A Fasano «La città dell’acqua» di Lago Forcatella

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È attivo ed è stato potenziato l’anno scorso con il cosiddetto «Lago Forcatella», un impianto di affinamento che intercetta le acque destinate allo scarico a mare, e dopo un trattamento integrato terziario avanzato di chiariflocculazione, disinfezione ed adsorbimento (Processo MITO3X), le recupera e le destina al riutilizzo agricolo, e ambientale diretto e indiretto con la ricarica della falda sotterranea compromessa da contaminazione salina (intrusione)…

Le attività sociali, produttive e ricreative, e questo soprattutto in ambito urbano, richiedono ed utilizzano una grande quantità di acqua. La conseguenza diretta dell’utilizzo dell’acqua è la produzione di scarichi che, per poter essere restituiti all’ambiente, devono necessariamente essere sottoposti ad un trattamento depurativo.
Sin dall’antichità esistevano metodi per la depurazione delle acque che erano per lo più empirici, come il far bollire l’acqua per poi buttarci dentro un pezzo di rame oppure conservare l’acqua bollita in brocche d’argento. Metodi che man mano si sono affinati nel corso dei secoli fino ai primi sistemi fognari, pensiamo a quello realizzato da Joseph Bazalgette, considerato il padre del sistema fognario, che realizzò, a partire dal 1852, l’ossatura dell’impianto fognario di Londra, una delle opere ingegneristiche più interessanti e tutt’oggi funzionanti della storia.
Ma le acque reflue urbane, che in passato contenevano quasi esclusivamente sostanze biodegradabili, presentano oggi maggiori problemi di smaltimento a causa della presenza sempre più ampia di composti chimici di origine sintetica. I corpi idrici recettori quali il mare, i fiumi, i laghi, ecc, non sono in grado di ricevere una quantità di sostanze inquinanti superiore alla propria capacità autodepurativa senza vedere compromessa la qualità delle proprie acque ed i normali equilibri dell’ecosistema.
È quindi necessario depurare in maniera più spinta le acque reflue.
Ora, a prescindere dalla necessità dei processi depurativi dal punto di vista dell’impatto ambientale, una corretta gestione del ciclo dell’acqua prevede l’applicazione delle conoscenze tecnologiche esistenti per il conseguimento di obiettivi socialmente ed economicamente utili, quali la tutela dei corpi idrici superficiali e sotterranei e la corretta gestione della risorsa acqua.
In Puglia il servizio di depurazione delle acque è svolto da Acquedotto pugliese (Aqp) e comprende la depurazione delle acque reflue urbane, ovvero dei liquami provenienti dalle civili abitazioni o che presentano caratteristiche assimilabili; l’immissione di scarichi anomali, ovvero di liquami aventi caratteristiche difformi da queste (acque di vegetazione, scarti di lavorazione lattiero caseari, olii esausti, ecc.) compromettono il regolare e corretto funzionamento degli impianti.
Con la depurazione, le acque utilizzate nelle abitazioni devono essere restituite all’ambiente chiare e inodore e questo attraverso processi che avvengono in impianti di trattamento, detti appunto depuratori, dove le acque sono sottoposte a diverse fasi che vanno dal pre-trattamento per la rimozione dei componenti grossolani al trattamento biologico (ossidazione e denitrificazione), dalla sedimentazione finale al filtraggio e alla disinfezione.
Tutti processi che avvengono normalmente in natura ma che vengono massimizzati in velocità e resi all’interno dell’impianto di depurazione.
Un territorio gestito da Aqp che comprende la Puglia e alcuni comuni della Campania per un totale di 4 milioni di cittadini serviti. Una rete fognaria di 16.000 km con 5 potabilizzatori, 184 depuratori gestiti, 5 impianti di affinamento.
Dal monitoraggio effettuato dall’Arpa Puglia nel 2015 (è disponibile anche il «Monitoraggio degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane – Depuratori – 2016») inoltre emerge che sono 37 gli impianti di depurazione che presentano una non conformità alla Direttiva comunitaria sul trattamento delle acque reflue urbane. Un deficit strutturale dei depuratori che rispetto alla previsione del Piano regionale di Tutela delle acque si è attestato nel 2015 su 1,4 milioni di Abitanti Equivalenti (24% del totale) e si ridurrà di 150.000 Abitanti Equivalenti (2% del totale) ad esito di interventi sugli stessi impianti programmati in regione.
In tema di interventi di efficientamento, sono stati avviati da Aqp i lavori per il potenziamento dell’impianto di depurazione a servizio dell’agglomerato di Fasano. Interventi strutturali e di ammodernamento impiantistico, operati nella filiera di processo della depurazione che permetteranno da una parte, l’incremento delle potenzialità di trattamento dell’attuale depuratore, in coerenza con le prospettive di sviluppo dell’abitato, dall’altra, un cospicuo effetto di riduzione degli impatti ambientali.
E connesso ai lavori di potenziamento dell’impianto di depurazione vi è la sperimentazione del processo di affinamento delle acque reflue con annessa potabilizzazione.
Un argomento questo caro anche ai geologi pugliesi che seguono con interesse questa sperimentazione di Fasano perché è esportabile altrove e soprattutto può risolvere molti problemi legati alla gestione delle acque in Puglia. Una sperimentazione che come Ordine regionale dei geologi viene portata anche nelle scuole in occasione della settimana del Pianeta Terra.

