcuno ha mai provato a fare un raffronto tra un bosco «pulito» e la vera foresta libera e inviolata? In questa c’è la vita, i muschi abbondano, lungo i canaletti le acque ruscellano e l’umidità del sottobosco non solo risulta doppia, ma può conservarsi anche in piena estate.

3 – La coniferòsi acuta

A guardarsi attorno, si direbbe si debba rimboschire sempre e solo a conifere, che con la resina e la lettiera di aghi secchi sembrano esca ideale per il fuoco. Inoltre ad abbassare le falde idriche hanno pensato altrove l’eucaliptomanìa e la kiwifollìa dilaganti. Le conifere costituiscono ottime specie preparatorie sui terreni più ingrati, è vero: ma non andrebbero poi diradate per aprire spazio alle latifoglie in arrivo?

4 – La devoluzione comunarda

Tutte le competenze sono reclamate dai comuni, o vengono loro scaricate disinvoltamente, mentre imperversano i tagli finanziari. Qualche tempo fa accertammo che su diecimila comuni, appena poche decine avevano in regola il catasto dei terreni bruciati… Ma chi li controllava? E accanto alla valanga di concessioni edilizie profuse ogni anno, ce ne sarà stata qualcuna rigorosamente rifiutata perché riguardante terreni bruciati in precedenza?

5 – Localismo e interesse generale

Si costruisce troppo e dovunque, questo è certo. Alcuni accusano i comuni di favorire una edilizia eccessiva per la disperata fame di incassare gli oneri di urbanizzazione. Altri evocano il cosiddetto «indice di parentelizzazione» assai elevato nei piccoli centri, per cui non si può mai negare un favore a cugini o nipoti… Ma un importante patrimonio collettivo non può essere difeso solo alla giornata, con baratti levantini e sguardo concentrato sui piccoli interessi padronali, personali e locali.

6 – Analfabetismo etico e culturale

Dov’è finita la vecchia, cara educazione civica? Chi spiega ai giovani il significato della natura e del bosco? (intendiamo la foresta vera, non il «bosco-stecchino» supersfruttato, e valutato solo in metri cubi di legname per far soldi). Ogni scuola non potrebbe «adottare» e difendere la selva più vicina? Non abbiamo forse bisogno di una nuova cultura ed etica del bosco? Non sarebbe allora il caso di fare meno pubblicità televisiva per le auto, e più contro il crimine di chi getta le cicche di sigarette dal finestrino dell’automobile, o accende fuochi nel cuore dei boschi?

7 – Prevenire, anziché spegnere il fuoco

Quando l’incendio scoppia, se non si interviene subito sono guai. Sono allora essenziali la torre di controllo o il telerilevamento, il collegamento SOS e l’allarme immediato, il volontariato attivo e il controllo sociale… E naturalmente l’elicottero pronto a partire (altrimenti più tardi dovrà intervenire il Canadair). Siamo sicuri che avvenga tutto questo? E poi: perché non si sviluppano la ricerca e la tecnologia dell’allarme immediato basato sulla biomimetica e sulla percezione delle fonti di calore?

8 – Prescrizioni prima del fuoco

Preventivamente si può fare molto di più. Non rifiuti sparsi con bottiglie che diventano «lenti ustorie», ma aree di sosta fuori dal bosco, ben controllate. Non striscie tagliafuoco («cesse»), ma chiusura delle troppe piste di penetrazione forestale. Non chiacchiere, ma tabelloni indicatori del grado di pericolo incendio (come negli Usa). Non tutti al mare, ma volontariato giovanile attivo in continuo movimento e stato di allerta. Non soltanto banali attività vacanziere, ma mente pronta e occhi sempre aperti!

9 – Prescrizioni dopo il fuoco

Considerate le ben note matrici evidenti dell’inferno estivo (edilizia, pascolo, cantieri di rimboschimento e via dicendo) il rimedio è abbastanza semplice. Sui terreni percorsi dal fuoco, divieto assoluto e prolungato di costruire, urbanizzare, pascolare, cacciare e rimboschire. Recintare e/o segnalare le aree percorse dal fuoco, apporre tabelle esplicite a memoria storica del misfatto e spiegazione del ritorno progressivo alla vita. E poi, per favore, lasciarle in pace: in pochi anni, la natura farà il resto.

10 – Ammortizzatori sociali

Accanto a demenziali piromani (pochi) e a farabutti incendiari (parecchi) vi sono anche poveri disperati e diseredati alla ricerca di sopravvivenza (molti). Offrire a tutti un’occupazione temporanea, almeno estiva: con lavori agroforestali seri, ma solo nelle zone depresse non colpite, come premio di qualità ambientale. Verso quei comuni salvati dal fuoco grazie al controllo sociale, e non a favore di quelli carbonizzati dalla malavita nel silenzio omertoso di tutti, andrebbero indirizzati progetti e finanziamenti speciali.

NOTA

Questo Decalogo è semplice, ma resterà in gran parte inascoltato. Così come cadranno nel vuoto altri vecchi avvertimenti, ribaditi più volte ma senza alcun frutto. Per esempio, attribuire ai Parchi Naturali il controllo sul Catasto dei Comuni. Oppure, verificare chi ha acquistato, e quando, i terreni oggetto di frenesia edificatoria. Già nel lontano 1990 scrivevamo su un periodico ambientalista: «Il famoso articolo 9 della legge n. 47 del 1° marzo 1975 è ben chiaro, e stabilisce che le zone “danneggiatedalle fiamme non possono avere “destinazione diversa”, escludendo quindi la loro edificabilità. Ma viene veramente applicato? A distanza di anni, chi controlla davvero dov’era passato l’incendio? Chi conosce casi di concessioni edilizie rifiutate in base a questa disposizione? Forse non sarebbe male che il Governo provvedesse ad istituire un catasto nazionale (sottolineiamo: governo, catasto e nazionale) dei territori percorsi dal fuoco dal 1975 in poi». Sono passati ormai oltre vent’anni, è venuta una nuova «legge toccasana», si sono succeduti molti ministri dell’ambiente… Ma siamo sicuri che qualcosa sia davvero cambiato?

(Franco Tassi, Comitato Parchi)