Ripristino barriere coralline, su Prime Video il documentario Reef Builders

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(Adnkronos) – Le storie delle persone e delle comunità impegnate nel salvare le barriere coralline, un ecosistema vitale ma sempre più minacciato: è ora disponibile in streaming su Prime Video il documentario Reef Builders. Presentato da Sheba, il documentario esplora il programma Sheba Hope Grows, uno dei più grandi progetti di ripristino delle barriere coralline al mondo, guidato da Mars Sustainable Solutions (Mss). Attraverso spettacolari immagini fotografiche, sia terrestri che subacquee, il film racconta le sfide quotidiane, le soluzioni innovative e la speranza di chi lavora per proteggere uno degli ecosistemi più importanti per la biodiversità marina. (Video) Il film inizia con la storia di successo più conosciuta del programma, il ripristino della Hope Reef in Indonesia. Hope Reef è stata costruita grazie a un’invenzione semplice ma rivoluzionaria: una struttura in acciaio chiamata Reef Star, che ha trasformato un fondale distrutto e ricoperto di macerie coralline in una barriera corallina rigogliosa. Attraverso le testimonianze dirette dei volontari locali impegnati nella salvaguardia delle loro barriere coralline, gli spettatori scopriranno come il team di Mss, guidato da David Smith, stia collaborando con le comunità costiere e le Ong per ampliare il progetto su scala globale e ottenere un impatto ancora maggiore.  Il documentario restituisce un quadro realistico delle sfide e delle difficoltà affrontate, così come dei successi e dei traguardi raggiunti, mettendo in luce la speranza, l’impegno costante e il potenziale trasformativo di uno dei più grandi e ambiziosi programmi di formazione per il restauro mai realizzati (Mss Impact Report, 2024).  “Reef Builders racconta non solo un progetto di ripristino ambientale, ma una visione concreta del futuro che Mars intende contribuire a costruire. Attraverso la visibilità e il seguito dei nostri brand, disponiamo di una piattaforma di grande impatto, e sentiamo la responsabilità di metterla al servizio di un cambiamento positivo – ha affermato Aldo Mastellone, Corporate Affairs Senior Manager di Mars Italia – Il lancio del documentario Reef Builders rappresenta un momento significativo nella missione del programma Sheba Hope Grows. Con questo progetto vogliamo ispirare ed educare un numero sempre maggiore di persone sull’importanza di sostenere il ripristino delle barriere coralline”.  Le barriere coralline, spesso chiamate le 'foreste pluviali del mare', sono oggi in grave pericolo. Gli scienziati stimano che, senza interventi concreti, entro il 2043 il 90% delle barriere coralline tropicali del pianeta potrebbe scomparire (Icri), con gravi conseguenze per il 25% della vita marina (Epa) e per circa un miliardo di persone che dipendono direttamente o indirettamente dai servizi ecosistemici che esse offrono, come la protezione delle coste e la sostenibilità delle risorse ittiche (Noaa).  Diretto e prodotto da Stephen Shearman, con i produttori esecutivi Victoria Noble e Ben Padfield, e l’attrice e attivista ambientale Auli’i Cravalho in veste di produttrice associata, Reef Builders accompagna gli spettatori in un viaggio che tocca Bontosua (Indonesia), Lamu (Kenya), la Moore Reef (Australia) e l’isola natale di Auli’i, O’ahu (Hawai’i), offrendo uno sguardo senza precedenti sulla lotta per salvare le barriere coralline del pianeta. —sostenibilitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

La coltivazione dell’ulivo in Sicilia già 3700 anni fa

Tempo di lettura: 2 minuti֎Le prime tracce di sfruttamento in Italia scoperte dall'Università di Pisa. La testimonianza è la più antica di tutto il Mediterraneo dopo quella di Malta che risale a 5000 anni fa֎

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Tracciata la strada di un lento disfacimento

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Un racconto di Vittorio Catani, quasi un presagio

֎Il dibattito sulle picconate che Trump sta dando al sistema della globalizzazione e all’oscuro futuro che ci aspetta, mi ha portato alla mente un gustoso e lungimirante racconto di Vittorio Catani, che pubblicammo su «Villaggio Globale» nel numero 46 del 2009֎

La sostenibilità tra ambiente, società e governance

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֎Opportunità e sfide nel nuovo volume del Dipartimento di Economia e Diritto dell’Università di Macerata. Il libro, pubblicato in open access da Eum e a cura dei prof. Massimo Biasin, Emanuela Giacomini e Nicoletta Marinelli, analizza le politiche energetiche, l’impatto delle attività antropiche sul cambiamento climatico e l’integrazione dei criteri Esg nelle strategie finanziarie֎

Eravamo alberi

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֎Il percorso espositivo è un’immersione nell’immaginario dell’artista che, con visioni inattese e a tratti fiabesche, esplora territori immaginari, interconnessioni sotterranee, ramificazioni e tracce del tempo֎