Abbiamo voluto intervistare Oronzo Santoro, già Dirigente coordinatore Settore programmazione della Regione Puglia e Responsabile della sperimentazione del processo di affinamento.
Sono stati avviati i lavori per il potenziamento dell’impianto di depurazione di Fasano… Quali sono i dettagli tecnici relativi a tale potenziamento?
Il depuratore di Fasano aveva bisogno di interventi di potenziamento per migliorare la qualità delle acque che destina allo scarico a mare in TB.1 (D.Lvo 152/2006). L’intervento progettato, i cui lavori sono stati appena consegnati, permette di adeguare l’impianto a circa 61.000 abitanti equivalenti e adotta un processo di trattamento a «cicli alterni» particolarmente efficace in particolare per l’abbattimento e rimozione dell’azoto.

Connesso ai lavori di potenziamento dell’impianto di depurazione vi è la sperimentazione del processo di affinamento delle acque reflue… In cosa consiste la sperimentazione?
Il depuratore, come detto, migliorerà la qualità delle acque destinate allo scarico a mare. Ma, già da tempo, è attivo ed è stato potenziato l’anno scorso con il cosiddetto «Lago Forcatella», un impianto di affinamento che intercetta le acque destinate allo scarico a mare, e dopo un trattamento integrato terziario avanzato di chiariflocculazione, disinfezione ed adsorbimento (Processo MITO3X), le recupera e le destina al riutilizzo agricolo, e ambientale diretto e indiretto con la ricarica della falda sotterranea compromessa da contaminazione salina (intrusione). La sperimentazione, avviata su un impianto dimostrativo a linee di processo integrate su portate di 5 mc/ora, intende dimostrare che è possibile spingere i trattamenti terziari in precedenza descritti fino a raggiungere eccellenti livelli di qualità assimilabili alla qualità potabile senza significativi aggravi di costi.

Tecnicamente come funziona e quanto tempo durerà?
La sperimentazione si concluderà entro Dicembre 2017. Dal punto di vista tecnico si intende integrare i processi esistenti con una sezione di processo di ossidazione avanzata (H2O2/O3) seguita da biofiltrazione – adsorbimento su linea a carboni attivi, con successiva ultrafiltrazione (opzionale perché probabilmente non necessaria) e disinfezione avanzata con H2O2/UV ad alta dose di radiazione.

A seguito di questa prima fase in che direzione andrà il processo?
A risultato acquisito e validato sul piano scientifico, il processo potrà essere tecnicamente trasferito sull’impianto del Lago Forcatella. Da quel momento in poi il lago riceverà acque potenzialmente potabili, con aggravio di costi di produzione veramente modesti come la stessa sperimentazione dimostrerà.

