A Leuca il bosco che non c’è più

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Il Tar ha rilevato situazioni a dir poco preoccupanti ed ha bacchettato non poco i ricorrenti. Questi ultimi, a seguito di perizia tecnica, sostenevano che, sì, vegetazione in forma di macchia mediterranea era presente nell’area del piano di lottizzazione ma non nella quantità tale da essere considerato «bosco» secondo la normativa di settore. I giudici hanno trovato anche incongruenze con la documentazione, segno di irregolarità

Una vasta giurisprudenza va consolidandosi attorno al Piano paesaggistico territoriale (Pptr) della Regione Puglia, in particolare sulla tutela dei boschi. Tra le ultime sentenze, quella (n. 560 del 3 febbraio 2021) della terza sezione del Tar Puglia – sez. Bari. La questione sottoposta al Tribunale amministrativo riguardava alcuni suoli in territorio del Comune di Morciano di Leuca in provincia di Lecce. Una zona «turistico residenziale» oggetto di un piano di lottizzazione approvato anche dalla Regione nel 1982 ma finora non realizzato. Se nel Piano urbanistico territoriale tematico del paesaggio (Putt) della Regione Puglia del 2000, vigente prima del Pptr, quell’area era classificata come «territorio costruito», nel Pptr approvato nel 2015 diviene «boschi e macchie» ed «area di rispetto dei boschi». Peraltro l’area era già stata individuata come territorio di notevole interesse pubblico con decreto del ministro per i Beni culturali del 1970. I proprietari hanno lamentato, sia pure a distanza di oltre cinque anni, che il Pptr ha cristallizzato l’operatività degli strumenti urbanistici attuativi (come i piani di lottizzazione) solo fino alla loro efficacia (10 anni) e l’operatività della norma del Putt sui «territori costruiti» solo per un anno dall’approvazione definitiva del Pptr stesso. Inoltre, hanno sostenuto i ricorrenti, il suolo in questione non avrebbe le caratteristiche «sia quantitative che qualitative» per essere definito «bosco», con relativa area di rispetto, tutelato paesaggisticamente.

Il Tar ha rigettato ambedue i motivi di ricorso. In primo luogo, secondo i giudici amministrativi, la decisione di consentire alla norma del Putt relativa agli strumenti urbanistici attuativi dei Comuni di operare fino alla loro validità decennale non era per nulla obbligata. Infatti è stata una scelta di deroga, concordata con lo Stato, alla norma del Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42/2004) per cui «a far data dalla approvazione del piano [paesaggistico] le relative previsioni e prescrizioni sono immediatamente cogenti e prevalenti sulle previsioni dei piani territoriali ed urbanistici».

Il piano di lottizzazione, sostengono i giudici, risale ad oltre 30 anni fa e non risulta mai convenzionato per la parte di territorio oggetto di ricorso tipizzata bosco dal Pptr. La mancata concreta attuazione edilizia, quindi, rende inattuabili le previsioni dello strumento urbanistico comunale. Analogo ragionamento di deroga non dovuta, e quindi del tutto discrezionale e legittima, i giudici sviluppano in merito all’esecutività delle norme del Putt sui «territori costruiti» che il Pptr limita ad un anno dalla propria approvazione.

Per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso, il Tar ha rilevato situazioni a dir poco preoccupanti ed ha bacchettato non poco i ricorrenti. Questi ultimi, a seguito di perizia tecnica, sostenevano che, sì, vegetazione in forma di macchia mediterranea era presente nell’area del piano di lottizzazione ma non nella quantità tale da essere considerato «bosco» secondo la normativa di settore (decreto legislativo n. 227/2001, poi decreto legislativo n. 34/2018). I giudici amministrativi hanno invece rilevato che la perizia era stata effettuata nel maggio 2015 mentre i rilievi aerofotografici per l’elaborazione del Pptr erano del 2006. In questo lasso di tempo di nove anni si sono verificate «alcune sostanziali modifiche dell’area boschiva individuata dal Pptr […]. Il confronto tra le due riproduzioni fotografiche mostra infatti che alcune delle aree boscate risultano trasformate con la scomparsa della vegetazione […] Non risulta però — stigmatizzano i giudici — che tale trasformazione, che ha evidentemente portato ad una riduzione dell’area coperta dalla macchia, sia mai stata oggetto di regolare autorizzazione».

Insomma, il fatto che sia stata sottratta vegetazione arbustiva ed arborea da quell’area in un periodo in cui le norme paesaggistiche erano già operanti, tutto sta a significare tranne che la tutela debba venire meno. Anzi, lì sono state commesse probabilmente azioni illecite.

 

Fabio Modesti