Accerchiati dal fuoco

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Negli ultimi anni le foreste indonesiane hanno perso oltre tre milioni di ettari a causa d’incendi devastanti. Molti sono stati appiccati per cancellare le tracce dei tagli illegali oppure per ricavare terreno agricolo, tanto che lo stesso ministero per le Foreste ne ha indicato come responsabili ben 176 tra latifondisti agrari e compagnie del legname.
Il 1997 è ricordato come annus horribilis per le foreste tropicali di tutto il mondo: ovunque si accendevano focolai che divampavano per giorni e giorni, favoriti dall’estrema siccità provocata dalla corrente El Niño.
In Indonesia il fuoco ha decimato la popolazione di orangutan, arsi vivi oppure uccisi dagli abitanti dei villaggi che li vedevano arrivare a frotte, come impazziti.
La strage continua tuttora, perché la deforestazione sta trasformando le foreste umide in habitat secchi ove i roghi si propagano agevolmente.
I sopravvissuti vengono raccolti da volontari e trasportati ai centri di Wanariset e Pasir Panjang per le cure e la riabilitazione. Ne arrivano a decine ogni settimana e molti sono cuccioli, straziati dalle ustioni e traumatizzati per la perdita di ogni certezza, dalla presenza rassicurante della madre alle interazioni tipiche delle società di Primati.

I comportamenti umani

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Anche la memoria delle vicende umane sembra tramandare una storia che non presenta molti e illuminanti esempi di solidarietà distinti, nella loro sostanza, da esempi di egoismo.

Si raccontano, è vero, episodi di solidarietà, ma a guardar bene, questi sembrano in gran parte, ispirati solo da ciniche necessità «estetiche» (principio esauriente di un’etica ridotta solo alla forma delle cose). Sono le «necessità» di «costruire e ricostruire» posizioni di prestigio o di «difendere», con formali recuperi d’immagine, posizioni di potere (posizioni «offese» da svelamenti di occultate «mistificazioni» o «accusate» di insopportabili «prepotenze») e, ancora, «necessità» di recuperare perdute dignità («oscurate» da vergognose «ignavie» e indifendibili «disattenzioni»). Tutte cose strettamente attinenti l’interesse individuale di alcuni pochi, se non proprio cose «solo» e «semplicemente» impresentabili.

Per disporre di alternative a questo imperante meccanismo di contrapposizioni dobbiamo attribuire un senso agli avvenimenti e assumere le responsabilità dirette delle nostre scelte. Una strada, questa, possibile solo se abbiamo connessioni dirette e libere con le dinamiche e i significati che possiamo rilevare dalla percezione dei fenomeni. Non possiamo, infatti, attribuire senso e valore di merito a risultati che sono frutto di un nostro modo addomesticato e inconsapevole di vivere (come quello indotto dall’economia dei consumi). Non possiamo, neanche, illuderci di trovare riscontri, sul senso e valore delle cose, in modo astratto, solo impegnandoci a garantire la nostra tenuta mentale sui più nobili ideali o sulla bontà presunta e immutabile delle più profonde convinzioni personali.

Per una valutazione della realtà, coerente con la portata e i limiti dei fenomeni umani, è necessario essere, anche, consapevoli che dietro ogni nostro idealismo c’è, poi, la concretezza quotidiana del dover sopravvivere. Il rischio di trovarci dissociati fra il rigore delle idee e il pragmatismo necessario per continuare ad andare avanti è evidente. Anche se è vero che, in questi casi, riusciamo a sopravvivere attuando un’istintiva ricerca di rassicuranti conferme e consolazioni, almeno sulla tenuta statica e inanimata di buoni principi (amore per il prossimo, uguaglianza, solidarietà…), è inevitabile, però, che ogni nostra incoerenza e ogni nostro errore, si trasformino, poi, in paralizzanti ansie e crisi esistenziali.

Non possiamo essere inconsapevoli e inerti di fronte alla nostra incauta tendenza ad affidarci alle forti suggestioni di un bene che verrà, di un salvatore della patria o di un mitico e prossimo Eden tecnologico. In questo modo, infatti, offriremmo, da sprovveduti, solo ingiustificabili occasioni di successo a chi chiede consensi acritici, a chi ci rassicura sul bene di un «darsi da fare» senza senso. Rischieremmo, così, confondendo ideali di riferimento e interpretazioni ideologiche delle attese e dei risultati, di logorare le nostre speranze e ostacolare il già faticoso cammino verso possibili assunzioni di responsabilità sociali, come sono quelle della solidarietà con i nostri simili.

