Il 7 gennaio scorso una nota del dirigente dell’Area Tecnica del Comune di Polignano a Mare, ha annullato in autotutela il parere di compatibilità urbanistica rilasciato al progetto Serim a Costa Ripagnola, il famoso resort turistico nei trulletti (in realtà pagghjari)
A dicembre scorso invocavamo il coraggio di chi ce l’ha. E la prima manifestazione è giunta il 7 gennaio scorso, una sorta di epifania in ritardo di un giorno. È di quella data, infatti, la nota del dirigente dell’Area Tecnica del Comune di Polignano a Mare, Raffaele Vito Lassandro, con cui ha annullato in autotutela il parere di compatibilità urbanistica rilasciato al progetto Serim a Costa Ripagnola, il famoso resort turistico nei trulletti (in realtà pagghjari). Un provvedimento richiesto anche dal comitato de I Pastori della Costa e dal dirigente dei Verdi pugliesi, Mimmo Lomelo, attraverso una denuncia penale ed un’istanza all’amministrazione comunale vergate dall’avvocato Ascanio Amenduni, che hanno sortito pure il sequestro penale dell’area.
Il procedimento di annullamento in autotutela, è bene rammentarlo, fu avviato a giugno del 2020 dal precedente dirigente dello stesso ufficio, Marilena Ingrassia, evidentemente fulminata sulla strada per Ripagnola prima di lasciare l’incarico. Le motivazioni c’erano tutte, come abbiamo scritto più volte citando documenti «rinvenuti» dallo stesso Comune nei faldoni intestati all’imprenditore Modesto Scagliusi, proprietario dell’area. Carte che hanno evidenziato come a Ripagnola effettivamente sia stata tombata una lama, siano stati effettuati movimenti terra tali da modificare la morfologia dell’area e siano state realizzate opere senza alcuna autorizzazione.
Carte risalenti al 2003 con intimazioni a sospendere i lavori ed a ripristinare lo stato dei luoghi da parte della Soprintendenza ai Beni archeologici della Puglia, mai sfociati in ordinanze di ripristino dello stato dei luoghi da parte del Comune. Nella ricostruzione effettuata da Lassandro, emerge pure come il Comando di Polizia Locale di Polignano non si sia curato, nonostante due richieste di dicembre 2019 e di gennaio 2020, di fornire copia del fascicolo relativo al verbale di sospensione lavori del settembre 2003 in area archeologica denominata «Le Macchie – Ripagnola», «non consentendo di avere contezza di quanto accaduto a seguito delle varie segnalazioni della Soprintendenza per i beni archeologici della Puglia – Taranto». Nelle repliche di Serim, citate nel provvedimento di annullamento, si dice che non è certo colpa della società se il Comune non ha dato seguito con provvedimenti sanzionatori definitivi.
E Lassandro si sfoga affermando che la considerazione pone in evidenza come vi sia stata «[..] una carenza nella gestione del procedimento sanzionatorio/repressivo da parte dell’Ufficio Urbanistico. Tanto anche perché le azioni da compiere in aree sottoposte a vincolo paesaggistico sono in capo all’Ente subdelegato, nello specifico allo stesso Comune di Polignano […]». Insomma, il parere di conformità urbanistica rilasciato a Serim è «invalido in quanto basato su uno stato delle preesistenze risultato non legittimo e difforme dai titoli assentiti, sebbene dichiarato legittimo dal proponente» e «la non corretta prospettazione dello stato di fatto da parte dell’operatore economico privato […] esclude l’attribuzione di peculiare e prevalente rilievo all’affidamento del privato all’anelato mantenimento dell’atto risultato in contrasto con la vigente disciplina normativa».
Ora, appare veramente difficile che la Regione Puglia non avvii e concluda a sua volta il procedimento di annullamento del Provvedimento unico regionale (Paur) rilasciato a Serim nel marzo 2019. Ed apparirebbe inspiegabile, se non per oscuri motivi di interesse, che non si metta mano alla legge regionale istitutiva del parco di Costa Ripagnola, rimuovendo le illegittimità derivanti per gran parte proprio dal tentativo di salvare il progetto Serim. Il tutto, senza aspettare che sia un giudice, penale o costituzionale, a farlo.
Tanto più che ora l’inchiesta della Procura della Repubblica di Bari sembra aver fatto un passo in più con l’individuazione di precise responsabilità personali.
Fabio Modesti