Il primo «Euroscience Open Forum»

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Nell’ottica di una collaborazione tanto stretta quanto proficua dal 25 al 28 agosto si terrà a Stoccolma il primo «Euroscience Open Forum» (Esof); il Presidente Jean-Patrick Connerade annuncia che quest’evento sarà il primo di una lunga serie a cadenza biennale, caratterizzata da conferenze scientifiche ad alto livello su tutti i nuovi traguardi raggiunti dalla ricerca nell’UE.
Non solo «Euroscienze» è un’associazione pan-europea composta da qualcosa come 1.500 scienziati (www.esof2004.org/), ma per la prima volta saranno rappresentate tutte le discipline, incluse le scienze umane e sociali.
Pur prevedendo la partecipazione di molte migliaia tra scienziati, cittadini ed enti interessati ai vari argomenti, gli organizzatori chiamano a raccolta tutti i governi e le agenzie per lanciare un segnale forte di come l’ Europa intende progredire seguendo un un’armonica comunione d’intenti.

I tentennamenti della Russia

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Mentre la UE ha deciso unilateralmente di attuare il protocollo di Kyoto ed ha già emanato le opportune direttive di attuazione, compresa la direttiva per il commercio delle emissioni, che entrerà in vigore il 1° gennaio 2005, ci si domanda: ma Russia ratificherà il Protocollo di Kyoto? Il Protocollo di Kyoto potrà entrare in vigore ed essere legalmente vincolante per tutti i Paesi industrializzati, e poi dopo il 2012 anche per i Paesi in via di sviluppo? Tutto, allo stato attuale,dipendere dalla Russia e le risposte della Russia a questi quesiti, secondo le ultime informazioni provenienti dalla stessa Russia, sono: «No». Anzi «Sì», o meglio «Forse»!
In questo quadro di assoluta incertezza, generato dalla Russia, gli occhi degli organi competenti delle Nazioni Unite tornano a puntarsi sugli Usa. Il Segretario generale della Unfccc (la Convenzione quadro sui cambiamenti climatici): Ioke Walker-Hunter pensa che a questo punto sia necessario trovare un modo per convincere gli Stati Uniti,che sono il più grosso emettitore mondiale di gas serra, a reinserirsi nel negoziato e a ratificare il Protocollo di Kyoto nel più breve tempo possibile. Su come convincere gli Usa alla ratifica, si dovrà discutere alla prossima COP-10 (Conferenza delle Parti) che si terrà dal 6 al 17 dicembre a Buenos Aires, in Argentina.
Infatti, affinché il Protocollo entri in vigore è necessario un quorum del 55% relativo all’emissioni di gas serra dei soli Paesi industrializzati (quorum che non è stato raggiunto), oltre ad un quorum del 55% relativo al numero di tutti i Paesi firmatari, sia industrializzati sia in via di sviluppo (quorum che, invece, è stato già raggiunto e superato).
Ebbene, se gli Usa ratificano si raggiunge un quorum dell’80% ed il Protocollo può entrare in vigore anche se la Russia non dovesse ratificare. Se, tuttavia, la Russia superasse finalmente questa prolungata fase di indecisione e ratificasse il Protocollo, il quorum che si raggiungerebbe sarebbe del 61% e anche in questo caso il Protocollo può entrare in vigore anche se gli Usa persistessero nell’atteggiamento di non ratificare. Insomma. Usa oppure Russia sono essenziali per l’entrata in vigore del Protocollo.

La legge delega è una vergogna

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Greenpeace interviene sull’approvazione al Senato della legge delega: «La legge delega sull’ambiente è una vergogna perché apre una deregulation senza limiti. Il ministro Matteoli, con l’appoggio di tutto il governo, è riuscito a scardinare 30 anni di politiche ambientali con una legge che costituisce una vera e propria «delega in bianco».
«A cosa serve tirare fuori dal cilindro 24 esperti per creare in maniera assolutamente discrezionale una Commissione che riscriva le leggi ambientali, quando esistono già gli enti di ricerca preposti a fornire pareri in materia e soprattutto l’unico problema è applicare con severità le norme già esistenti – afferma Roberto Ferrigno, direttore campagna di Greenpeace -.Uno dei nodi più scandalosi è quello dei rifiuti. Se anche il Parlamento approverà il disegno di legge Delega, i rottami ferrosi e non ferrosi, nonché altri scarti di lavorazioni industriali e quelli di lavorazioni artigianali o provenienti da cicli produttivi o di consumo destinati ad attività siderurgiche e metallurgiche, sarebbero definibili come materie prime secondarie e quindi non sarebbero più sottoposti al regime dei rifiuti. Diventerebbe così impossibile ogni forma di controllo della movimentazione di queste sostanze, considerate rifiuto nel resto della Unione europea e sottoposte anche nel nostro paese ad obblighi di documentazione.
«La Legge Delega aggrava ulteriormente la situazione riconoscendo come materie prime secondarie anche i rottami ferrosi e non ferrosi provenienti dall’estero e istituendo una sezione speciale dell’Albo nazionale delle imprese a cui si potrebbero iscrivere quelle di Paesi europei ed extraeuropei che effettuano operazioni di recupero di rottami ferrosi e non ferrosi. L’iscrizione, inoltre, potrebbe essere effettuata dalla compagnia estera mediante una semplice comunicazione all’Albo corredata da una attestazione di conformità rilasciata, però, dalla autorità competente nel paese di appartenenza della azienda – spiega Roberto Ferrigno – che comporterebbe la movimentazione senza alcun controllo di materiale ferroso e non ferroso e che potrebbe facilitare l’introduzione nel nostro paese di materiale contaminato anche da sostanze radioattive».