Il Centro Visite Rifugio Cà Carnè

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L’area che insiste sul Centro Visite ? Rifugio Cà Carnè rappresenta un concentrato dei più interessanti aspetti naturalistici della Vena del Gesso romagnola. Quest’area di circa 43 ettari, dalla morfologia piacevolmente «mossa» (con affioramenti rocciosi intervallati da conche e dossi) rappresenta infatti un tipico paesaggio carsico, privo cioè di un’idrografia superficiale e costellato di tutti quei fenomeni connessi con la solubilità della roccia gessosa quali doline, erosioni a candela, inghiottitoi, risorgenti ecc.
Si può raggiungere Cà Carnè, centro-visite e foresteria del Parco (dove sono disponibili 30 posti letto per il pernottamento), grazie a due accessi pedonali: quello «basso» è il più agevole mentre quello «alto» è certamente più panoramico. L’importanza di tale area non si limita alle sole emergenze geologiche: il Parco Carnè rappresenta anche un esempio ben conservato dell’ambiente floristico e vegetazionale della Vena del Gesso. Nelle aree boscate, costituite da un querceto misto a roverella, orniello e carpino nero, compaiono piante meno comuni o addirittura rare quali frassino maggiore, tiglio selvatico o acero minore. Durante la primavera, inoltre, si susseguono splendide fioriture di specie protette tra le quali il dente di cane, il sigillo di Salomone, varie specie di orchidee selvatiche o il vistoso giglio rosso; gli ambienti più freschi e umidi possono ospitare l’insolita felce lingua cervina o il raro borsolo.
Rilevante, infine, la presenza della fauna selvatica che annovera, oltre alle comuni specie appenniniche (volpe, tasso, donnola, puzzola, faina, scoiattolo, capriolo, poiana, picchio rosso ecc.) animali che, se non esclusivi del Parco, sono comunque piuttosto significativi di quest’area: per i mammiferi possiamo citare l’istrice e i pipistrelli (questi ultimi con almeno sette diverse specie) mentre per gli uccelli un raro rapace diurno quale lo sparviere, qui nidificante, il rigogolo, il luì bianco ed altri rapaci notturni.

Come raggiungere il Rifugio Cà Carnè: percorrendo la Strada Provinciale che collega Brisighella a Riolo Terme, lasciandola in località Varnello (Ristorante «Il Manicomio – da Mario») e seguendo le indicazioni per il Carnè.

(Fonte Società di Area «Terre di Faenza» ? Coop Aleph rif. Pierluigi Papi tel. 338 3648766 ppapi@racine.ra.it fax aut. 02700414712)

E l’Italia rischia di non farcela

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La situazione italiana non è rosea e rischia di presentarsi al 2012 «fuori misura». Secondo l’ultimo censimento effettuato dall’Agenzia Europea per l’Ambiente, nel 2002 aveva aumentato le sue emissioni di circa il 9,0%, rispetto al 1990. Con il Protocollo di Kyoto avevamo preso l’impegno di ridurre del 5,5% le emissioni.
Questo vuol dire che presumibilmente l’Italia arriverà al 2012 con il 16,5% in più delle emissioni rispetto al 1990. Siamo quindi già ora fuori di oltre il 15% e al 2012 arriveremo al 23%.

Si dovrà quindi al più presto puntare ai «sinks» (forestazione, riforestazione, cambiamenti dell’uso del suolo, ecc.) e altre azioni consentite dalla cooperazione internazionale nell’ambito dei «meccanimi flessibili» per acquisire «crediti alle emissioni» dai Paesi in via di sviluppo (attraverso il «clean development mechanism») o acquistare da altri paesi industrializzati più virtuosi in Europa o al di fuori dell’Europa «permessi di emissione» (attraverso la «emission trading»).
Purtroppo il male di cui soffriamo, e con noi anche tutti gli altri paesi industrializzati, è la forte dipendenza dai combustibili fossili.

Basilicata, Murgia Materana

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Il progetto NaturArte, in linea con gli obiettivi del PO FESR Basilicata 2007-2013 Asse IV, si propone principalmente di coniugare in un processo virtuoso arte e territorio mediante la formula del Trekking per Grandi Eventi, in modo da promuovere efficacemente le aree protette della Basilicata e i suoi valori naturalistici, storici e culturali.

