Clima, alla Cop29 un’altra vergogna

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COP29
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֎Si conferma così, come è avvenuto nelle Cop precedenti, una tendenza mercantile che rivela una linea economico-politica presente a livello internazionale nel tentativo di modificare i cambiamenti climatici e gli inquinamenti che stanno devastando il nostro pianeta֎

La 29esima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici ha distribuito un’altra «goccia» di finanziamento (300 miliardi l’anno) per i Paesi in via di sviluppo per finanziare la transizione energetica e l’adattamento ai cambiamenti climatici fino al 2035. Si conferma così, come è avvenuto nelle Cop precedenti, una tendenza mercantile che rivela una linea economico-politica presente a livello internazionale nel tentativo di modificare i cambiamenti climatici e gli inquinamenti che stanno devastando il nostro pianeta.

Le Ong hanno sottolineato che la quota che vogliono garantire i 23 Paesi sviluppati e l’Unione europea (nel 1992 furono indicati come responsabili del cambiamento climatico) rispetto ai 100 miliardi l’anno precedenti rappresenta la metà di quanto richiesto dai Paesi in via di sviluppo.

Intanto, quando si parla di transizione, non si intende esplicitamente l’uscita dai combustibili fossili, un risultato raggiunto alla Cop28 di Dubai, perché non è presente nelle conclusioni. E le reazioni sono contrastanti. In ogni caso, a fronte dei danni che stiamo subendo, anche questa Cop29 non è assolutamente all’altezza dei bisogni.

L’Unicef segnala i dati drammatici dovuti alla crisi climatica: «circa 1 miliardo di bambini (quasi la metà dei 2,2 miliardi di bambini nel mondo) vive in 1 dei 33 paesi classificati come a “rischio estremamente elevato” per i cambiamenti climatici; oltre 420.000 bambini attualmente sono colpiti dalla siccità record nella regione amazzonica; 1 bambino su 5 (ovvero 466 milioni) vive in aree che registrano almeno il doppio dei giorni di caldo estremo ogni anno rispetto a soli sessant’anni fa; il caldo estremo sta portando a un aumento delle nascite premature e della natimortalità, con una probabilità che aumenta del 5% per ogni aumento di 1°C della temperatura; l’inquinamento atmosferico è oggi il secondo fattore di rischio di morte a livello globale per i bambini sotto i 5 anni, dopo la malnutrizione; alcuni studi dimostrano che in Bangladesh, negli anni in cui le ondate di calore durano più di 30 giorni, il rischio di matrimonio precoce raddoppia per le ragazze di 11-14 anni rispetto agli anni in cui non ci sono ondate di calore».

E, indipendentemente da quello che pensano i governanti dei paesi nazionalisti, la situazione dei rifugiati da guerre e cambiamenti climatici, è terribilmente instabile. Il rapporto dell’Unhcr, l’Agenzia Onu per i Rifugiati,  è chiaro.

«Entro il 2040 il numero di Paesi che dovranno affrontare rischi estremi legati al clima passerà da 3 a 65, la maggior parte dei quali ospiterà rifugiati e sfollati interni. Allo stesso modo, si prevede che entro il 2050 la maggior parte degli insediamenti e dei campi di rifugiati sperimenteranno il doppio dei giorni di caldo estremo».

Le guerre sono una drammatica aggiunta, il rapporto Unhcr sottolinea che «il devastante conflitto in Sudan ha costretto milioni di persone a fuggire, tra cui 700.000 che hanno attraversato in Ciad, Paese che ha ospitato rifugiati per decenni e anche uno dei Paesi più esposti ai cambiamenti climatici. Allo stesso tempo, molti di coloro che sono fuggiti dai combattimenti ma sono rimasti all’interno del Sudan rischiano di essere costretti a fuggire di nuovo a causa delle gravi inondazioni che hanno colpito il Paese. Allo stesso modo, il 72% dei rifugiati del Myanmar ha cercato sicurezza in Bangladesh, dove i rischi naturali, come cicloni e inondazioni, sono classificati come estremi».

Risulta quindi ancora risibile il contributo dei Paesi sviluppati a risolvere la problematica della conseguenza dei cambiamenti climatici. Teresa Anderson, Responsabile Globale per la Giustizia Climatica di ActionAid International, ha dichiarato: «Questo testo non vale la carta su cui è scritto. Quasi nulla di ciò per cui i paesi in prima linea hanno combattuto è stato incluso. Superficialmente i numeri possono sembrare più grandi rispetto all’obiettivo precedente di 100 miliardi di finanziamento climatico. Ma se si grattano via le apparenze, è pieno di prestiti. Per gonfiare artificialmente i numeri con flussi di finanziamento già esistenti, si cerca di conteggiare tutto, ovunque e allo stesso tempo, spostando il peso sui paesi a basso reddito. Questo è il risultato della totale mancanza di volontà dei paesi a economie avanzate di fornire un reale sostegno finanziario. Significa che, invece di lanciare l’azione climatica futura, la Cop29 ha reso necessario il continuare a lottare per i finanziamenti in ogni negoziato futuro».

Brandon Wu, Direttore delle Politiche e delle Campagne di ActionAid Usa, ha dichiarato: «Questa Cop avrebbe dovuto sbloccare i fondi necessari ai paesi a basso reddito per l’azione climatica. Invece, a causa dell’intransigenza sconvolgente dei paesi a economie avanzate, i paesi a basso reddito stanno ricevendo un accordo probabilmente peggiore di quello che avevano prima. I paesi a economie avanzate, guidati dagli Stati Uniti, hanno cercato a lungo di sfuggire ai loro obblighi di ridurre le emissioni e fornire finanziamenti. La loro strategia è culminata a Baku, dove (oltre a stabilire un patetico obiettivo di 300 miliardi di dollari l’anno entro il 2035) sono riusciti ad annacquare il linguaggio su chi esattamente dovrebbe pagare e come. Ora dovremo lottare per ogni centesimo che fluirà dal mondo ricco ai paesi più poveri».

I. L.