Un nuovo modello energetico

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Benché taluni abbiano ritenuto di smorzare gli entusiasmi, elencando minuziosamente le difficoltà tecniche cui si andrebbe incontro, non v’è dubbio che ormai anche tra gli addetti ai lavori l’obiettivo sia la creazione di un nuovo modello energetico.
Peraltro, prima che il gas naturale fosse disponibile su ampia scala, nelle cucine si è impiegato per oltre un secolo il cosiddetto gas di città, ossia una miscela costituita per oltre il 50% da H2.
Oggi l’idrogeno può essere utilizzato come combustibile, producendo energia per utenze fisse (centrali e microcentrali per la produzione di energia elettrica o per usi termici), mobili (motori a idrogeno o celle a combustibile per la trazione o la propulsione di veicoli) e portatili (computer e telefoni cellulari, con batterie «fuel cell» che produrranno energia elettrica utilizzando idrogeno e metanolo).
Attualmente, per scongiurare il rischio di black out, si va affermando l’uso di celle H2 in luogo dei gruppi elettrogeni tradizionali. Esse funzionano per via elettrochimica: dall’ossidazione dell’idrogeno si ottengono vapore acqueo, calore ed elettricità, all’inverso di quanto avviene nell’elettrolisi, ove si spende energia elettrica per separare le molecole d’acqua in idrogeno e ossigeno. Il principio H2.objectis.net/fc era noto già nel 1839, ma la tecnologia è decollata dagli anni Sessanta in poi, sull’onda delle imprese spaziali.
Oggi le celle vengono installate in ospedali, banche, industrie ed ovunque se ne privilegino le prestazioni efficienti abbinate alla valenza ecologica, senza trascurarne il funzionamento piacevolmente silenzioso. Ad esempio, il progetto AKL (African Knowledge for Life) per l’alfabetizzazione e la formazione professionale di giovani in otto paesi africani, tra i cui promotori figura la fondazione Rita Levi Montalcini, prevede la costruzione di «isole scolastiche» autosufficienti dal punto di vista energetico. Gli edifici, tutti prefabbricati, saranno dotati di pannelli fotovoltaici per la produzione d’idrogeno da elettrolisi, serbatoi di stoccaggio a basse pressioni e, appunto, celle a combustibile per la produzione di energia elettrica.
M. V.

I piani europei per lo scambio di emissioni

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Entro la fine dell’anno, saranno 21 i piani nazionali di quote per lo scambio di emissioni di gas ad effetto serra che saranno approvati dalla Commissione europea. Tra questi non ci sarà quello dell’Italia, insieme a quelli presentati da Polonia e Repubblica Ceca. All’appello mancherà anche la Grecia che, a differenza degli altri tre, è stata ancora più inadempiente in quanto non ha ancora presentato alcun piano.
Lo ha rilevato il commissario Ue all’ambiente Stavros Dimas, in un incontro stampa con i giornalisti. Il prossimo 22 dicembre, giorno in cui si terrà l’ultima riunione dell’anno dell’esecutivo, Bruxelles approverà i piani di Lituania, Spagna, Malta, Cipro e Ungheria. Con queste ultimi adempimenti, arriverà a 21 il numero dei piani arrivati e approvati. Anche i problemi che si erano creati con il piano francese «sono stati risolti» ha indicato Dimas. Lo stesso è stato fatto per il programma finlandese. Il piano italiano non potrà invece essere approvato in quanto, secondo la Commissione, è incompleto e va integrato prima che possa essere emesso un giudizio sulla sua accettabilità. In particolare, Bruxelles contesta il fatto che l’Italia non ha reso noto l’elenco delle installazioni soggette all’emission trading e questo rende impossibile verificare quante emissioni potrà emettere ogni installazione. Il piano fa riferimento solo alla quantità totale di quote, ma la direttiva europea chiede anche l’elenco che suddivide le quantità per ciascun impianto. L’emission trading è un programma previsto nell’ambito del Protocollo di Kyoto, che si propone di ridurre le emissioni nocive.
(Fonte Ansa)

Cause geologiche dei movimenti anomali del mare verificatisi nell’ultimo millennio lungo le coste italiane: il rischio e la difesa dopo l’evento di Stromboli

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( * Dipartimento di Pianificazione e Scienza del Territorio, Università degli Studi di Napoli Federico II – ** ISAFOM, CNR, via Cupa Patacca, Ercolano, Napoli – ***APAT, Dipartimento Difesa del Suolo )