È la prima volta che la Regione Basilicata coordina un ambizioso ed importante progetto insieme alle 4 aree protette per la realizzazione di una «Rete dei Parchi».
La conoscenza e il rispetto dei territori, la scoperta delle comunità locali e delle migliori risorse culturali, artigianali ed enogastronomiche rappresentano l’elemento fondamentale del progetto NaturArte.
Il primo tassello di un mosaico che porta alla realizzazione della «Basilicata Verde», un concetto che lega la rete ecologica alla rete sociale dei territori dei Parchi attraverso il binomio ambiente-uomo in modo da concretizzare obiettivi di sostenibilità ambientale.
Si vuole così contribuire alla realizzazione di una metodologia in grado di garantire la vitalità di un territorio e dei suoi abitanti attraverso l’attuazione di buone pratiche come volano dell’economia attraverso «sviluppo», «cultura» e «paesaggio».
Per realizzare tutto ciò è indispensabile una concertazione tra vari soggetti operanti sul territorio al fine di intessere una rete in grado di creare sinergie tre le aree interessate.
Accrescere l’attrattività della Basilicata trasformando in vantaggio competitivo la grande ricchezza di risorse culturali, naturali e di biodiversità presenti sul territorio regionale.
Dare spazio alle realtà locali, della cultura, dell’artigianato e delle produzioni tipiche, attraverso la realizzazione di grandi eventi in grado di sviluppare per la Basilicata Verde un interesse nazionale, sensibile alla conoscenza delle «culture» e dei territori.
NaturArte, infatti, si svolgerà in luoghi di elevata suggestione, all’interno dei Parchi, dove l’evento culturale viene proposto in piena sintonia con l’ambiente circostante ed associato ad itinerari improntati ad un corretto uso del territorio. I singoli eventi verranno utilizzati anche come momento di educazione alla fruizione delle risorse naturali

Suoni, parole e produzioni originali pensate per NaturArte, si svilupperanno in un unico, lungo «sentiero» che, come un «nastro verde» immaginario legherà la Basilicata dal Parco della Murgia Materana fino al Parco Nazionale del Pollino passando dal Parco di Gallipoli Cognato e Piccole Dolomiti Lucane e dal Parco Nazionale Appennino Lucano Val D’Agri Lagonegrese, coinvolgendo, quindi, l’intera comunità in un teatro naturale tutto da scoprire.
Artisti di fama internazionale, scrittori, filosofi, come pifferai magici accompagneranno per valli, fiumi, monti, prati erbosi, chiese rupestri ed antichi borghi, un pubblico di appassionati, affamati di cultura, del buon cammino e delle prelibatezze che solo la nostra regione sa offrire.
Un’ulteriore dimostrazione delle bellezze storico-naturalistiche che questa Regione possiede.
Quest’anno le vacanze trascorretele in Basilicata. Farete una Bella Scoperta.

Abstract Ingv

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Tempo di lettura: 2 minuti InSAR images allow to detect the coseismic deformation, delimiting the epicentral area where the larger displacement has been concentrated. By inspecting the InSAR fringe patterns is commonly recognized that, for […]

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Dalle carestie alle guerre

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( Dottore di ricerca in Geobotanica )

Dopo Giovanni Tozzetti la fitoalimurgia perde progressivamente di interesse, evidentemente la fame, le carestie si fanno sentire sempre meno, ma nuove crisi alimentari non mancheranno, e saranno quelle causate dalle guerre. Solo durante la Prima guerra mondiale si distingueranno nuovi lavori fitoalimurgici: Phytoalimurgia pedemontana (memoria di conoscenze botaniche e di tradizioni popolari sulle erbe spontanee del Piemonte) di Oreste Mattirolo (1918), ordinario di Botanica (Bologna, Firenze, Torino) e direttore dell’Istituto e Orto Botanico dell’Università di Torino; un’altra testimonianza letteraria è una Carta fitoalimurgica dell’Istria e dell’Illiria (A. Tukakov, 1943) per aiutare le popolazioni locali a superare, con le piante spontanee, le notevoli difficoltà alimentari durante la Seconda Guerra Mondiale.
Sempre in questo periodo la fitoalimurgia è attiva anche altrove: le truppe statunitensi sbarcate in Italia disponevano di un manuale di fitoalimurgia, approntato da una commissione di botanici americani, da utilizzare come prontuario di sopravvivenza.

300.000 soci e 400.000 sostenitori

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Il Wwf Italia è nato nel 1966, 5 anni dopo il Wwf internazionale. Oggi conta in Italia 300.000 soci e 400.000 sostenitori, tra cui 150.000 studenti e centinaia di progetti sul campo. In 40 anni di vita il Wwf Italia è riuscito a tutelare oltre 30.000 ettari di natura custodita all’interno delle Oasi.
La sfida del Wwf per il futuro è quella di ridurre la perdita di biodiversità del pianeta. Il programma del Wwf si basa anche sulla migliore conoscenza scientifica disponibile e scandito da progetti globali e azioni locali.
Il Wwf nel mondo ha il sostegno di oltre 5 milioni di persone, è presente con ben 24 organizzazioni nazionali, 5 organizzazioni affiliate e 222 uffici di programma nazionali in ben 96 paesi. Il Wwf spende oltre 380 milioni di dollari ogni anno per attività concrete di conservazione di ambienti e specie. 2.000 i progetti del Wwf che ogni anno tutelano la biodiversità e attivano modelli di sostenibilità dello sviluppo umano.

