Ma chi rispetta l’acqua?

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֎Quest’anno, i nostri Trimestrali, sono improntati al Rispetto. Ce n’è sempre più bisogno ed è vitale recuperare il rispetto fra noi e con l’ambiente circostante. I danni ricadono su di noi, sulle comunità, sul pianeta֎

L’acqua è vitale per definizione. Nessuno la mette in discussione eppure sono in molti a maltrattarla. È l’esempio macroscopico dell’imperante mancanza di rispetto che avvolge tutti i nostri comportamenti e, purtroppo, le nostre relazioni.

Quest’anno, i nostri Trimestrali, sono improntati al Rispetto. Ce n’è sempre più bisogno ed è vitale recuperare il rispetto fra noi e con l’ambiente circostante. I danni ricadono su di noi, sulle comunità, sul pianeta.

In questo numero abbiamo pubblicato studi e ricerche che dimostrano sia i danni sia ciò che andrebbe fatto. Se i governanti di tutto il mondo, comprendessero la gravità delle scelte sempre più dannose che vengono fatte, forse non avrebbero tempo a giocare alle guerre e ai confini che, questi ultimi, a fronte della vita, mostrano tutta la loro risibilità.

Pubblichiamo a seguire, com’è consuetudine, l’Editoriale del Direttore. (R. V. G.)

 

Editoriale

È noto che l’acqua è la fonte della vita, senza, infatti, c’è il deserto, mentale e materiale. Resta solo qualche rarissima forma di vita estrema, incapace di ripopolare il pianeta.

L’uomo ha perso, speriamo non definitivamente, il rapporto con l’ambiente. Basta andare indietro nei secoli per vedere le sue scelte nell’abitare, nel coltivare, nel raccogliere l’acqua e nel trasportarla. Ora, bypassando l’empatia con la natura, anche coloro che «utilizzano» l’acqua nei loro progetti ingegneristici e tecnologici, non tengono conto delle esigenze naturali, dei meccanismi su cui si basa la natura: immettono in mare acqua non depurata, inquinano fiumi, coltivano essenze improbabili nel loro sviluppo per via delle loro esigenze di acqua salvo a snaturare gli ambienti e la biodiversità.

Una situazione che è precipitata nel volgere di pochi decenni, con l’avanzare disordinato dell’industrializzazione, della tecnologia e del sempre più invadente potere economico.

Così, la mancanza di rispetto che ormai impregna tutti i campi e le relazioni umane, non poteva non emergere nel verde e nell’acqua, e nel mare e nell’aria come vedremo nei prossimi numeri di «Villaggio» di quest’anno.

La mancanza di rispetto, a tutti i livelli, sta diventando la cifra distintiva della nostra società. Non rispettare l’acqua ci dà plasticamente l’idea del livello di inciviltà e incultura raggiunto. L’acqua contiene tutte le forme del vivere, non conoscere i nessi nell’ambiente e nella biosfera significa accelerare la nostra estinzione e condannarci ad un futuro incerto e sicuramente segnato.

Il geologo Mario Tozzi, in un post su FB ha recentemente scritto: «Abbiamo tombato sotto asfalto e cemento 12.000 km di corsi d’acqua, abbiamo sclerotizzato i fiumi nel cemento, non abbiamo mai tenuto conto dei letti di piena, abbiamo cancellato paludi e acquitrini, abbiamo divelto la vegetazione ripariale e continuiamo a definire secolari piene che sono ormai annuali. Consumiamo 2 mq al secondo di suolo e costruiamo come dannati in aree di pericolosità idraulica. Neghiamo il ruolo del cambiamento climatico. Però la colpa è della scarsa manutenzione, delle nutrie, delle caditoie e dei tombini ingombri, dei soldi non spesi, delle opere non fatte. Maledetta ignoranza».

Ecco, il nodo è qui. Quando si parla di rispetto e di conoscenza, si pensa a qualcosa che non è di moda, che non conta e non è essenziale. Anzi, non è essenziale nelle relazioni, per questo si sono perse abitudini e stili di vita.

Il recupero è difficile e, purtroppo, ci stiamo andando a sbattere contro. Chissà se ce ne accorgeremo un attimo prima.

 

Ignazio Lippolis