Quali sono i valori attesi?
I valori attesi sono almeno quelli che la normativa nazionale prescrive per le acque destinate al consumo umano tanto dal punto di vista chimico, microbiologico ed ecotossicologico.

In Regione Puglia, e poi anche fuori regione e quindi a livello nazionale e comunitario, qual è la normativa che regolamenta tali processi e la stessa è sufficiente a garantire un’adeguata valorizzazione e salvaguardia della risorsa?
La normativa che regola la depurazione (D.Lvo 152/2016) è riferita, in particolare, alla qualità delle acque destinata allo scarico in corpi idrici. Varie tabelle da rispettare in relazione alla qualità e sensibilità del corpo idrico ricettore tra cui il suolo. È escluso lo scarico diretto in falda sotterranea. Le Regioni, come la Regione Puglia, regolano la materia e la orientano strategicamente attraverso il Piano di Tutela delle Acque. È da evidenziare che la Puglia è da tempo orientata strategicamente sulle linee del riutilizzo, tra cui il riutilizzo ambientale diretto e indiretto, verso la migliore valorizzazione della risorsa idrica recuperata senza sprechi e quindi senza scarichi.

Andando ad inquadrare l’impianto a servizio dell’abitato di Fasano… Lo stesso potrebbe comportare problemi relativamente al nuovo microclima venutosi a creare con la presenza del lago?
L’area in cui si inserisce l’impianto di Fasano è costiera ed è caratterizzata dai laghi retrodunali di sorgente quali Fiume Grande, Fiume Piccolo, Fiume Morello. Il Lago Forcatella si inserisce quindi in un contesto già pronto a riceverlo. Non ritengo che si possano produrre effetti significativi sul microclima se non piccoli benefici legati, molto localmente, alla mitigazione delle forti calure estive.

Quale il ruolo delle trincee drenanti per la «ricarica» della falda e il contrasto al fenomeno dell’intrusione marina?
Le trincee drenanti svolgono un ruolo funzionale strategico essenziale di cui mi preme fare qualche cenno. La loro funzione, in una applicazione di recupero integrale della risorsa idrica, è quella di disperdere sul suolo acque di elevata qualità (nella linea di Fasano acque potenzialmente potabili) e ricaricare indirettamente la falda fortemente salina costruendo nel tempo sulla stessa falda salata un serbatoio di acqua dolce utile, soprattutto, a contrastare l’intrusione salina e la penetrazione di acqua di mare verso l’entroterra e, anche a mettere a riserva la risorsa recuperata per prelievi da destinare ancora al riutilizzo produttivo. Insomma si chiudono in pieno i principi dell’economia circolare applicati alle risorse idriche.

Una sperimentazione quella realizzata a Fasano che potrebbe essere esportata altrove e risolvere territorialmente molti problemi legati alla gestione delle acque in Puglia… Quali le condizioni legate alla possibile esportabilità della sperimentazione e quali le prospettive future in tema?
L’esportabilità di questa esperienza è legata fortemente all’innovazione tecnologica applicata all’obiettivo da perseguire. Essa si lega strettamente, all’idea valore di restituire all’ambiente ed al sistema idrico, la risorsa nella stessa qualità che aveva prima di sporcarla per i nostri usi e consumi. L’esperienza raccontata vuole dimostrare che questo è possibile senza significativi costi aggiuntivi a carico dei viventi umani, con significativi benefici ambientali e con una qualità della vita migliorata per tutti. Il Lago Forcatella in questo modo potrà meglio integrarsi nel sistema naturale, ospitare flora e fauna, tra cui l’uomo che con approccio garbato potrà usufruire dei valori ambientali, tecnologici e scientifici del sito. Si potrà ancora fare ed aggiungere tanto verso la definizione e istituzione di un’Area ambientale urbana «La città dell’acqua» di Lago Forcatella.

 

Elsa Sciancalepore