Non «invenzioni blasfeme» ma lezioni di democrazia
֎«Invenzioni blasfeme». La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha condannato così le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che in un discorso all’università di Marsiglia aveva paragonato la Russia al Terzo Reich nazista per il suo attacco all’Ucraina. Lo riferisce la Tass֎
L’accostamento Putin-Terzo Reich, risale al 5 febbraio durante un discorso di ventotto minuti dopo che gli era stata conferita una laurea honoris causa. Una lectio magistralis ricca di rimandi storici, in cui il presidente paragonava l’attuale situazione mondiale a quella degli anni Trenta. Secondo il capo dello Stato il protezionismo e la fine del diritto internazionale avevano contribuito a spalancare le porte alla seconda guerra mondiale.
Quindi, in questo contesto, ricordando la crisi del ’29 e il fatto che gli Stati allora scelsero di non affrontare la recessione in modo coeso, Mattarella ha detto testualmente: «Fenomeni di carattere autoritario presero il sopravvento in alcuni Paesi, attratti dalla favola che regimi dispotici e illiberali fossero più efficaci nella tutela degli interessi nazionali. Il risultato fu l’accentuarsi di un clima di conflitto, anziché di cooperazione, pur nella consapevolezza di dover affrontare e risolvere i problemi a una scala più ampia. Ma, anziché cooperazione, a prevalere fu il criterio della dominazione. E furono guerre di conquista. Fu questo il progetto del Terzo Reich in Europa. L’odierna aggressione russa all’Ucraina è di questa natura».
Sono tre anni, sin dal primo discorso fatto a Norcia il 25 febbraio del 2022, pochi giorni dopo l’aggressione russa, che Mattarella non perde occasione per denunciare l’invasione dell’Ucraina con toni duri, definita in più occasioni «sciagurata». I suoi interventi in tal senso non si contano più. In numerose occasioni ha anche ribadito la convinzione che «la pace deve essere giusta», e quindi non penalizzare l’Ucraina.
Colpendo il presidente della Repubblica si colpisce con fredda determinazione l’intero popolo italiano e le sue istituzioni. Su questo punto la reazione delle forze politiche, almeno nella loro grande maggioranza, è stata pressoché unanime nell’esprimere vicinanza e solidarietà a Mattarella: il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, il presidente del Senato, Ignazio La Russa, il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, la segretaria del Pd, Elly Schlein, l’europarlamentare Giuseppe Antoci del Movimento 5 stelle, Angelo Bonelli, deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, i vertici di Italia viva.
Dal festival di Sanremo, dove ha aperto la quarta serata, Roberto Benigni ha speso parole forti e sentite a difesa del capo dello Stato: «Da lui mai una parola che non fosse di pace e verità, gli italiani sono orgogliosi di lui».
Vedremo quanto sarà profonda l’unità nazionale in difesa del presidente della Repubblica. Oltre alle testimonianze di primo impatto, sarà decisivo capire se l’attacco di Mosca servirà a rendere più solidale la politica estera italiana (ed europea) rispetto al nuovo quadro internazionale. Ovvero ad accentuare le lacerazioni che s’intuiscono.
Di certo va detto che, mentre in Parlamento si discutono riforme costituzionali e istituzionali che cambieranno profondamente gli equilibri tra i poteri dello Stato, Mattarella ha sempre sostenuto che: «Non si può ricorrere a semplificazioni di sistema o a restrizioni di diritti in nome del dovere di governare perché — citando Bobbio — “una democrazia ‘della maggioranza’ sarebbe, per definizione, una insanabile contraddizione”».
Anche la scarsa partecipazione al voto a suo avviso non può essere accettata con rassegnazione: “Può esistere una democrazia senza il consistente esercizio del ruolo degli elettori?», si è chiesto Mattarella pensando «alla defezione-diserzione-rinuncia intervenuta da parte dei cittadini in recenti tornate elettorali». Viviamo «un cambiamento d’epoca in cui anche le democrazie sono “in affanno”. La democrazia non è mai conquistata per sempre». E c’è il rischio di abituarsi a una democrazia «imperfetta» dove si manifesta una «partecipazione elettorale modesta», «oppure dove il principio “un uomo-un voto” venga distorto attraverso marchingegni che alterino la rappresentatività e la volontà degli elettori».
Ma l’analisi della realtà è stata accompagnata anche da qualche suggerimento, innanzitutto: «evitare di commettere l’errore di confondere il parteggiare con il partecipare. Occorre, piuttosto, adoperarsi concretamente affinché ogni cittadino sia nelle condizioni di poter, appieno, prendere parte alla vita della Repubblica».
«La Costituzione — ha più volte ricordato Mattarella — seppe dare un senso e uno spessore nuovo all’unità del Paese e, per i cattolici, ha coinciso con un impegno a rafforzare, e mai indebolire, l’unità e la coesione degli italiani. Spirito prezioso, perché la condivisione intorno a valori supremi di libertà e democrazia è il collante, irrinunciabile, della nostra comunità nazionale».
L’esercizio della democrazia, per Mattarella «presuppone lo sforzo di elaborare una visione del bene comune in cui sapientemente si intreccino, perché tra loro inscindibili, libertà individuali e aperture sociali, bene della libertà e bene dell’umanità condivisa». «Per definizione, democrazia è esercizio dal basso, legato alla vita di comunità, perché democrazia è camminare insieme». L’invito del capo dello Stato è quindi a «battersi affinché non vi possano essere “analfabeti di democrazia”», ossia a fare in modo che tutti partecipino alla vita democratica, perché questa «è una causa primaria, nobile, che ci riguarda tutti».
Francesco Sannicandro