Monte Pucci da abbandono a parco di Land Art

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L'ingresso alle grotte di monte Pucci
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Intervista a Raffaele Sciscio, sindaco di Vico del Gargano

֎«Abbiamo immaginato di coinvolgere l’Accademia di Belle Arti di Napoli, che, attraverso una specifica convenzione, considera questa necropoli un vero campo sperimentale di Land Art». Il grande impegno del gruppo della «Carta di Calenella» che «rappresenta la capacità di creare un orizzonte più ampio, basato su cultura, ricerca e visione di lungo periodo»֎

Esiste un posto sulla costa settentrionale del Gargano, il Monte Pucci che per molti rappresenta un luogo dell’abbandono ma che in realtà è un sito di elevatissimo grado di naturalità che riesce a restituirci l’identità di un luogo contemporaneo che svela stratificazioni preistoriche e storiche. Una boscaglia mediterranea, luogo di ricordi e memorie di tante grotte che fino agli anni Sessanta del Novecento erano stalle per capre, pecore e bovini; per pochi altri, memorie di antichi cimiteri in grotte che celavano tesori (monete d’oro); per gli anziani di molti decenni addietro, la Montagna del tesoro segnalata per la prima volta alla comunità scientifica, negli ultimi anni dell’Ottocento, da un maestro di Vico del Gargano, Giuseppe del Viscio, il primo che intuisce la sua natura di cimitero paleocristiano.

E in questo luogo autentico e ripercorrendo le narrazioni di Nello Biscotti anche nel suo ultimo articolo pubblicato su «Villaggio Globale», «La città sotterranea di Monte Pucci un possibile Parco di Land Art», che offriamo un’intervista fatta al sindaco di Vico del Gargano, Raffaele Sciscio, sindaco che con la sua amministrazione sta percorrendo un’idea progettuale peculiare e innovativa per le aree archeologiche. Un’iniziativa che mira a incrementare l’attrattività del sito, trasformandolo in un parco di Land Art contemporanea. Un’idea-progetto che ha raccolto le sinergie necessarie per renderla immediatamente attuabile. La necropoli potrà così diventare uno spazio di sperimentazione artistica e rigenerazione culturale, dove le installazioni dialogano con la memoria storica e il paesaggio.

Il parco di Land Art contemporanea da realizzare a partire dalla città sotterranea di Monte Pucci… quale il progetto, lo stato di attuazione e la sua futura presenza nella comunità?

Raffaele Sciscio sindaco di Vico del Gargano
Raffaele Sciscio sindaco di Vico del Gargano, durante una recente intervista per la premiazioni al Festival del teatro popolare del Gargano

La premessa è che come Amministrazione vogliamo perseguire idee di reale spessore culturale, nel senso pieno del termine, senza forzature, senza costruire narrazioni, ma semplicemente valorizzando ciò che il territorio conserva e custodisce da secoli. Il progetto del parco di Land Art contemporanea, che intendiamo far sorgere nell’area della città sotterranea di Monte Pucci, si inserisce pienamente in questa visione. Parliamo di un’area di circa cinque ettari che ospita una necropoli di ipogei sepolcrali, un patrimonio archeologico di straordinaria rilevanza, strettamente intrecciato a elementi naturali di pregio. Del resto, il Gargano è questo: ovunque un intreccio profondo e inscindibile tra cultura e natura. Ed è proprio su questo binomio che vogliamo investire. La città che amministro può e vuole fare la sua parte, valorizzando un territorio che rappresenta un peculiare spaccato del promontorio garganico. In questi mesi si sono attivate tutte le sinergie e le condivisioni necessarie per rendere l’idea immediatamente attuabile. Per rispondere più specificatamente alla sua domanda, abbiamo immaginato di coinvolgere l’Accademia di Belle Arti di Napoli, che, attraverso una specifica convenzione, considera questa necropoli un vero campo sperimentale di Land Art. L’obiettivo è valorizzare al tempo stesso il contesto ambientale, un paesaggio costiero mediterraneo, e il patrimonio archeologico della necropoli. Protagonisti di questo percorso saranno studenti e docenti, che porteranno nuove visioni e sensibilità artistiche.

L’intento è costruire un luogo capace di coniugare la memoria storica con i linguaggi dell’arte contemporanea, offrendo nuove modalità di fruizione culturale e attirando visitatori interessati tanto al patrimonio archeologico quanto alle esperienze immersive della Land Art.