Poco dopo le ore 13 del giorno 30 dicembre 2002 nell’area di Stromboli si è innescato un improvviso movimento anomalo del mare rappresentato da un abbassamento del livello marino di alcuni metri lungo tutta l’isola e da un immediato sollevamento rapido con conseguente inondazione della fascia costiera fino ad altezza di alcuni metri sul livello medio del mare. L’evento anomalo ha determinato seri danni ai manufatti e ha provocato il ferimento di alcune persone; esso si è avvertito lungo la costa siciliana nella zona di Milazzo e in quella campana nel porto di Marina di Camerota.
Gli scriventi, fin dal primo momento, sono stati dell’opinione che la causa era da individuare in una frana sottomarina di consistente entità, come nei giorni successivi all’evento ha dimostrato il Dipartimento Nazionale della Protezione Civile.
“Onde anomale” molto distruttive, sono, peraltro, note lungo le coste del Tirreno meridionale, dello Stretto di Messina, della Sicilia Orientale e della zona garganica. Il massimo runup dell’acqua marina è variato da circa 6 a circa 15 metri.
Da una nostra analisi storica ne è risultato che la loro origine può essere stata causata da:
– terremoti in terraferma dove le strutture sismogenetiche sono vicine al mare e in mare (es. Calabria, Sicilia orientale, Gargano, Monte Conero, Liguria),
– da esplosioni vulcaniche in terraferma e in mare dove vi sono vulcani attivi (es. Golfo di Napoli, Isole Eolie, area dell’Isola Ferdinandea, area dell’Etna),
– da grandi frane sottomarine lungo il ciglio delle scarpate, al passaggio morfologico tra piattaforma continentale e scarpata continentale (es. depressione centroadriatica), specialmente nelle aree dove la piattaforma continentale è molto stretta (es. area salentina adriatica, Golfo di Napoli), interessata da tettonica attiva e in corrispondenza di aree sismiche ( es. coste ioniche e tirreniche della Calabria, coste della Sicilia orientale e settentrionale, Liguria)
– da grandi frane sottomarine lungo i versanti sommersi di vulcani attivi e interessati da tettonica attiva (es. Stromboli),
– da grandi frane subaeree lungo le coste alte rocciose con disastrosa e istantanea caduta in mare di ingenti volumi di roccia, in corrispondenza di aree sismiche, e lungo le coste degli apparati vulcanici attivi (es. lungo le falesie delle coste calabre);
– cause antropiche costituite dall’incauto accumulo di ingenti volumi di detriti lungo il ciglio della scarpata continentale.
I movimenti anomali del mare sono stati 71 con una media di un evento ogni 12,5 anni; di questi, ben 18 eventi si sono verificati nei mesi estivi (periodo balneare).
E’ evidente che se l’onda anomala del 30 dicembre 2002 si fosse verificata 4-5 mesi prima (o dopo), durante la stagione estiva, i danni lungo le coste frequentate da migliaia di bagnanti, specialmente alle persone, sarebbero stati molto gravi.
Si ha notizia di 15 eventi nel 1900; 23 eventi nel 1800, 16 eventi nel 1700, 11 eventi nel 1600, 3 eventi nel 1500, 1 evento nel 1300, 2 eventi nel 1100.
Essi si sono manifestati nelle seguenti aree: 14 tra la Liguria e Francia sudorientale; 23 tra lo Stretto di Messina, la Sicilia orientale,


la Calabria meridionale tirrenica e le Isole Eolie; 10 lungo le coste adriatiche; 9 nel Golfo di Napoli; 3 in Toscana; 2 nella Sicilia settentrionale (Palermo-Cefalù); 2 nella Sicilia meridionale (Sciacca); 1 nella Calabria settentrionale ionica; 1 nel Lazio.
Questa prima ricerca ha consentito di individuare i tratti di costa che finora sono stati interessati da movimenti anomali e repentini del mare; ha permesso di evidenziare che il maggior numero di eventi è stato provocato da frane sottomarine innescatesi lungo i bordi instabili della piattaforma continentale. Un nutrito numero di eventi è da attribuire alle sollecitazioni trasmesse direttamente dai violenti movimenti della terra (in occasione di forti eventi sismici) all’acqua marina nelle aree caratterizzate dalla presenza di strutture sismogenetiche vicine al mare (Trieste, Ancona, Gargano, Calabria Meridionale, Sicilia Orientale, stretto di Messina, Liguria, Toscana). Altri eventi sono stati innescati da frane sottomarine provocate da forti eventi sismici in terraferma con epicentri anche molto distanti (es. Toscana, Lazio, Liguria, Golfo di Napoli, Brindisi).
L’evento di Stromboli deve rappresentare un severo monito e uno stimolo per le Istituzioni e i ricercatori affinchè si adeguino studi e misure tese a tutelare la sicurezza ambientale. Per quanto riguarda le coste italiane va subito verificato se le Autorità di Bacino che hanno redatto il Piano Stralcio del rischio idrogeologico hanno tenuto conto del fenomeno. Alla luce dei risultati dello studio si evince l’importanza di elaborare linee guida per la valutazione del rischio da onda anomala delle aree costiere e dell’impatto ambientale delle infrastrutture di notevole rilevanza (aereoporti, porti, centrali elettriche, impianti industriali, strade e ferrovie ecc.). Vanno altresì messi a punto e attivati adeguati sistemi di educazione ambientale (per es. come comportarsi qualora ci si trovi su una spiaggia d’estate e si avverta un terremoto, oppure si noti un improvviso e sensibile abbassamento del livello dell’acqua) monitoraggio marino e costiero ed elaborati i Piani di Protezione Civile Comunali tesi soprattutto a proteggere la popolazione durante il periodo balneare.

