Miliardi di transistor in un chip

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Transistore in disolfuro di molibdeno
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L’elettronica del futuro a base di materiali bidimensionali. Pisa tra i protagonisti nella corsa per la realizzazione di nuovi nanotransistori a basso consumo. Lo studio condotto da un team internazionale di ricercatori è stato pubblicato sulla rivista «Nature Nanotechnology»

Sempre più piccoli e basso consumo: sono i transistor del futuro, ma non è detto che siano in silicio. Una classe di materiali bidimensionali si unisce infatti al grafene nella sfida per dominare l’elettronica del domani. Lo studio, recentemente pubblicato sulla rivista «Nature Nanotechnology», è frutto del lavoro dei ricercatori dell’Università di Pisa che hanno collaborato con i colleghi dell’Istituto italiano di Tecnologia, del Massachusetts Institute of Technology, dell’Università di Notre Dame, dell’Università di Dallas, della società di ricerca Amo e di Texas Instruments.
«Negli ultimi anni la comunità scientifica ha mostrato un forte interesse per i materiali bidimensionali come sostituti del silicio in elettronica – spiega Gianluca Fiori del dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Ateneo pisano – materiali dello spessore di un solo atomo come i calcogenuri dei metalli di transizione (TMD), il seleniuro di bismuto o il grafene, che per questo motivo sono promettenti per la realizzazione di transistor piccolissimi, fino a cinque nanometri, mentre quelli attuali sono circa 20 nanometri. Per rendersi conto delle dimensioni, un virus è circa 100 nanometri, un batterio è circa mille nanometri, e lo spessore di un capello è circa centomila nanometri».
Il transistor, inventato nel 1948 presso i laboratori Bell, è il motore principale della rivoluzione tecnologica che ha portato formidabili capacità di calcolo e comunicazione, nei nostri Pc e nei nostri smart phone. La tecnologia attuale consente di mettere alcuni miliardi di transistor in un chip, un tassello di silicio di circa due centimetri quadrati.
«Questo studio è il risultato di una serie di progetti finanziati dalla commissione europea e del progetto di collaborazione fra l’Università di Pisa e il MIT Boston – ha sottolineato Giuseppe Iannaccone del dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Ateneo pisano – la tecnologia di produzione e di lavorazione di questi materiali è ancora allo stato embrionale, per cui si tratta di ricerche di frontiera fortemente interdisciplinari, con un orizzonte temporale a medio e lungo termine. Ad oggi, oltre ai transistor, questi materiali sembrano particolarmente promettenti per la realizzazione di sistemi elettronici flessibili per sistemi indossabili o applicati su superfici curve».