Dall’impegno ambientale di Carter a Trump

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֎Durante la sua presidenza, Carter aveva previsto che entro il 1985 gli Stati Uniti avrebbero potuto ridurre la crescente domanda energetica, le importazioni di petrolio e il consumo di benzina. Inoltre, aveva posto il traguardo del 20% di produzione elettrica nazionale da fonti rinnovabili entro il 2000. Ad oggi, nel 2025, quest’obiettivo non è ancora stato raggiunto e a quasi mezzo secolo di distanza, si può dire che quei pannelli solari alla Casa Bianca sono stati una strada non imboccata, un’occasione persa֎

La questione della dipendenza energetica da paesi stranieri era molto sentita negli Stati Uniti e il presidente Jimmy Carter decise di installare sul tetto dell’ala ovest della Casa Bianca 32 pannelli solari-termici per riscaldare l’acqua. «Tra una generazione, questi pannelli solari-termici potranno essere una curiosità, un pezzo da museo, un esempio di una strada non imboccata, o potranno essere solo una piccola parte di una delle più sensazionali avventure mai intraprese dal popolo americano — dichiarò quel giorno il presidente —. Questa dipendenza da fonti straniere di petrolio è una grande preoccupazione per tutti noi. L’energia solare non inquinerà la nostra aria o la nostra acqua. Nessuno potrà mai porre un embargo sul sole o interrompere la sua fornitura».
Lo scorso 9 gennaio si è tenuta a Washington D.C. la cerimonia funebre del 39° presidente degli Stati Uniti, Jimmy Carter, in carica dal 1977 al 1981, e morto a 100 anni il 29 dicembre 2024. Sebbene sia stato a lungo considerato tra i presidenti meno popolari della storia, la sua figura è stata nel tempo rivalutata, soprattutto per il suo impegno sul fronte ambientale e dei diritti umani, con l’attività del Carter Center (nel 2002 fu insignito del premio Nobel per la pace).
Durante la sua presidenza, Carter aveva previsto che entro il 1985 gli Stati Uniti avrebbero potuto ridurre la crescente domanda energetica, le importazioni di petrolio e il consumo di benzina. Inoltre, aveva posto il traguardo del 20% di produzione elettrica nazionale da fonti rinnovabili entro il 2000. Ad oggi, nel 2025, quest’obiettivo non è ancora stato raggiunto e a quasi mezzo secolo di distanza, si può dire che quei pannelli solari alla Casa Bianca sono stati una strada non imboccata, un’occasione persa.
Carter è stato anche attento alla conservazione del patrimonio naturale. Si deve a lui, per esempio, l’istituzione di gran parte dei parchi nazionali dell’Alaska, con un atto del 1980 che mise al riparo 64 milioni di ettari dall’industria del legname e del petrolio. La sua politica energetica e ambientale tuttavia non fu priva di contraddizioni: durante la campagna elettorale del 1980, in un discorso ai minatori di West Frankfort, nell’Illinois, pronunciò queste parole: «L’America è l’Arabia Saudita del carbone».
Carter era però pienamente consapevole del rischio rappresentato dal cambiamento climatico: nel suo ultimo anno da presidente commissionò un dossier, il Global 2000 Report, che lanciava l’allarme non solo in merito all’erosione delle risorse naturali, ma anche rispetto al fatto che il consumo su larga scala di petrolio, carbone e altri combustibili fossili conduce a «vasti e pervasivi cambiamenti al sistema climatico globale, economico, sociale e agricolo». Il rapporto suggeriva la necessità di azioni immediate ed esortava le nazioni industrializzate ad accordarsi per un livello massimo di anidride carbonica da rilasciare in atmosfera. Mancavano più di 10 anni all’Earth Summit di Rio, più di 15 al Protocollo di Kyoto, 35 per arrivare all’accordo di Parigi.
Oggi, sebbene il mondo sia stato trasformato dalla globalizzazione, da internet e dall’Intelligenza Artificiale, con l’insediamento del neo presidente Donald Trump alcuni schemi sembrano ripetersi. Così come Reagan ha fermato l’abbrivio che avrebbe potuto avere l’energia solare promossa da Carter, Trump promette di demolire gli effetti dell’Inflation Reduction Act con cui Biden ha sostenuto la crescita delle rinnovabili nel suo mandato.
Dall’inizio dell’amministrazione Biden-Harris, le aziende hanno annunciato 900 miliardi di dollari in investimenti per l’energia pulita, inclusi oltre 265 miliardi di progetti legati all’Ira, per un totale di oltre 330.000 nuovi posti di lavoro. «Secondo il Dipartimento del tesoro, dall’approvazione dell’Inflation Reduction Act il 75% degli investimenti del settore privato in energia pulita è confluito in contee con redditi familiari inferiori alla media e gli investimenti in energia pulita nelle comunità energetiche sono raddoppiati».
Donald Trump ha già promesso di espandere il più possibile le estrazioni di gas e petrolio e ha più volte criticato le azioni energetico-climatiche di Biden, definendole un «piano per arricchire la Cina», per via dell’importante presenza del paese del Dragone in tutti quei processi, prodotti o soluzioni innovative in grado di ridurre l’impatto ambientale e produrre miglioramenti di efficienza energetica e riduzione delle emissioni di CO2. Anche il candidato vicepresidente J.D. Vance, sulla stessa linea, ha più volte invocato l’eliminazione dell’Inflation Reduction Act, o almeno di sue ampie parti.

 

Francesco Sannicandro