Un trattato economico

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Con questa introduzione sul paesaggio che non è quello degli artisti o degli stessi geografi, «Coltivazione, malattie e commercio degli agrumi» di Del Viscio, diventa già una straordinaria rappresentazione che ci permette di conoscere struttura, forma e dinamiche di questo paesaggio e nello stesso tempo ci fa riconoscere il valore e l’importanza legati alla stessa nozione di paesaggio. Il titolo dell’opera, ben lontano da questa impostazione, è sicuramente riduttivo, ecco qui, forse la «modesta sapienza» del personaggio; ci si aspetterebbe un normale manualetto per addetti in cui si parla di coltivazione d’agrumi. Niente di tutto questo, dall’inizio alla fine. Il tema agrumi è invece affrontato con altissimo rigore scientifico, con una organicità che trova pochi raffronti nel panorama della letteratura agraria dell’epoca in cui Del Viscio diede alla stampe l’opera.
Poco sappiamo quanto sia stata realmente letta e conosciuta questa sua fatica che è scritta per il commerciante, il produttore d’agrumi, il poeta, perché possano visitare gli agrumeti del Gargano e trovare «idee e concetti, nozioni e sentimenti sempre nuovi». Attraverso i suoi agrumeti vuole far conoscere, valorizzare il suo Gargano che distingue e «rende ammirato il paesaggio pittoresco» e che concorreranno a caratterizzare l’Italia, scrive, «coll’invidiabile nome di Giardino d’Europa». A caratterizzare questo Giardino, contribuiranno anche gli agrumi del Gargano: con l’opera di Del Viscio abbiamo così il più importante documento che attesta l’incredibile importanza agronomica, economica e commerciale che la piccola realtà agrumicola del Gargano ha avuto in Italia e nel panorama agrumicolo del Mediterraneo. Per almeno un cinquantennio è stato al terzo posto per la produzione d’agrumi in Italia, al primo posto per le rese unitarie e per i profitti.
L’argomento agrumi del Gargano, è spesso ricorrente in tutta la produzione libraria di Del Viscio; ne parla a proposito di meteorologia, ne parla in un altro straordinario lavoro sul Bosco D’Umbra («Il Bosco d’Umbra-Iacotenente sul Monte Gargano», 1894). Gli agrumi sono la grande risorsa del Gargano e Del Viscio ne è pienamente consapevole: continui i suoi appelli per frenare il disboscamento, per salvare ad ogni costo il Bosco d’Umbra, riserva naturale d’acqua che garantiscono le condizioni idrologiche, fitoclimatiche per la loro affermazione. Il disboscamento secondo Del Viscio era causa del declino della coltura della vite, dell’olio (solo Vico riusciva a produrre secondo i dati del Fraccacreta fino a 30mila some di vino) e se «si continuerà a distruggere i pochi boschi che ne rimangono ? scrive nel suo libro sul Bosco d’Umbra ? la coltivazione degli agrumi diverrà per noi una industria di assai problematico successo». Pertanto è necessario conservare la Selva d’Umbra «giacché la scomparsa della stessa farebbe indubitatamente scomparire le nostre sorgenti, e per conseguenza anche gli alberi d’agrumi».
Quando Del Viscio consegna alle stampe «Coltivazione, malattie e commercio sugli agrumi», la realtа agrumicola di Vico, Rodi ed Ischitella, conosce già da un decennio la sua prima grande crisi: chiusi i mercati americani, mancanza di sbocchi commerciali alternativi a quella storica via del mare (grazie agli agrumi il Gargano settentrionale romperà definitivamente lo storico isolamento).

Il turismo e l’ambiente, tra impatti e risorse: una questione culturale

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Il turismo è probabilmente la principale attività economica legale del Pianeta, dal momento che sposta oltre 5 miliardi di persone ogni anno (tra cui quasi 600 milioni verso l’estero) ed occupa milioni di lavoratori (1 ogni 15 occupati in tutto il mondo).
Le oltre 4000 aree protette di tutto il pianeta, sia marine sia terrestri, si trovano sulla strada di questo immenso flusso di persone, assetate di emozioni, esperienze, conoscenze o dal semplice desiderio di svagarsi e divertirsi. Con tutte le problematiche connesse alla gestione di una così grande massa di fruitori e delle relative infrastrutture, in relazione alla sensibilità degli habitat e delle specie selvatiche che solitamente costituiscono il delicato cuore di un’area protetta ma anche il suo principale elemento di attrazione.
In molti altri casi, tuttavia, questo tipo di approccio sta mettendo in secondo piano gli obiettivi e le azioni gestionali finalizzate alla conservazione della natura (motivi per cui comunque sono state istituite le aree protette) a favore di obiettivi di tipo più «consumistico». Quest’ultimi appaiono legati direttamente ad una fruizione ludica e per il tempo libero che sta trovando ampio successo in comparti vicini dal punto di vista del fruitore, come quello del turismo enogastronomico o del plein air (sport ed attività per il tempo libero), ma profondamente diversi per ciò che concerne gli scopi istituzionali e finali di un Parco.