(Fonte Wwf)

Dove è partito il progetto

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COLLEGNO

Il progetto è partito con una prima fase di analisi: i ricercatori dell’Ecoistituto del Piemonte con l’aiuto degli ecovolontari hanno monitorato gli acquisti di detergenti nelle case di questi ultimi e di persone che si sono rese disponibili: sono state individuate le quantità di bottiglie acquistate, i materiali di cui sono composte e il loro peso.
Operativamente il progetto Riducimballi ? Negozi Leggeri è stato inserito nel piano quinquennale del Comune e coinvolgerà inizialmente i negozianti di due quartieri: Leumann e Viale XIV Marzo.
In questi quartieri i negozianti partecipanti avranno un contributo economico da parte dell’Assessorato al Commercio.
Il Comune inoltre sta valutando di alleggerire la tariffa dei rifiuti ai cittadini che dimostreranno di contribuire alla riduzione dei rifiuti alla fonte.
La stessa azione sarà attivata sui negozianti.
Saranno inoltre realizzate 1.600 borse di cotone con il logo del progetto che saranno distribuite dai negozianti ai propri clienti come dono natalizio.

VENARIA

Nella Città di Venaria i negozianti sono stati contattati dai ricercatori dell’Ecoistituto del Piemonte con la tecnica del «porta a porta». È stata consegnata personalmente una lettera per presentare e spiegare le caratteristiche e le modalità del progetto.
A metà dicembre sono poi stati contattati i rappresentanti delle associazioni dei commercianti per raggiungere anche i negozianti più scettici.
E’ stata inoltre firmata una convenzione col Comune di Venaria Reale per l’utilizzo di alcune stanze di un edificio di proprietà del Comune, che diventerà la Casa del Risparmio: sede operativa del progetto Riducimballi e centro didattico e informativo sui sistemi per il risparmio di risorse e per la riduzione dei rifiuti.
Verranno infine realizzate 1.000 borse di cotone con il logo del progetto, in distribuzione presso i negozi aderenti.

QUINCINETTO

Nel Comune di Quincinetto i negozianti sono stati contattati e informati dell’avvio del progetto tramite lettera, con la quale li si invitava ad una riunione per definire le modalità di azione. Alla riunione hanno partecipato un buon numero di persone e gli altri commercianti non presenti sono stati contattati personalmente. Questa modalità di azione è stata pensata per il numero, relativamente esiguo, di esercizi commerciali all’interno del paese.
Su richiesta dei negozianti si è deciso di attivare una ricerca delle buone pratiche di riduzione già esistenti sul territorio, e di quelle storiche oramai scomparse, al fine di definire il manifesto della riduzione della Città di Quincinetto.

Oltre la notizia

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Il decimilionesimo albero è stato piantato a Goma dal governatore e dal ministro dell’ambiente del North Kivu durante una cerimonia alla quale erano presenti, tra gli altri, i rappresentanti delle comunità locali
Il progetto, finanziato dal WWF e dalla Comunità Europea, ha coinvolto le comunità locali e lo stato per cercare di fornire una risorsa alternativa di legna da ardere che sia compatibile con l’ambiente. Infatti, sono stati messi a dimora alberi di 60 specie differenti con differenti tipologie di piantumazione. Con questi alberi è stata formata una fascia verde tutto intorno al parco.
Il progetto porta benefici economici tangibili alle comunità locali. Un ettaro di foresta ben gestito può produrre fino a 30 metri cubi di legname all’anno che possono essere venduti a più di 700 ? l’anno, una somma considerevole per le genti di North Kivu.
La popolazione della città di Goma si è decuplicata da quando nel 1987 è iniziato il progetto. Questo è dovuto sia alla normale crescita della popolazione, sia ai conflitti che hanno costretto migliaia di persone a stabilirsi in città.
Il Parco Nazionale del Virunga, istituito nel 1925 e primo parco africano, si estende su un’area di oltre 8.000 km2. Si trova nella parte orientale della RDC e confina con il Volcano National Park, in Ruanda, e il Mgahinga National Park, in Uganda. Questa è una delle zone più ricche di biodiversità di tutta l’Africa ed è caratterizzata da foreste tropicali di montagna, casa di alcuni degli ultimi esemplari rimasti di gorilla di montagna. Il parco del Virunga è stato dichiarato Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
Il denaro raccolto dal Wwf in una recente sottoscrizione online è stato utilizzato per acquistare il legname per le popolazioni fuggite dalla guerra che vivono in campi di fortuna.

