֎Le pianure in Italia sono poche e da tempo sono dominate dall’agricoltura industriale che è notoriamente scarsamente compatibile con la biodiversità. C’è ancora un territorio pianeggiante dai larghi orizzonti che ancora conserva un aspetto antico e si trova in Puglia settentrionale e nella confinante Basilicata֎
Si può dire che la politica per la tutela della natura in Italia abbia preso slancio a partire dal 1966 con la nascita del Wwf. C’erano state iniziative precedenti, ricordiamo i quattro parchi nazionali creati prima della guerra, e le associazioni Italia Nostra, Pro Avibus, Pro Natura, Pro Montibus et Sylvis, e altri ma l’etica della protezione dell’ambiente ancora non faceva presa sulla massa della popolazione. Però a partire dagli anni 1970 l’Italia si è ben dotata di riserve e parchi nazionali e regionali.
Le prime campagne del Wwf e Italia Nostra furono rivolte a salvare ciò che restava di paludi e lagune costiere. Poi sono arrivati molti nuovi parchi e riserve in zone montane. Infine si sono aggiunte riserve fluviali e lacuali, e persino un altopiano, quello delle Murge. In questo quadro complessivo l’elemento carente è la presenza di riserve naturali in ambiente di pianura.
Le pianure in Italia sono poche e da tempo sono dominate dall’agricoltura industriale che è notoriamente scarsamente compatibile con la biodiversità. Invero qualche pezzo di pianura sembrerebbe tutelato sulla carta. Qualche piccolo bosco in pianura si è salvato a stento, e in Veneto ed Emilia-Romagna ci sono tratti di pianura inclusi in parchi. Ma a guardar bene si tratta di territori creati con la bonifica che nel loro assetto geomorfologico attuale non hanno nulla di paesaggisticamente naturale, essendo stato a suo tempo compartimentato e squadrettato dagli ingegneri. Va detto, in compenso, che la biodiversità qui non manca anche se in larga parte determinata dal residuo di palude che è stato lasciato.
C’è ancora in Italia un territorio pianeggiante dai larghi orizzonti che ancora conserva un aspetto antico e si trova in Puglia settentrionale e nella confinante Basilicata. Ci sono stato di recente nel mese di aprile quando il grano verdeggiava ancora. A perdita d’occhio si stendevano le lievi ondulazioni del territorio, uno spazio infinito ed uniforme di smeraldo fino ai contrafforti del Gargano e al cono isolato del Vulture: una visione che ti riempie. Cosa si aspetta a tutelare questo paesaggio? Se l’attrattiva di questa pura bellezza per alcuni non è sufficiente per far partire una iniziativa di salvaguardia va aggiunto che in questo paesaggio c’è anche una grande componente storica, archeologica ed umanistica, aspetto che da noi offre una forte giustificazione per intervenire politicamente.
Si tratta dei luoghi d’elezione di Federico II, lo stupor mundi, la figura più ammirata di tutto il Medioevo occidentale. Questo Imperatore il cui dominio si stendeva dal Baltico alla Sicilia tra tutti questi luoghi preferiva risiedere a Foggia. La spiegazione sta nel fatto che l’allora territorio di Capitanata così esteso, aperto e lasciato a pascolo era l’assoluto ideale per la caccia col falcone, la passione dominante di Federico. Qui poteva provare i suoi falconi sia sulla selvaggina di prateria sia su quella di palude. Pare che il capo più ambito fosse la gru, specie che ancora passa e si ferma in questi stessi luoghi. Oltre a Castel del Monte, Il suo De Arte Venandi cum Avibus è l’unico vero lascito tangibile di Federico, testo che costituisce una interessantissima descrizione dell’avifauna presente in Capitanata a quei tempi.
Il paesaggio di pianura è molto più delicato di quello di montagna. La montagna si difende quasi da sé. Le Alpi sono totalmente infrastrutturate per il divertimento dei turisti eppure sono ancora belle. Ci vuole pochissimo invece per deturpare per sempre la bellezza di una pianura; basta vedere certi tratti della pianura padana. A Foggia le pale eoliche ormai stanno calando in pianura. Pare che le colline appenniniche retrostanti ne siano sature; si dice che lì le pale sono così fitte che devono girare in modo alternato altrimenti si scontrano. La Puglia e la Capitanata potrebbero offrire da ammirare e visitare un tipo di paesaggio culturale che manca in qualsiasi altra parte d’Italia. Oltretutto il periodo per i turisti sarebbe la primavera (vacanze di Pasqua) evitando la concorrenza del mare in estate e della montagna in estate ed inverno. Ci sarebbero le masserie storiche da restaurare, Salento docet (o sono tutte ormai dei ruderi irrecuperabili?). Si potrebbe creare un museo improntato al De arte venandi cum avibus, affidato e gestito da falconieri (Torre Guevara troverebbe una destinazione d’uso).
Dal punto di vista strettamente naturalistico l’ambiente con grandi distese di grano duro andrebbe reso compatibile con una fauna di prateria come esisteva una volta: lepre indigena, quaglia, starna, re di quaglie, pernice rossa di pianura, allodola, albanella minore, gallina prataiola e, perché no, l’otarda. Ma questo è un orientamento colturale già in atto con la forte spinta al «biologico» sostenuto da opportuni sussidi. Comunque, la cosa assolutamente prioritaria è arrestare l’invasione dei «mulini a vento» in pianura, evitando di rimpiazzare quelli esistenti una volta esauriti.
Paolo Breber