Per frane e inondazioni, 33 morti, 46 feriti e oltre 10.000 sfollati

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Pubblicato sul sito Polaris dell’Irpi-Cnr l’ultimo Rapporto sul rischio per la popolazione italiana da frane e inondazioni nel 2014. Colpite 19 delle 20 regioni italiane, soprattutto Liguria, Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana; Genova e Refrontolo, in Veneto, i comuni con più morti e feriti. Tra il 1964 e il 2013 una media di 40 persone decedute ogni anno

È stato pubblicato sul sito Polaris, curato dall’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica del Consiglio nazionale delle ricerche (Irpi-Cnr) di Perugia, il «Rapporto periodico sul rischio posto alla popolazione italiana da frane e inondazioni» per l’anno 2014.
«Fra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2014 si sono avuti, a causa di frane e inondazioni, 33 morti e 46 feriti e oltre 10.000 persone hanno dovuto abbandonare temporaneamente le loro abitazioni. Gli eventi che hanno causato morti, feriti, sfollati e senzatetto hanno colpito 220 comuni in 19 delle 20 regioni italiane – spiega Paola Salvati dell’Irpi-Cnr -. Le regioni più colpite sono state quelle del Nord-Ovest e in parte del centro. La Liguria risulta la prima: gli eventi meteorici di gennaio, ottobre e novembre, hanno provocato cinque vittime in 34 comuni e 71 località. Seguono il Piemonte, con 48 località colpite e due persone decedute, la Lombardia, con 42 località e sei vittime, l’Emilia-Romagna, con 28 località interessate e un morto, e la Toscana, con 35 località colpite e 5 morti. Il comune più colpito è stato Genova, con oltre 20 località che contano vittime e sfollati, ma il comune con il più alto numero di vittime nel 2014 è stato Refrontolo, in Veneto, con la piena del torrente Lierza a Molinetto della Croda che ha provocato quattro morti e 20 feriti».
«I dati raccolti nel 2014 confermano purtroppo quanto siano diffuse le condizioni di rischio per la popolazione e contribuiscono a comprendere come esse aumentino o diminuiscano in funzione dei cambiamenti climatici ma anche di quelli ambientali e sociali», commenta il direttore dell’Irpi-Cnr, Fausto Guzzetti.
Per quanto riguarda il confronto cronologico, «i mesi di ottobre e novembre sono stati i peggiori: il secondo, tra Liguria, Piemonte e Lombardia, ha fatto registrare un pesante bilancio di nove morti, due feriti e oltre 3.000 sfollati», prosegue Salvati. Il rapporto contiene anche mappe e statistiche sugli eventi calamitosi con danni alla popolazione nei cinque e nei cinquanta anni precedenti. «Tra il 1964 e il 2013 sono state 1.989 le persone morte a causa di frane (1.291) e delle inondazioni (698), una media di circa 40 l’anno, 72 i dispersi e 2.561 i feriti. Nello stesso mezzo secolo sono stati interessati con vittime e sfollati 2.031 comuni, ovvero il 25% dei comuni italiani. Tra il 2009 ed il 2013, gli eventi geo-idrologici hanno causato 162 morti (una media di 32 l’anno), 7 dispersi, 331 feriti e oltre 45.000 sfollati e senzatetto».
«Il 2009 conta 50 persone decedute, 6 dispersi e 171 feriti, in particolare per le frane superficiali, colate di detrito e inondazioni che si verificarono nel messinese (31 morti, 6 dispersi e 122 feriti) – evidenzia la ricercatrice Irpi-Cnr -. Il 2011 presenta un bilancio di 43 morti e 30 feriti, molti dei quali registrati durante l’evento che nelle aree dello Spezzino e della Lunigiana provocò 13 morti, 2 feriti e almeno 900 sfollati, seguito pochi giorni dopo, il 4 novembre, dall’esondazione dei torrenti Bisagno e Fereggiano e dalla piena dei torrenti Sturla, Scrivia ed Entella che causarono gravissimi danni e sei vittime a Genova. Nel 2010 si sono contati 27 morti e 55 feriti, nel 2012 15 morti e 23 feriti e nel 2013 27 morti, 1 disperso e 52 feriti».
Il sito Polaris dell’Irpi-Cnr fornisce dati, mappe e statistiche aggiornati sugli eventi di frana e inondazione che hanno causato danni diretti alla popolazione, informazioni di sintesi sui maggiori eventi meteo-climatici, descrizioni dei danni registrati e la geo-localizzazione delle località colpite, oltre a una sezione «sei preparato?» che contiene consigli su cosa fare e non fare prima, durante e dopo un’alluvione. «Questi dati sono stati strutturati e resi pubblici nel tentativo di contribuire a un’efficace informazione ai cittadini e per soddisfare le richieste di notizie da parte di media, amministratori e cittadini», conclude il direttore Guzzetti. «La conoscenza è una delle migliori armi di difesa e contribuisce a formare una corretta percezione del rischio e ad adottare comportamenti adeguati in caso d’evento».