August to October outlook for Europe and the UK

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Temperature

Probabilities favour warmer than normal conditions over much of northern Europe, including the northern half of the United Kingdom, eastern Europe as well as central and eastern parts of the Mediterranean. In contrast, probabilities slight favour cooler than average conditions over parts of western Europe.

Precipitation

There is a slight bias in probabilities towards wetter than normal over parts of northern Europe, including eastern and northern parts of the United Kingdom and also parts of eastern Europe. In contrast, probabilities favour drier than normal over much of the Mediterranean region and bordering countries.

Further outlook to end of December

The probabilities for warmer or cooler than normal conditions become more evenly balanced over much of the region, although warmer than normal continues to be favoured over the United Kingdom and parts of northern and central Europe. Over northern Europe and the United Kingdom, probabilities for wetter or drier than normal conditions become more evenly balanced, while probabilities continue to favour drier than normal over much of the Mediterranean region.

Warning

These forecasts are considered experimental. The Met Office accepts no responsibility for actions taken on the basis of these forecasts Weather forecasts provide information about the weather expected over the next few days. While it is generally not possible to predict these day-to-day changes in detail beyond about a week ahead, it is possible to say something about likely conditions averaged over the next few months. Seasonal forecasts provide information about these long-term averages.

Met Office London Road Bracknell Berkshire RG12 2SZ United Kingdom

Perché i gatti giallo-neri sono quasi sempre femmine?

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Si calcola che la probabilità di trovare un maschio giallo-nero siano 200 contro 1! E’ un evento estremamente raro, ma esiste. Questo succede perché i geni che controllano questi particolari schemi di colore si trovano entrambi sui cromosomi X. Il trucco sta nel fatto che soltanto le femmine hanno 2 cromosomi X, per cui possono risultare giallo-nere, mentre i maschi hanno un cromosoma X ed uno Y. Ma allora come fanno ad esistere dei maschi giallo-neri? Grazie a dei piccoli errori genetici, che causano la nascita di gatti maschi con genotipo XXY. Questi animali saranno dei maschi per la presenza del cromosoma Y, ma avranno il colore tipicamente femminile per i due cromosomi X.

Basilicata, Il Pollino

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Il Parco Nazionale del Pollino ha seguito sin dagli albori il progetto «NaturArte – La Scoperta dei Parchi di Basilicata», intuendo le grandi opportunità che potevano nascere dalla cooperazione tra gli enti territoriali dedicati alla tutela ed alla conservazione: arte e territorio, declinati dal trekking e dai grandi eventi con l’obiettivo di promuovere i valori naturalistici, storici e culturali dei Parchi di Basilicata. Si è così avviata una macchina organizzativa che coinvolge e coinvolgerà istituzioni ed addetti ai lavori e che ha chiesto il contributo all’intera comunità del Parco Nazionale del Pollino, in termini di idee ed azioni.

La manifestazione è incentrata su un programma di eventi artistici e culturali dedicati alla promozione ed al corretto uso del territorio, collegati dal filo conduttore del trekking, quale utile strumento per il recupero del contatto con l’ambiente e della percezione del paesaggio.

Nel Parco Nazionale del Pollino sono previsti 3 eventi, a ciascuno dei quali è stata attribuita una tematica: il «Paesaggio dell’Acqua» per la Valle del Frido, la «Biodiversità» per la Valle del Mercure ed «I luoghi delle Tradizioni» per la Val Sarmento.
A sottolineare la centralità di tale scelta, al fine di creare importanti momenti di riflessione, per ciascuna delle tre manifestazioni sono stati coinvolti celebri esponenti del mondo scientifico/culturale che tratteranno le tematiche. Nello specifico per il paesaggio dell’acqua avremo ospite il prof. Mario Tozzi, per la biodiversità il prof. Francesco Petretti e per i luoghi delle tradizioni il prof. Luigi Maria Lombardi Satriani.
A rendere ancora più interessanti queste giornate all’aria aperta, vi saranno esibizioni di artisti di rilievo nazionale ed internazionale, nonché tutta una serie di azioni collaterali volte a promuovere le tipicità del territorio, che includeranno anche la partecipazione di artisti del luogo.