Aree dismesse diventano ecodistretti

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Rilanciare e rafforzare l’identità del territorio attraverso la creazione di ecodistretti è la grande sfida lanciata da Unione Europea, regione Lombardia e raccolta con il progetto Sustainable EMAS North Milan dall’amministrazione comunale di Sesto San Giovanni, dall’agenzia Sviluppo Nord Milano, dall’associazione imprenditori Nord Milano.

Che cos’è il Protocollo di Kyoto

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Il Protocollo di Kyoto è lo strumento attuativo della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici. È stato sottoscritto a Kyoto il 3 dicembre del 1997, Per entrare legalmente in vigore ha due «quorum» del 55%. Uno riguarda il «numero» dei Paesi totali (189 Paesi) che hanno aderito e ratificato la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (sigla: Unfccc), che deve essere rappresentato da almeno il 55% di tali Paesi (cioè da almeno 104 Paesi). Questo primo quorum è stato raggiunto e superato perché hanno ratificato (al 2 febbraio 2005)141 Paesi su 189, pari al 74.6% dei Paesi totali.

L’altro «quorum» riguarda le emissioni dei soli Paesi industrializzati e ad economia in transizione (quelli che devono attuare la prima fase del Protocollo), che deve essere rappresentato da almeno il 55% delle emissioni di gas serra di tali Paesi. Ogni Paese in questo caso ha un «peso» di emissioni, diverso a seconda della quantità di emissioni annue calcolate al 1990 (l’Italia, per esempio pesa per 3,1%, gli Usa per il 36,1%, la Russia per il 17,4%, ecc). Questo secondo quorum che è pari al 61,6% è stato raggiunto e superato con la recente ratifica della Russia. Non hanno ratificato (al 2 febbraio 2005): gli Usa, l’Australia, Monaco e Liechetenstein.

Il Protocollo di Kyoto definisce due fasi di riduzione delle emissioni di gas serra: una prima fase riguarda i paesi sviluppati, una seconda fase che invece riguarda complessivamente paesi sviluppati e Paesi in via di sviluppo.
Per la prima fase, si definisce quali sono i gas serra da ridurre e si quantificano gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra per i Paesi industrializzati sia in termini complessivi (pari al 5,2% rispetto al 1990) sia in termini specifici Paese per Paese (per la UE nel suo insieme la riduzione è del 8%, per l’Italia del 6,5%), Si definiscono, inoltre, le date entro cui devono avvenire le riduzioni per questa prima fase (anni: 2008-2012).

Per la seconda fase, obiettivi, modalità e tempi di riduzione relativi anche ai Paesi invia di sviluppo, si rimandano tutte le decisioni a negoziati da tenersi successivamente all’entrata in vigore della prima fase del Protocollo.
Il Protocollo di Kyoto stabilisce anche:
– i meccanismi (detti meccanismi flessibili) per raggiungere tali obiettivi sia nei casi di cooperazione all’interno dei Paesi sviluppati, sia nei casi di cooperazione tra Paesi sviluppati e Paesi in via di sviluppo,

– i meccanismi di finanziamento specifici e le modalità di finanziamento,

– gli organi di governo e di gestione del Protocollo e di controllo per l’effettiva attuazione degli obblighi prescritti, dotandoli tali organi degli opportuni regolamenti di attuazione e di verifica/controllo.

Accerchiati dal fuoco

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Negli ultimi anni le foreste indonesiane hanno perso oltre tre milioni di ettari a causa d’incendi devastanti. Molti sono stati appiccati per cancellare le tracce dei tagli illegali oppure per ricavare terreno agricolo, tanto che lo stesso ministero per le Foreste ne ha indicato come responsabili ben 176 tra latifondisti agrari e compagnie del legname.
Il 1997 è ricordato come annus horribilis per le foreste tropicali di tutto il mondo: ovunque si accendevano focolai che divampavano per giorni e giorni, favoriti dall’estrema siccità provocata dalla corrente El Niño.
In Indonesia il fuoco ha decimato la popolazione di orangutan, arsi vivi oppure uccisi dagli abitanti dei villaggi che li vedevano arrivare a frotte, come impazziti.
La strage continua tuttora, perché la deforestazione sta trasformando le foreste umide in habitat secchi ove i roghi si propagano agevolmente.
I sopravvissuti vengono raccolti da volontari e trasportati ai centri di Wanariset e Pasir Panjang per le cure e la riabilitazione. Ne arrivano a decine ogni settimana e molti sono cuccioli, straziati dalle ustioni e traumatizzati per la perdita di ogni certezza, dalla presenza rassicurante della madre alle interazioni tipiche delle società di Primati.

