Pesca, Atlantico vietato agli attrezzi di fondo

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֎Il tribunale Ue ha respinto i ricorsi della Spagna e di vari enti che riuniscono pescatori delle regioni spagnole della Galizia e delle Asturie con cui è stata impugnata la designazione delle zone di protezione effettuata dalla Commissione Ue֎

Il Regolamento UE 2336 del 2016 che definisce condizioni specifiche per la pesca degli stock di acque profonde nell’Atlantico nord-orientale e stabilisce disposizioni relative alla pesca nelle acque internazionali dell’Atlantico nord-orientale, legittimo. Lo ha stabilito il Tribunale dell’Unione europea con una sentenza pubblicata nei giorni scorsi.

Il tribunale Ue ha respinto i ricorsi della Spagna e di vari enti che riuniscono pescatori delle regioni spagnole della Galizia e delle Asturie con cui è stata impugnata la designazione delle zone di protezione effettuata dalla Commissione Ue.

Il Tribunale Ue ha stabilito che «la qualificazione come zona notoriamente o probabilmente caratterizzata dalla presenza di ecosistemi marini vulnerabili si basa sulla presenza accertata o probabile delle specie protette nonché sulle caratteristiche dell’ecosistema propriamente detto. Ciò garantisce la sua tutela contro gli effetti negativi significativi degli attrezzi di fondo in generale. La Commissione non era quindi tenuta a valutare la fragilità degli ecosistemi con riferimento a ciascun tipo di attrezzo utilizzato (in particolare gli attrezzi di fondo fissi, come il palangaro demersale, utilizzato dai pescatori ricorrenti), né a valutare le conseguenze delle misure di conservazione sulle attività di pesca e sulla vita economica e sociale».

Al governo del socialista Pedro Sánchez, che tanti anatemi scaglia contro chi soltanto mette in dubbio la ragionevolezza della «transizione ambientale» europea, evidentemente non importa l’impatto grave che produce la pesca a strascico di profondità in Atlantico  a fronte dell’impoverimento degli stock ittici in oceano e nel Mediterraneo.

La Spagna e gli altri ricorrenti, afferma il Tribunale Ue, non hanno dimostrato «che la Commissione abbia manifestamente ecceduto il suo potere discrezionale utilizzando, in sede di determinazione delle zone, una certa metodologia proposta nel pertinente parere del Consiglio internazionale per l’esplorazione del mare (Ciem). Non è stato neppure dimostrato che il metodo seguito non fosse appropriato, che esso non fosse idoneo a contribuire all’obiettivo di protezione perseguito o ancora che un altro metodo sarebbe stato più efficace ai fini della delimitazione delle zone stesse».

Secondo il Tribunale Ue, infine, il Regolamento impugnato «non ha neppure violato, con il divieto indiscriminato di pesca con attrezzi di fondo in tutte le zone designate, le norme della politica comune della pesca, né il principio di proporzionalità. Per un verso, il divieto stesso non si applica alla pesca con attrezzi di fondo a profondità pari o inferiore a 400 metri. Per altro verso, la Spagna e i pescatori ricorrenti non hanno dimostrato che gli attrezzi fissi siano privi di effetti negativi, così da poter escludere il rischio che essi presentano per gli ecosistemi marini vulnerabili».

Insomma, un colpo all’ambientalismo à la carte tipico di una certa sinistra sussiegosa desiderosa che la legge si applichi agli altri mentre si interpreti per sé stessa.

 

Fabio Modesti