Foreste, ecco perché è meglio non gestirle…

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foreste urbane
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֎Uno studio ha confermato la presenza di più coleotteri alieni in quelle gestite. «La gestione ha avuto un effetto negativo diretto sulla ricchezza di specie di coleotteri non autoctoni, mentre la ricchezza di specie di piante non autoctone ha avuto un effetto positivo diretto»֎

«L’insediamento di popolazioni di insetti non nativi può essere facilitato da una bassa ricchezza di specie vegetali, che riflette la disponibilità di poche risorse facilmente accessibili, o ostacolato da un’elevata ricchezza di specie vegetali dovuta alla diluizione spaziale delle risorse o alla resistenza biotica (ovvero, alla resistenza alle invasioni biologiche). La relazione tra la ricchezza di specie delle piante e gli insetti non nativi è probabilmente influenzata dai regimi di disturbo, che, nelle foreste europee, consistono principalmente nel taglio del legname».

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Ubicazione dei siti di studio (punti blu) con dimensione proporzionale al numero di aree di campionamento (in totale 1.101) in ciascun sito. L’ombreggiatura grigia indica la copertura forestale.

Così scrivono i ricercatori, un team di 33 persone proveniente da varie università e centri di ricerca forestale nel mondo, in una recente pubblicazione scientifica su «Journal of Applied Ecology». In sostanza, la ricchezza di specie di piante vascolari nelle foreste può avere effetti contrastanti sulla presenza di insetti non nativi. «Da 1.101 aree forestali in Europa — scrivono i ricercatori — abbiamo raccolto le presenze di 1.212 specie di piante vascolari, incluse 160 specie non native, e di 2.404 specie di coleotteri, incluse 29 specie non native. Abbiamo testato la relazione tra la ricchezza di specie di coleotteri non autoctoni e piante». E che cosa è scaturito da questa indagine? «Abbiamo trovato — ci dicono i ricercatori — chiare prove di una relazione a forma di gobba tra la ricchezza di specie di coleotteri non autoctoni e quella di piante. La forma generale della relazione persisteva considerando solo piante legnose o non legnose, così come solo piante non autoctone. La relazione era simile anche tra foreste gestite e non gestite. Tuttavia, la percentuale di coleotteri non autoctoni nelle foreste gestite era maggiore rispetto alle foreste non gestite a parità di ricchezza di specie vegetali». Ed ancora, «la gestione ha avuto un effetto negativo diretto sulla ricchezza di specie di coleotteri non autoctoni, mentre la ricchezza di specie di piante non autoctone ha avuto un effetto positivo diretto. Considerando tutti gli effetti diretti e indiretti, la gestione ha facilitato la presenza di coleotteri non nativi indirettamente tramite piante non native piuttosto che direttamente. […] Una gestione forestale mirata a ridurre l’intensità del disturbo, incoraggiando al contempo la ricchezza di specie vegetali native, potrebbe promuovere la dominanza degli effetti di diluizione e la resistenza biotica e potrebbe moderare l’insediamento di insetti non nativi».

Riemerge così la vexata quaestio della gestione forestale contro il manomettere il meno possibile boschi e foreste lasciando alle dinamiche naturali la regolazione dei processi ecologici. Un argomento di rilevo soprattutto dopo l’entrata in vigore del Testo Unico sulle Filiere Forestali (Tuff), dei relativi decreti attuativi  e delle leggi regionali che ne sono conseguite.

 

Fabio Modesti