I Concorsi e gli appuntamenti con le Scuole

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Due i concorsi promossi quest’anno nell’ambito della Regata dei Cetacei allo scopo di far conoscere il Santuario dei Cetacei e promuovere il rispetto del mare e dei suoi abitanti. Il primo, espositivo, dedicato alle scuole di ogni ordine e grado ed il secondo, fotografico, per gli amanti della natura che hanno immortalato nei propri scatti il mondo marino.
Al concorso fotografico, intitolato «Messa a fuoco sul mare: foto dal Mediterraneo» hanno partecipato appassionati, giovani e meno giovani, con immagini, a colori o in bianco e nero, del mondo marino del Mediterraneo. Le foto verranno esposte all’interno delle tensostrutture della manifestazione durante la Festa della Vela. Il vincitore del concorso riceverà come premio una fotocamera digitale, una giornata di avvistamento cetacei ed un week-end in barca a vela. Un comitato d’onore formato da esperti del settore, rappresentanti delle istituzioni, giornalisti di tv e stampa, giudicherà le foto inviate.
Alle scuole di ogni ordine e grado ed ai gruppi di studenti universitari (sia italiani sia stranieri) è riservato il concorso espositivo «Delfini, Balene e Pesci: rappresenta il mondo marino ed i suoi abitanti» per il quale sono stati presentati numerosi lavori (provenienti da istituti di tutta Italia) sotto forma di poster, cartelloni fotografici o disegni. Anche queste opere verranno esposte all’interno di tensostrutture in occasione della Festa della Vela. I gruppi vincitori del concorso riceveranno come premio una giornata di avvistamento di delfini o balene.
Sempre per le scuole i biologi marini del Cetus terranno, tra il 4 ed il 7 aprile, lezioni sui cetacei per gli studenti delle scuole presenti a Viareggio in gita d’istruzione. I ragazzi avranno la possibilità di visitare anche il catamarano Krill che il Ce.Tu.S. utilizza per la propria attività di ricerca sui cetacei. L’imbarcazione è infatti attrezzata con sofisticate apparecchiature in grado di registrare e selezionare la «voce» dei delfini e filmarne il comportamento in acqua.

EU: Experts support the creation of a European Research Council

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Experts support the creation of a European Research Council
An expert group set up by the European Commission to examine the likely impact of a European Research Council has found that a pan-European mechanism funding frontier research would have a major effect on the level of excellence of research in Europe. In their view, a European Research Council would be arguably the single most important means to remedy Europe’s current weakness in high-quality research and in new, fast-developing research areas. This report comes only a short time after the European Commission’s proposal for such a mechanism as part of its proposals for the 2007-2013 Framework Programme for Research and Development, and supports the approach to this new body taken by the Commission.

The report “Frontier Research: The European Challenge” is the result of the work of a high-level group set up by the Commission, chaired by William C. Harris of the Science Foundation Ireland, and composed of eminent scientists, research managers and economists from Europe and the United States. The group was asked to examine the effects and benefits of creating a new European funding mechanism to support the very best research carried out at the frontiers of knowledge.

The report identifies a series of key challenges facing European research that a European Research Council (ERC) could help address. These include:

* Reinforcing excellence, with a focus on new, fast-growing research areas
* Staying ahead in a world of growing scientific and technological competition
* Linking science to technological innovation
* Competing for talent and attracting the best researchers
* Encouraging greater investment from the private sector

The High Level Group of experts also identified a number of important impacts and benefits above and beyond what can be achieved by national funding mechanisms:

* The ability to recognize, encourage and support the best talent through direct competition at pan-European level
* Selectivity and agility, enabling resources to be focused on excellent research in the most promising areas for the future
* Providing high status and visibility for truly excellent research leaders
* Dynamic structural effects on the European research system by helping national research structures to adapt to the evolving European Research Area
* Economic benefits by nurturing science-based industry and attracting more R&D intensive firms in Europe
* Benefits to society from investing quickly in the knowledge necessary to tackle major issues.

The group also concluded that the potential benefits of the ERC could not be realised by other means. Unless Europe makes a commitment to frontier research, it risks becoming a continent of imitators rather than innovators.

The Commission has proposed the establishment of an ERC within its proposal for the next Framework Programme for Research. An


Identification Committee, composed of independent experts from the world of science and chaired by Lord Patten of Barnes, is currently in the process of identifying possible members of the Governing Council of the ERC, who will be the guarantors of the autonomy and focus on excellence that are fundamental to its success.

Sostanze pericolose in giocattoli, maglie e detergenti per bambini

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Ftalati, alchilfenoli, muschi sintetici, elementi organostannici. Questi i nomi dei composti potenzialmente pericolosi per la salute che sono stati trovati da Greenpeace. Possono causare danni al fegato, reni e ai testicoli ed alcuni sono classificati tossici per la riproduzione