La futura presenza di questo parco nella vita della comunità ritengo sarà centrale: un luogo di incontro, un laboratorio all’aperto, un nuovo simbolo di identità e appartenenza. Un progetto culturale che guarda lontano, ma che nasce da ciò che qui esiste già.

27 grotte disseminate su una superficie di circa 5 ettari, che preservano oltre 900 loculi. Un grande «cimitero» di cui nei dintorni non vi è traccia di abitato. È il mistero della Necropoli di Monte Pucci! come questo sito che per molti rappresenta un luogo dell’abbandono ma che in realtà è un sito di elevatissimo grado di naturalità può rilanciare un’area, quella del Gargano per l’appunto, in termini culturali, sociali, ambientali?

L’Italia, e il Gargano in particolare, sono costellati di aree archeologiche che spesso immaginiamo di valorizzare aggiungendo strutture e puntando ad aumentare il numero di visitatori. Sappiamo però che a realizzare i grandi numeri, che poi giustificano pienamente la gestione, sono realtà come il Colosseo e Pompei. Nel caso della necropoli di Monte Pucci persino una semplice staccionata appare superflua e inadeguata. Ci troviamo in un contesto unico, caratterizzato da praterie, lembi di pineta, uliveti secolari, è un’area Sic (Pineta Marzini), punteggiato da grotte e arricchito dalla presenza di fichi selvatici. Di fronte, si apre la vista suggestiva sul mare Adriatico. Siamo convinti che questo luogo possa essere vissuto e percepito in tutta la sua autenticità, in netto contrasto con l’idea di «abbandono» che talvolta gli viene attribuita. Le installazioni di Land Art rappresenteranno una singolare opportunità per restituire valore a questo scenario così particolare, senza snaturarlo. Immaginiamo installazioni di Land Art che dialogano con il paesaggio, capaci di esaltare la bellezza naturale e la memoria storica, creando una nuova forma di fruizione culturale e artistica.

In questo modo, sono convinto che un sito solo apparentemente isolato possa trasformarsi in un luogo più vivo, capace di stimolare riflessioni e di attrarre visitatori interessati non solo al patrimonio archeologico, ma anche a un’esperienza ambientale e culturale completa.

Un luogo pregevole, ricco di affascinanti leggende, un ecomuseo vegetale, un paesaggio sotterraneo, un museo, un docufilm che ci guida nella città sotterranea di Monte Pucci, seguendo la leggenda di Diomede, per renderci consapevoli e responsabili di un patrimonio che può coniugare insieme natura, storia, economia, turismo di qualità… come il Gargano e nello specifico l’amministrazione di Vico del Gargano sta lavorando per rendere attuabile un progetto che coniughi arte, natura, archeologia?

Nella passata amministrazione, di cui facevo parte, abbiamo già investito molto su questa necropoli, avviando due campagne di scavo, nel 2012 e nel 2014. L’ultima è stata possibile grazie alla sensibilità del dott. Luigi La Rocca, allora soprintendente archeologo per la Puglia e oggi Direttore generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio presso il ministero della Cultura. Monte Pucci è un luogo un po’ misterioso: come lei appropriatamente precisa, 27 grotte disseminate su circa cinque ettari, oltre 900 loculi, un grande «cimitero» privo di un vero abitato intorno, avvolto da leggende come quella di Diomede. Ma non è solo un sito archeologico: è un paesaggio vivo, un vero «ecomuseo vegetale» che unisce praterie, lembi di pineta, uliveti secolari e una vista aperta sul mare. Vogliamo far percepire il sito per quello che è: un luogo da vivere come spazio aperto, in stretta connessione con il paesaggio mediterraneo.

Come le anticipavo, tutto ciò che è stato fatto finora per questo sito ha riguardato sostanzialmente la produzione di materiale culturale: un libro pubblicato già diversi anni fa, vari convegni, e con la seconda campagna di scavi anche un docufilm, presentato qualche anno fa al «Vieste Archeofilm» (edizione 2023). A questi si aggiungono studi specialistici interdisciplinari (botanici, archeobotanici, geologici, antropologici, oltre naturalmente agli archeologici) e, più di recente, progetti mirati alla fruizione digitale del sito. Per noi deve continuare a essere un luogo di studio, e intendiamo fornire ai visitatori, locale, turista o addetto al settore, il materiale di base per avvicinarsi alla sua conoscenza.