Abbiamo voluto parlare di Valli e non di ambiti amministrativi perché le aree ove si svolgeranno le iniziative sono il riferimento fisico di attività programmate che riguardano zone più vaste. Il senso sotteso dal progetto e quindi il suo obiettivo, tende a far emergere la percezione unitaria dei valori diffusi e omogenei del territorio nelle sue caratteristiche culturali, paesaggistiche e naturalistiche. Se si pensa infatti alla storia passata del comprensorio del Pollino, l’orografia ha sicuramente rappresentato uno spartiacque importante, non solo idrografico ma anche in termini di scambi culturali, plasmando in maniera speciale i rapporti tra i diversi insediamenti umani: è compito e interesse diretto dell’Ente gestore dell’area protetta quello di diffondere la conoscenza e il valore di tali peculiarità.

I nodi irrisolti del nucleare

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Questione combustibile nucleare

Intanto bisogna precisare che per i reattori nucleari tipo Epr serve l’uranio-235 che è solo lo 0,7% dell’uranio che si trova in natura (che è una miscela di uranio-238, piccole quantità di uranio -235 e piccolissime quantità di uranio-234).

L’uranio che si trova in natura è per lo più sotto forma di ossidi ed è contenuto prevalentemente in rocce granitiche uranifere, a concentrazioni comprese fra 5 e 25 ppm (parti per milione). Questo significa che con un milione di tonnellate di roccia si possono estrarre tra le 5 e le 25 tonnellate di uranio. E qui serve un apposito impianto di grandi dimensioni che faccia questo lavoro di trattamento delle rocce.

Una volta estratto l’uranio dalle rocce, bisogna arricchirlo nel suo contenuto di uranio-235 che è quello fissile, per portarlo dalla concentrazione dello 0,7% (come è in natura) a concentrazioni comprese fra il 3% ed il 5% (come serve per poterlo utilizzare). Questo significa che bisogna trattare da 5 a 7 tonnellate di uranio naturale per avere una tonnellata di uranio arricchito (dell’isotopo 235) e 4-6 tonnellate di uranio impoverito (dell’isotopo 235). Questo arricchimento passa attraverso un complesso processo chimico e fisico in appositi impianti di arricchimento (il processo è quello descritto).

Dipendenza dall’estero

La maggior parte dell’uranio proviene da: Canada (maggiore produttore mondiale), Australia, Kazakhstan, Russia, Namibia, Niger e Uzbekistan. Ma c’è anche l’Italia anche se per modeste quantità. L’Italia ha una zona uranifera che è quella a nord est di Bergamo, in val Seriana, attorno al comune di Novazza. Questa area è stata già esplorata dall’allora Cnen (trasformatosi poi in Enea) tra il 1960 ed il 1970 e appariva molto promettente. Lo sfruttamento allora venne fatto solo per fini di studio e ricerca e non per fini commerciali.

Problemi di risorse idriche e di ubicazione impianti

Pesanti sono i problemi di localizzazione sul territorio di questi grossi impianti. Per far funzionare un reattore nucleare tipo Epr, da 1.600 MW, occorrono per il circuito di raffreddamento, oltre 90 metri cubi di acqua al secondo (circa 345mila metri cubi ogni ora) che viene poi scaricata, surriscaldata di circa 8°C. Poiché nei fiumi non si può rilasciare acqua surriscaldata per più di 3°C e si deve garantire un rimescolamento adeguato per non creare barriere termiche alla fauna acquatica, occorrono in realtà circa 250 metri cubi di acqua al secondo che va, poi, riversata nel fiume (con una sovratemperatura di 3°C). E per proteggere la biodiversità acquatica, il fiume deve avere obbligatoriamente portate minime garantite (per 355 giorni/anno) superiori a 750 metri cubi al secondo.

Nessun fiume in Italia può garantire queste portate minime tutto l’anno (o almeno per 355 giorni), specialmente con le tendenze attuali di cambiamento del clima, ad esclusione del Po. Ma il Po può sopportare gli scarichi termici soltanto a due condizioni:

– limitatamente alla stagione primaverile ed autunnale (quando le portate minime sono più alte);

– limitatamente soltanto al tratto compreso fra la foce del Ticino e quella del Secchia (dove le portate minime sono più alte e non ci sono intergerenze con gli scarichi termici delle altre 4 centrali che già utilizzano il Po per il raffreddamento).

Di conseguenza, simili grossi impianti andrebbero costruiti in riva al mare. Ma anche qui ci sono problemi. Le coste italiane teoricamente utilizzabili (coste basse) ammontano complessivamente a meno di 4.000 km. Escludendo quelle urbanizzate, quelle turistiche, porticcioli ed altro, rimangono praticamente solo le zone costiere delle aree marine protette (i parchi costieri). In più, la maggior parte delle coste basse soprattutto dell’alto Adriatico (ma anche di altre 30 aree e piane costiere) sarà soggetta ad inondazione per innalzamento del livello del mare e intensificazione dei fenomeni estremi a causa dei cambiamenti del clima.