Un danno incalcolabile alle foreste

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Nel frattempo, secondo la denuncia del governo in esilio, i Tibetani vengono progressivamente allontanati dal settore forestale. Non solo, ma per usufruire del legname, i Tibetani devono richiedere speciali permessi al Dipartimento delle Foreste, pagare tutta una serie di balzelli e reimpiantare lo stesso numero di alberi che hanno abbattuto. Sono invece favoriti gli imprenditori, o chiunque possa permettersi di versare una somma congrua al giusto ufficiale del Dipartimento. In questo modo si ottiene automaticamente l’autorizzazione a tagliare e trasportare sino a cento carichi di legname.
In realtà non esiste limite alle quote in uscita, perché i controlli sono superficiali e, comunque, viziati dal sistema della corruzione. Esse vengono per lo più esportate in Cina e in parte sprecate lungo il tragitto, perché persi o abbandonati sul ciglio delle strade e lungo le rive dei fiumi.
La deforestazione concorre con l’agricoltura intensiva e le attività minerarie all’erosione del suolo; attualmente i tassi di sedimentazione per il Fiume Giallo, il Brahmaputra, lo Yangtze e l’Indo sono tra i più pesanti al mondo. Secondo il World Watch Institute la perdita dell’85% della ricchissima copertura forestale nella regione dell’Amdo fa sì che lo Yangtze scarichi nel Mar Cinese Orientale enormi quantità di limo, qualcosa come 500 milioni di tonnellate l’anno che equivalgono alla somma dei sedimenti del Nilo, del Rio delle Amazzoni e del Mississippi. La conseguenza più immediata è l’innalzamento dei corsi d’acqua, responsabile di inondazioni devastanti, come quelle del Brahmaputra nel 1998, dello Yangtze nel 1999 e le alluvioni che si susseguono con cadenza annuale nel Bangladesh.
La deforestazione incide anche sul ciclo dei monsoni, che scandisce i ritmi di vita dell’Asia meridionale e condiziona la sopravvivenza di milioni di persone. L’arrivo delle grandi piogge è visto come un dono del cielo e, quando c’è una pausa nel diluvio, ci si affretta a seminare. Tuttavia, quando le piogge sono eccessive, le messi marciscono e le acque invadono le campagne. Se il regime dei venti periodici non è regolare, i danni sono enormi: quando il monsone estivo «salta» una stagione, si verificano una carestia nell’immediato e inondazioni l’anno successivo, perché i suoli sono coriacei a causa dell’aridità e non riescono a drenare le piogge. Inoltre il microclima dell’Altopiano influenza le correnti a getto che, a loro volta, sono collegate al fenomeno de «El Niño» e ai tifoni dell’oceano Pacifico.

I «numeri» in Puglia

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In Puglia in effetti si sta esagerando. Fino al 2002 sono state realizzate 377 torri eoliche concentrate tutte nel Subappennino dauno, per una potenza complessiva nominale di 220 MW e poiché sono progetti presentati per gruppi, non devono essere sottoposti alla Via, né sono il risultato di pianificazioni o programmazioni.
Dal 2002 al 2004 sono stati presentati altri 37 progetti per tutto il territorio regionale per non meno di 700 torri. Di questi solo uno ha avuto la Via.

Poi c’è il caso del Parco dell’Alta Murgia. È proprio qui che il Comune di Minervino Murge intende realizzare l’impianto più grande previsto in Italia: 252 torri da 2 MW, alte 110-122 m, 50-60 km lineari di strade su un’area di 2.500 ha. Saranno movimentati circa 640mila metri3 di terra e roccia, edificati 15mila metri3 di fabbricati di servizio e utilizzati oltre 300mila metri3 di acciaio e cemento. Tutto questo per buona parte si trova in un’area di alto valore naturalistico, in un habitat di prioritario interesse comunitario, l’area è interna al Sic?Zps «MurgiaAlta» area d’interesse comunitario inclusa nella Rete Natura 2000 ed è all’interno del parco nazionale dell’Alta Murgia ed è stata individuata come Iba (Important bird area) «Murge».

Dritti al nucleo. La fisica tra guerra e pace

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«Non dimenticate di dire che io sono un pacifista convinto, che crede che il mondo ne abbia abbastanza della guerra». Così, Albert Einstein si raccomandava a un giornalista durante un’intervista, nel 1921. Ma il mondo, al tempo, non aveva idea di quanto sarebbe accaduto negli anni a seguire. Un conflitto bellico di proporzioni mondiali che si concluderà con i tragici bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki. Le conseguenze catastrofiche di quei giorni di 60 anni fa non sono bastate però a evitare la proliferazione di armi e di conflitti, fino ai nostri giorni. Quali sono state le responsabilità degli scienziati nello sviluppo della ricerca sul nucleare? Cosa ha fatto la scienza per contrastare la corsa agli armamenti? Oggi, gli scienziati possono contribuire a realizzare, come sognava Einstein, un mondo senza armi?
Il dibattito sarà l’occasione per celebrare l’anno mondiale della Fisica, voluto dall’Unesco per in occasione del centenario dell’annus mirabilis di Albert Einstein, che nel 1905 pubblicò la teoria della relatività ristretta, l’ipotesi del quanto di luce e l’ipotesi del moto browniano; il 60° anniversario del lancio della bomba atomica; i 50 anni dalla costituzione del movimento internazionale degli scienziati per la pace, il «Pugwash», attivo, dal 1955 a oggi per l’abolizione delle armi nucleari. Un’occasione da non perdere per riflettere sul significato e sulle implicazioni odierne del complesso rapporto che, nel corso del XX secolo, si è venuto creando tra scienza e società.

Qualità dell’aria

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La Commissione ha inviato un altro parere motivato sollecitando l’Italia ad effettuare misurazioni del particolato (PM10) e ad informare il pubblico dei livelli di inquinamento nel comune di Civitavecchia (Roma). L’Italia sta violando la normativa UE sulla qualità dell’aria che stabilisce che, a determinate condizioni, gli Stati membri devono misurare le concentrazioni di alcuni inquinanti atmosferici, compreso il PM10, e garantire che questi dati siano regolarmente comunicati al pubblico.
Il PM10 sono particelle di piccole dimensioni trasportate dall’aria che sono principalmente prodotte dalla combustione di benzina e diesel dei veicoli a motore e da altri processi di combustione. Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità, sul lungo termine l’esposizione alle concentrazioni di PM10 comunemente rilevate nelle zone urbane può ridurre l’aspettativa di vita aumentando i rischi di patologie cardio-polmonari e di cancro al polmone. È pertanto fondamentale effettuare correttamente le misurazioni e darne comunicazione al pubblico.