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Una veduta di Vico del Gargano

Quale il supporto, in questo progetto, della carta di Calenella, manifesto che dal 2021 sta riunendo numerosi studiosi e ricercatori con la finalità di «miscidare» conoscenze e competenze in un lavoro di ricucitura dei tanti presidi che stentano a dialogare fra loro, che fa della necessità di determinare scenari di sviluppo sostenibile per i territori del Gargano il suo obiettivo finale?

Desidero innanzitutto ringraziarvi per l’opportunità di questa intervista, che mi consente di parlare di temi a cui tengo molto e di cui mi piacerebbe occuparmi in modo sistematico. La realtà quotidiana di amministratore, però, mi assorbe completamente, anche se cerco sempre di ritagliarmi spazi per «guardare lontano». Ma non è facile.

La Carta di Calenella rappresenta la capacità di creare un orizzonte più ampio, basato su cultura, ricerca e visione di lungo periodo. Insieme abbiamo organizzato anche un’adunanza sulla sanità, altra piaga dolente per i piccoli comuni. Credo fermamente che non si possano amministrare territori interni e periferici, come quello di cui mi onoro di essere sindaco, senza un rapporto costante con le forze culturali. E a questi «dialoghi» purtroppo non siamo ancora abituati.

La cultura obbliga a pianificare e programmare, con risultati che maturano nel tempo, mentre la politica tende a concentrarsi sul presente. Eppure credo che proprio la cultura possa essere la chiave per salvare paesi come il nostro, «condannati», anche dalla Strategia nazionale per le Aree Interne, a una «morte naturale».

Per dare spessore culturale a ogni nostra iniziativa, stiamo partecipando a due bandi regionali (e siamo fiduciosi in un esito positivo) che combinano «natura e cultura». Il primo progetto prevede di valorizzare un’altra nostra necropoli (Monte Tabor, età del Bronzo, abbandonata e in pieno centro urbano) con collezioni botaniche della flora garganica, per arrivare all’istituzione di un vero Orto Botanico. Il secondo mira a sperimentare una nuova idea di spiaggia, ricostruendo un tratto di cordone dunale (spiaggia di Calenella) per coniugare fruizione balneare e valori naturalistici. Chi vuole amministrare nel Gargano deve muoversi lungo queste direttrici. Anche in agricoltura stiamo cercando di fare in modo che paesaggio e cultura diano valore aggiunto alla produzione di olio, recuperando la nostra secolare olivicoltura. Molti dei nostri oliveti ospitano veri «patriarchi arborei», che si aggiungono al nostro monumento vegetale per eccellenza: il plurisecolare Leccio, tra i più antichi d’Italia. A settembre inizieremo i lavori per caratterizzarlo come «Monumento arboreo della flora garganica».

Alla fine, per territori come il nostro, la cultura rappresenta una necessità vitale, e non solo per l’offerta turistica, come siamo soliti fare, ma soprattutto per chi ci vive. È la chiave per ripensare il rapporto con la natura, restituire senso al paesaggio e rigenerare comunità, anche nel loro legame con la storia fatta anche di personaggi, alquanto singolari. In questa ottica stiamo rendendo omaggio a Michelangelo Manicone, dedicandogli una statua in pietra di Apricena per restituire alla comunità la figura di uno scienziato del tardo Settecento, cui Vico del Gargano ha dato i natali ma che non è mai stato veramente ripensato. Proprio oggi, considerati i tempi che stiamo attraversando, ci sembra l’occasione giusta per farlo.

Questo frate, oltre duecento anni fa, si chiedeva: «Può l’uomo cambiare il clima?». E rispondeva: «Non solo può, ma l’ha già fatto». Eppure, ancora oggi, nonostante i caldi torridi che stiamo vivendo, molti continuano a credere che sia solo un’ipotesi.

Sono convinto che, se sapremo far rinascere territori, restituendo loro un futuro radicato nella bellezza, potremo davvero cambiare rotta; e spero, nel contempo, che questa mia intervista non rimanga solo un «manifesto» politico, come purtroppo spesso accade.

 

Elsa Sciancalepore