L’unica soluzione possibile in Italia è costituita dalle torri di raffreddamento ad umido ubicate in aree interne vicino ai fiumi di portata minima superiore a circa 80 metri cubi al secondo. Ma le torri di raffreddamento causano problemi di impatto sul clima locale. A ben valutare alla fine si scopre che impianti nucleari di grandi dimensioni in Italia non si possono fare, non tanto e non solo per i problemi di uranio, la sicurezza, le scorie ecc. (che pure sono grossi problemi), quanto soprattutto per la mancanza di territorio, cioè posti idonei da impegnare e bloccare opportunamente, non per qualche anno, ma per ben oltre un secolo (10 anni per la costruzione, 40-60 anni di esercizio e 40-60 anni di decommissioning), Sempre che si trovi un sito nazionale per il deposito dei rifiuti radioattivi, altrimenti non si tratta solo di un secolo ma di centinaia o migliaia di secoli.

Ammesso che a furor di popolo si volessero costruire impianti nucleari in Italia, bisognerebbe necessariamente ripiegare sulle piccole taglie: impianti di dimensioni inferiori a 500-600 MW elettrici e possibilmente dell’ordine dei 100-200 MW elettrici.

La soluzione migliore sarebbe quella di andare verso la generazione distribuita e le «smart-grids». Questo è il futuro più sostenibile per l’Italia.

Combustibili fossili e CO2

Per produrre le 40 tonnellate l’anno di uranio che servono per alimentare un reattore Epr da 1.600 megawatt, come quelli che si vorrebbero costruire in Italia, occorre partire da 8 milioni di tonnellate di roccia, che vanno estratte, macinate, diluite con 1,4 milioni di metri cubi di acqua e 22mila tonnellate di acido solforico, per ottenere 350 tonnellate di yellowcake, un ossido che contiene lo 0,7% di uranio fissile. L’arricchimento avviene per centrifugazione trasformando l’uranio in gas, l’esafluoruro di uranio. Per fare questo servono 370 tonnellate di fluoro, che alla fine del processo è altamente radioattivo, impossibile da smaltire e che comporta una gestione molto onerosa.

Per far funzionare un reattore Epr per un anno si consuma energia pari a 190mila tonnellate di petrolio con l’immissione in atmosfera di 670mila tonnellate di CO2.

L’Italia fanalino di coda

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Nel corso degli ultimi anni, nel nostro paese sono stati installati pochi pannelli solari in confronto ad altri, quali l’Austria e la Germania, penalizzati da un clima più freddo ma ricchi di una più antica sensibilità per le questioni economico-ambientali. Eppure, in Italia si potrebbe produrre il 30% dell’elettricità consumata, se solo la superficie a tecnologia solare ammontasse a 30 kilometri quadrati (compreso lo spazio tra uno specchio e l’altro): un’area non eccessiva, considerando che la si può ripartire tra più regioni e, all’interno di ciascuna , in diverse aree. Invece, come denuncia il Wwf, a fronte di un mercato europeo di 1 milione di mq/anno con un tasso di crescita del 18%, l’Italia raggiunge appena i 34.000 mq/anno, piazzandosi in fondo alla classifica anche nel confronto internazionale. Prendendo come indice la superficie di collettore installata ogni mille abitanti, la nostra quota di 3 mq è preceduta da molti paesi nord europei e da altri a clima mediterraneo, come Grecia (198 mq), Israele (560 mq), Cipro (800 mq). A sua volta, Greenpeace ha presentato il rapporto «Solare termico 2020», auspicando che entro tale data si riesca a coprire il 5% del fabbisogno energetico globale: ciò eviterebbe l’emissione di 154 milioni di tonnellate di anidride carbonica ed in più servirebbe a creare 200.000 nuovi posti di lavoro. Intanto, il 4 giugno scorso le delegazioni di 154 governi hanno adottato le risoluzioni di «Renewables 2004», tra cui: una dichiarazione politica sugli obiettivi comuni per incrementare l’uso delle energie rinnovabili, un programma d’azione internazionale in cui tutti i partecipanti alla conferenza hanno fatto confluire i rispettivi progetti e una serie di linee guida per indirizzare correttamente i ruoli e le responsabilità individuali. Infine, per quanto concerne la situazione oltreoceano al sito dell’US Department of Energy è possibile scaricare il programma «Solar Energy Tecnologies» formulato per gli anni dal 2003 al 2007 ed oltre.
M. V.

La strutturazione del corso

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Il corso prevede un piano di studio (composto da 4 unità didattiche) che affronterà i seguenti temi:
· Acqua risorsa di tutti
· Per una pedagogia dell’acqua
· Acqua elemento di democrazia
· L’acqua nella progettazione didattica

Ogni unità è suddivisa in lezioni per un totale di 10.

