In 50 anni in calo il 73% degli animali

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rinoceronte di Giava ©-Stephen ​Belcher Photography WWF
Javan Rhinoceros (Rhinoceros sondaicus) Ujung Kulon National Park, Java, Indonesia.
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֎Pubblicato il Living planet report (Lpr) 2024. È in corso un catastrofico calo della dimensione media delle popolazioni globali di vertebrati selvatici֎

È stato pubblicato dal Wwf il Living planet report (Lpr) 2024, un rapporto che avvisa come, mentre il Pianeta si avvicina a pericolosi punti di non ritorno che rappresentano gravi minacce per l’umanità, nei prossimi cinque anni sarà necessario un enorme sforzo collettivo per affrontare la duplice morsa della crisi climatica e biologica. Il #LPR2024 evidenzia anche come ci sia in corso un catastrofico calo del 73% della dimensione media delle popolazioni globali di vertebrati selvatici oggetto di monitoraggio in soli 50 anni (1970-2020).

Il Living planet index (Lpi), fornito dalla Zoological society of London (Zsl), si basa sui trend di quasi 35.000 popolazioni di 5.495 specie di vertebrati dal 1970 al 2020. Il calo più forte si registra negli ecosistemi di acqua dolce (-85%), seguiti da quelli terrestri (-69%) e poi marini (-56%). La perdita e il degrado degli habitat, causati principalmente dai sistemi alimentari, rappresentano la minaccia più frequente per le popolazioni di specie selvatiche di tutto il mondo, seguita dallo sfruttamento eccessivo, dalla diffusione delle specie invasive e di patologie. Il cambiamento climatico rappresenta un’ulteriore minaccia in particolare per la biodiversità in America Latina e nei Caraibi, regioni che hanno registrato un impressionante calo medio del 95%.

Il calo delle popolazioni di specie selvatiche è un indicatore di allerta precoce del crescente rischio di estinzione e della potenziale perdita di ecosistemi sani. Quando gli ecosistemi vengono danneggiati, cessano di fornire all’umanità i benefici da cui tutti dipendiamo come aria pulita, acqua e terreni sani per il cibo, e possono diventare più vulnerabili e sempre più vicini al punto di non ritorno. Il «tipping point» che altro non è che un ecosistema quando viene spinto oltre una soglia critica determinando un cambiamento sostanziale e potenzialmente irreversibile e a livello globale lo si ha nel deperimento della foresta amazzonica e nello sbiancamento di massa delle barriere coralline, ad esempio, che creerebbero onde d’urto che andrebbero ben oltre l’area interessata, provocando un impatto sulla sicurezza alimentare e sui mezzi di sussistenza a livello globale.

Una situazione grave, ammonisce il #LivingPlanetReport, che necessita di risposte forti. Infatti seppur le nazioni del mondo hanno fissato obiettivi globali ambiziosi per arrestare e invertire la perdita di natura (Framework globale sulla Biodiversità), limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5°C (Accordo di Parigi) ed eradicare la povertà (Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite), il Living Planet Report avverte che gli impegni nazionali e le azioni sul campo sono ben al di sotto di quanto necessario per raggiungere gli obiettivi per il 2030 ed evitare pericolosi punti di non ritorno.

E i prossimi banchi di prova sono i vertici internazionali sulla biodiversità e sul clima (Cop16 e Cop29) nei quali il Wwf chiede di predisporre e attuare piani nazionali per la natura e il clima ambiziosi che includano misure per ridurre i consumi in eccesso a livello globale, arrestare e invertire la perdita di biodiversità e ridurre le emissioni e il tutto sbloccando maggiori finanziamenti pubblici e privati per consentire azioni su larga scala e per allineare meglio le politiche e le azioni su clima, natura e sviluppo sostenibile.

 

Elsa Sciancalepore