Nel luglio 2004 è stato trasmesso all’Italia un parere motivato. Adesso ne è stato inviato un altro per ricordare alle autorità italiane che Civitavecchia rientra in una zona nella quale le misurazioni sono obbligatorie e l’inquinamento da PM10 è effettivamente superiore ai valori limite che ne impongono il rilevamento ai sensi della normativa UE in materia.
In un altro caso la Commissione ha inviato un parere motivato perché l’Italia non aveva misurato le concentrazioni di PM10 e di piombo nell’atmosfera nella città di Brindisi. Anche in questo caso si tratta di una violazione della già citata legislazione in materia di qualità dell’aria.

Per saperne un po’ di più

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Il primo, magico approccio con una «Mazza di tamburo» o con una «Muscaria» non può non evocare il mondo incantato dei folletti e di Peter Pan. Poi, si imparano ad apprezzare le squisite sfumature di sapore che si nascondono dietro alle specie commestibili, e si desidera saperne di più. Libri e manuali illustrati costituiscono un valido sussidio per coloro che si avvicinano al mondo della micologia, anche se non bisogna mai dimenticare i danni, a volte anche irreparabili, prodotti dall’imprudente presunzione di esperienza acquisita esclusivamente attraverso la consultazione di foto e descrizioni.
Numerosi sul mercato sono i volumi divulgativi che si occupano di micologia; tuttavia chi intende acquistare un libro sui funghi dovrebbe innanzitutto orientarsi su un testo che contenga illustrazioni fotografiche (in linea di massima preferibili ai disegni), meglio se a colori, di esemplari «catturati» nel loro habitat. In secondo luogo, il testo deve contenere riferimenti precisi al luogo, all’ambiente ed al periodo preferenziale di crescita, nonché un’accurata descrizione della morfologia e delle caratteristiche di ogni singola specie. Inevitabile è il riferimento alla commestibilità o alla tossicità del fungo.
Il testo sacro della micologia italiana è rappresentato dai volumi di Bruno Cetto, «I funghi dal vero» (edito da Saturnia); la collana è costituita da 7 volumi, ma i primi due costituiscono il cardine dell’opera.
Si trovano oltre 500 illustrazioni a colori nel libro «Funghi», di Giovanni Pacioni (Mondadori). Di semplice consultazione anche «Andar per funghi», di Silvano Landi (CieRre) e «Il libro dei funghi d’Italia» di Antonio Testi (edizioni Demetra), essenziale nel numero delle schede (170) ma molto curato, e ricco di ricette a tema: ideale per un primo approccio.

(Fonte Corpo forestale dello Stato)

La risposta della Regione

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La ringraziamo per aver scelto la nostra Regione, che Lei definisce bellissima, quale meta per le sue vacanze.
E veniamo subito al punto dolente che Lei evidenzia, atteso che la lotta tra cani e i macelli abusivi sono fenomeni criminali che, aggiunti alla delinquenza organizzata, appartengono a tante diverse realtà, non essendo unicamente una nostra prerogativa.
In effetti gli animali maschi, neonati di specie bufalina, fanno una brutta fine, il problema esiste ed è noto, ma è molto complesso nella soluzione: proviamo a spiegarlo.

Il bufalo maschio nell’allevamento bufalino è utilizzato solo per l’accoppiamento atteso che l’interesse per l’allevatore è rivolto solo alla femmina che produce il latte.
I nascituri di sesso maschile, fatto salvi quelli utilizzati per la riproduzione, costituiscono per l’azienda solo un costo senza beneficio.
Questa condizione, aggiuntiva alla spesa che comporta lo smaltimento di carcasse regolarmente macellate, così come prevede la normativa vigente, rende questi allevatori senza scrupoli degli impietosi omicidi.
Reprimere il fenomeno non è facile, in quanto gli animali così tragicamente eliminati non sono identificabili poiché sforniti di marca auricolare e quindi non riconducibili ad un proprietario da perseguire legalmente.
L’unica soluzione che risolve definitivamente il problema è quello di tentare di dare un mercato a questi animali.
Forse ci siamo riusciti: in concreto si attiverà ad ottobre p.v. un grosso impianto di macellazione a Grottaminarda, in provincia di Avellino, che è disponibile a raccogliere e macellare questi poveri animali per poi destinarli alle industrie che fanno cibo per piccoli animali.

Ci risulta anche che sono in atto sperimentazioni di allevamento di piccoli bufalotti per farne animali da ingrasso da destinare all’alimentazione umana.
Per intanto abbiamo richiesto controlli serrati, sia alle forze dell’ordine che ai servizi delle AA. SS. LL. nel tentativo se non di eliminare, almeno di ridurre al minimo il barbaro fenomeno.

In tempi brevi infine dovremmo risolvere radicalmente il problema ed eliminare questa vergognosa situazione che rende incivile la nostra comunità.
Egregia signora, nel salutarla cordialmente la aspettiamo per una prossima vacanza, con la certezza che potrà venire in Campania, non solo a gustare la nostra impareggiabile mozzarella, ma anche a compiacersi con noi per essere riusciti ad eliminare spettacoli così turpi e nefandi.