Spugna da bagno

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Oltre alla pesca massiccia si sono aggiunti una serie di epidemie presumibilmente batteriche che soltanto negli ultimi trenta anni hanno comportato la distruzione e lo spiaggiamento di milioni di individui lungo le coste italiane. Da qui l’inserimento nella lista delle specie animali che richiedono specifiche misure gestionali (Convenzione di Berna e Convenzione di Barcellona)

Spongia officinalis, la spugna da bagno per antonomasia, afferisce al primitivo phylum Porifera ed è un organismo molto semplice privo di veri e propri tessuti, organi ed apparati. Di forma generalmente massiva e colore nero o grigio a seconda dell’esposizione alla luce, è un organismo sessile saldamente attaccato al substrato, che filtra l’acqua da cui trattiene le particelle organiche di cui si nutre come batteri e piccoli protozoi. La capacità di accumulare batteri anche patogeni sottraendoli dall’ambiente circostante fa di questa spugna un possibile biorimediatore in acque soggette a pesanti carichi organici ed elevate concentrazioni batteriche.

Cresce su fondali rocciosi anche profondi e tende ad essere gregaria, costituendo popolazioni discontinue caratterizzate da gruppi di esemplari di dimensioni variabili sparsi sul substrato. Banchi spongiferi sono presenti fin da pochi metri dalla superficie su fondali ben illuminati e scarsamente colonizzati, ma si rinvengono anche più in profondità nella ricca comunità del coralligeno o nelle grotte sommerse o ancora più raramente nelle praterie di Posidonia oceanica, dove gli esemplari crescono attorno ai rizomi della pianta marina.

All’interno del corpo della spugna, trova rifugio e protezione un numero elevatissimo di specie endobionti, principalmente molluschi bivalvi e anellidi policheti sedentari ed erranti. Più rari sono i fenomeni di epibiosi, poiché S. officinalis è in grado di sintetizzare potenti tossine ad azione citotossica che utilizza per contrastare la crescita di altri organismi in competizione per lo spazio. E proprio alcune di queste potenti tossine sono state isolate per sviluppare composti ad attività antitumorale.
Tra le sue particolarità, S. officinalis possiede un ciclo riproduttivo estremamente improbabile per un organismo così primitivo. È una specie prevalentemente gonocorica con esemplari maschili e femminili che producono rispettivamente spermi e uova. Gli spermi durante l’autunno vengono liberati e filtrati dagli esemplari femminili. L’uovo fecondato origina un piccolo embrione che insolitamente non si trasforma subito in larva e non viene emesso in acqua ma resta all’interno dell’organismo genitore per circa 8 mesi, quasi quanto una gestazione umana! Al momento dell’emissione la larva matura migra alla periferia della spugna per fuoriuscirne e divenire libera e natante. Una breve fase planctonica di 24-48 ore precede quella di fissazione al substrato, durante la quale la piccola larva si metamorfosa in una giovane spugna che incomincia a produrre uno scheletro di sostegno di natura proteica.

Per il suo scheletro di spongina molto morbido ed elastico con elevato potere assorbente la specie è da secoli oggetto di prelievo da parte dell’uomo. Fino alla metà del secolo scorso, la pesca della spugna lungo le coste italiane riguardava quantitativi dell’ordine del centinaio di tonnellate di prodotto secco per anno. Con l’avvento delle spugne sintetiche la richiesta del mercato non è diminuita anzi, la contestuale diffusione delle tecniche in immersione ha permesso un prelievo più capillare e diffuso. All’overfishing si sono aggiunti una serie di epidemie presumibilmente batteriche che soltanto negli ultimi trenta anni hanno comportato la distruzione e lo spiaggiamento di milioni di individui lungo le coste italiane. La drastica rarefazione delle popolazioni naturali di S. officinalis ne ha determinato l’inserimento nella lista delle specie animali che richiedono specifiche misure gestionali (Convenzione di Berna e Convenzione di Barcellona).