L’ambiente di apprendimento predisposto da Studionline simula una classe virtuale e permette di visualizzare progressivamente i moduli e scaricare i materiali a disposizione.
Il corso, a numero chiuso, prenderà avvio all’inizio dell’anno scolastico 2003/04 (primi giorni di ottobre) per concludersi nei primi mesi del 2004.

Il Parco fluviale del Po

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Il Parco fluviale del Po (tratto vercellese/alessandrino) e dell’Orba è un ente strumentale della Regione Piemonte, istituito con legge regionale nel 1990 che gestisce (in piccola parte direttamente e in gran parte indirettamente) un territorio di circa 14.000 ettari, e prende origine dalla Riserva Naturale della Garzaia di Valenza, prima piccola area protetta piemontese istituita lungo il Po nel lontano 1979, su una superficie di soli 240 ettari, a cui nel 1987 si aggiunse la Riserva Naturale della Garzaia di Bosco Marengo, ampliata nel 1989 con la denominazione di Riserva Naturale del Torrente Orba. Del Parco del Po vercellese/alessandrino fanno parte i comuni di Verrua Savoia (in provincia di Torino), Crescentino, Fontanetto Po, Palazzolo Vercellese, Trino (in provincia di Vercelli), Moncestino, Gabiano Camino, Morano sul Po, Pontestura, Coniolo, Casale Monferrato, Frassineto Po, Valmacca, Bozzole, Pomaro Monferrato, Valenza, Pecetto di Valenza, Bassignana, Alluvioni Cambiò, Isola Sant’Antonio, Guazzora e Molino dei Torti (in provincia di Alessandria). Della Riserva Naturale del Torrente Orba fanno parte i comuni di Bosco Marengo, Casalcermelli e Predosa (tutti in provincia di Alessandria), per una superficie complessiva di circa 250 ettari.

La politica ambientale

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La politica ambientale è il documento pubblico attraverso cui il soggetto certificato dichiara i propri obiettivi in campo ambientale.
Nello specifico il Parco Fluviale del Po e dell’Orba, attraverso la sua politica ambientale, ha espresso la volontà di creare un forte coinvolgimento delle realtà locali: il Parco si propone come fulcro attorno al quale incentivare uno sviluppo sostenibile del territorio, coerente con le esigenze di conservazione dell’area protetta.
In questa direzione vanno alcuni progetti del Parco, sviluppati in parallelo al Sistema di Gestione Ambientale. Lo sportello informativo «Infofiume» fornisce informazioni e supporto agli operatori sui temi dello sviluppo sostenibile. Il «Forum delle parti interessate» riunisce gli enti locali, le associazioni di categoria e le associazioni ambientaliste, con funzioni consultive e propositive rispetto agli obiettivi del Parco. Il marchio di «Fornitore di Qualità Ambientale» contraddistingue gli operatori che impostano i processi produttivi secondo logiche di rispetto dell’ambiente naturale.
Queste attività sono parte del programma ambientale, che traduce gli obiettivi generali della politica ambientale in azioni concrete e misurabili. Gli altri obiettivi del programma spaziano dalla riqualificazione di siti degradati al contenimento dei consumi energetici nelle sedi del Parco, dalla conservazione e incremento di habitat naturali agli studi sulla fauna locale.

Ciclo Biologico

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Ogni protozoo può presentarsi in due forme diverse: una cellulare, priva di movimento e detta «Amastigote», ed una forma mobile, libera, dotata di un lungo flagello anteriore e chiamata «Promastigote». Le forme amastigoti si localizzano nel sangue di un cane infetto, all’interno di alcune cellule dell’apparato immunitario, i macrofagi. Quando il flebotomo, durante il suo pasto ematico, punge il cane infetto, preleva dal sangue anche queste forme amastigoti, le quali raggiungono il suo intestino e si trasformano nella forma mobile. Indi, risalgono tutto il canale alimentare dell’insetto, andando a localizzarsi nelle ghiandole salivari. Qui aspettano che il flebotomo punga un altro cane, in modo da penetrarvi e localizzarsi nuovamente nei macrofagi, per tornare ad essere amastigoti. Una volta penetrati nei macrofagi, gli amastigoti si replicano per scissione binaria, aumentando notevolmente di numero, tanto da causare la lisi dei macrofagi, che non riescono più a contenerli. Una volta liberi nel sangue, gli amastigoti possono essere nuovamente catturati dai macrofagi, e quindi continuare a replicarsi, oppure, nel caso in cui il flebotomo punga il cane, continuare il proprio ciclo biologico nell’ospite vettore.