Ma la Puglia saprà gestire il patrimonio naturale?

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I siti Natura 2000 della Puglia
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La sfida che attende ancora una volta questa Regione, più delle altre, è quella di rendere coerente il quadro di interventi e fluidi i processi per giungere alla loro realizzazione

L’undicesima legislatura del Consiglio regionale pugliese avrà un bel po’ da fare con i temi ambientali. Ci saranno molti, troppi? soldi da gestire con il Recovery Fund. Di questi 209 miliardi di Euro, il Governo italiano vorrebbe destinarne 12,3 a varie azioni in campo ambientale. Solo 497, da utilizzare in tre anni, saranno destinati al «ripristino degli habitat e delle specie di Rete Natura 2000 per rafforzare il capitale naturale italiano».

Facendo una suddivisione aritmetica delle risorse tra le 20 Regioni italiane, ciascuna dovrebbe gestire neanche 25 milioni di euro. È quindi necessario che ciascuna Regione sappia fin d’ora che cosa fare e dove per restituire funzionalità naturale a parti del proprio territorio nella Rete coerente europea Natura 2000.

La Puglia a che punto è? Dalla recente campagna elettorale è nuovamente emerso che a pochi o a nessuno interessa come gestire il cosiddetto «capitale naturale» che più propriamente andrebbe chiamato «patrimonio naturale». Questo, se mal gestito, se fortemente intaccato, ci rende risposte che fanno male, molto male. La pandemia che stiamo vivendo lo dimostra e lo dimostrano anche i continui dissesti idrogeologici. Ma quando parliamo di ripristino di habitat e di specie in che termini affrontiamo la questione? Se ripristiniamo la presenza di una specie apparentemente estinta nel nostro territorio ne valutiamo attentamente possibili impatti su altri fattori (questione orsi in Trentino docet)? E se ripristiniamo habitat naturali prima scalzati da attività antropiche, valutiamo attentamente che altre azioni concorrenti e magari finanziate con gli stessi fondi non inficino il ripristino?

Il vero nodo gordiano è la vecchia questione, ancora irrisolta, per cui la mano destra sappia quel che fa la sinistra. La sfida che attende ancora una volta questa Regione, più delle altre, è quella di rendere coerente il quadro di interventi e fluidi i processi per giungere alla loro realizzazione. Se, quindi, si ripristina un habitat naturale e si creano condizioni perché una determinata specie rilevante a livello continentale ci si insedi, si deve sapere se di lì l’altra mano ha deciso, ad esempio, di farci passare un’infrastruttura stradale. E si deve predisporre un sistema di comunicazione tra le varie strutture regionali che porti a valutare con attenzione e senza giochi di prestigio se e che tipo di impatti ed interazioni hanno le due azioni, anche arrivando, per rilevanti motivi di interesse pubblico ma veri e dimostrati, che l’una esclude l’altra.

Finora questo approccio ci sembra sia mancato ed è questione risalente nel tempo. La scarsa capacità di spesa dei fondi Psr da parte della Puglia ne è una certificazione. Ora, però, si tratta di dimostrare a livello europeo che la macchina regionale è a punto. Non serve molto. Non servono neanche pesanti interventi normativi. Si tratta di razionalizzare le procedure amministrative, raggruppare le competenze, far comunicare le strutture e sovrintendere politicamente acché ciò accada. Se si è, forse, compreso che la protezione della natura è indispensabile per vivere meglio, soprattutto dal punto di vista sanitario, tutto ne dovrebbe conseguire. Il condizionale è comunque d’obbligo.

 

Fabio Modesti