Giornata mondiale dell’acqua 2025, dedicata alla conservazione dei ghiacciai

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(Adnkronos) – Il 22 marzo si celebra la Giornata mondiale dell’acqua. Istituito dalle Nazioni Unite nel 1992, il World Water Day 2025 è dedicato alla ‘Conservazione dei ghiacciai’. “I ghiacciai si stanno sciogliendo più velocemente che mai – si legge sul sito Onu dedicato alla giornata – Mentre il Pianeta si riscalda a causa del cambiamento climatico, le zone ghiacciate si sta restringendo, rendendo il ciclo dell'acqua più imprevedibile ed estremo. Il ritiro dei ghiacciai minaccia devastazione. Per miliardi di persone, i flussi di acqua di disgelo stanno cambiando, causando inondazioni, siccità, frane e innalzamento del livello del mare, danneggiando gli ecosistemi. La conservazione dei ghiacciai è una strategia di sopravvivenza. Dobbiamo lavorare insieme per ridurre le emissioni di gas serra e gestire l'acqua di fusione in modo più sostenibile per le persone e il Pianeta”. Se non ridurremo le emissioni di gas serra, nel 2050 avremo perso quasi la metà (il 48,5%) della superficie attualmente coperta dai ghiacciai sulle Alpi italiane, mentre nel 2100 dovremo dire addio alla quasi totalità (il 94%) della superficie dei nostri giganti bianchi. È quanto emerge dal rapporto 'Ghiacciai italiani, addio' diffuso da Greenpeace Italia.  Il 2024 è risultato un anno molto piovoso. Ad affermarlo è il Bigbang, modello nazionale di bilancio idrologico di Ispra che fornisce il quadro quantitativo sulla risorsa idrica dal 1951. Il volume totale annuo di precipitazioni è stato stimato dall’Ispra in circa 319 miliardi di metri cubi (corrispondenti a 1.056 mm), superiore di oltre il 10% alla media annua riferita all’ultimo trentennio climatologico 1991-2020, stimata in circa 285 miliardi di metri cubi (951 mm). A livello territoriale, nel Meridione e nelle isole maggiori la riduzione idrica è stata del -49% nel distretto idrografico della Sicilia, del -55% nel distretto della Sardegna e del -39% nel distretto dell’Appennino Meridionale. Situazione rovesciata invece nel Nord Italia, dove troviamo Piemonte, Veneto e Liguria che nel 2024 hanno visto un surplus annuo di precipitazione superiore al 40%, rispetto alla media di lungo periodo. Secondo i dati del Bigbang, nel nostro Paese la disponibilità complessiva di risorsa idrica nell’anno 2024 è stata stimata in 158 miliardi di metri cubi, a fronte di un valore medio annuo di 138 miliardi di metri cubi (+14%). Questa maggiore disponibilità complessiva è, tuttavia, da attribuire alle elevate precipitazioni verificatesi al Nord. Permane, a livello nazionale, un trend decrescente, dal 1951 a oggi, della disponibilità annua di risorsa idrica.   “L’acqua è fonte di vita, ma è una risorsa esauribile. Nel nostro G7 Clima, Energia e Ambiente, ad aprile scorso, abbiamo creato la Water Coalition: l’obiettivo sono strategie comuni per definire insieme percorsi di azione rispetto al cambiamento climatico, che incide sulla biodiversità, il degrado e la disponibilità della risorsa”. Così il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, intervenendo nell’Aula Gruppi Parlamentari della Camera dei Deputati al convegno 'Acqua: cura della risorsa e accesso universale'. “L’Italia vuole essere in prima fila”, ha spiegato il ministro, ricordando il Forum Euromediterraneo sull’Acqua che si terrà nel 2026 a Roma e la Seconda Ministeriale sull’Acqua dell’Unione per il Mediterraneo, assegnata all’Italia sempre nello stesso anno. “Portiamo avanti – ha detto – 18 impegni volontari della Water Conference di New York del 2023, nove del Mase e altrettanti del ministero degli Esteri, per un impegno finanziario complessivo di 6 miliardi di dollari. Siamo attivi nella cooperazione, molto sui Balcani e con l’Africa nell’ambito del Piano Mattei”.  Tra imprese, agricoltura e settore energetico, la filiera estesa dell’acqua ha un peso sempre più rilevante per l’economia italiana: dalle risorse idriche 'dipende' il 20% del Pil italiano, un valore che ha superato i 383 miliardi di euro. A conclusione dei lavori della sesta edizione della Community 'Valore Acqua per l’Italia' di Teha (The European House-Ambrosetti), sono stati presentati il Blue Book 2025 realizzato dalla Fondazione Utilitatis e promosso da Utilitalia che comprende tutti i dati relativi al servizio idrico integrato, e il Libro Bianco 2025 'Valore Acqua per l’Italia' di Teha con un focus specifico sul ciclo idrico esteso che, tra servizi, consorzi di bonifica e irrigazione, software e tecnologie, macchinari, impianti e componenti, vale 11 miliardi di euro. La filiera estesa dell'acqua è in crescita mediamente del 5% all'anno e dal 2015 a oggi coinvolge 1,5 milioni di imprese italiane. Per quanto riguarda invece i gestori del servizio idrico integrato, dal 2021 al 2023 sono stati realizzati investimenti per circa 7,1 miliardi di euro, cifra che, come emerge dal Blue Book 2025 sale a 13,2 miliardi se si considerano gli interventi programmati per il biennio 2024-2025.  —sostenibilitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Il Dna antico rivela che le popolazioni resistettero all’onda neolitica

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Tempo di lettura: 3 minutiUno studio Cnr-Ispc sul Maghreb orientale ֎Nonostante l’arrivo di agricoltori e allevatori dall’Europa e dall’Asia sud-occidentale, le popolazioni autoctone di quest’area del Nord Africa conservarono un’identità genetica distintiva e mantennero […]

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Stiamo perdendo il rispetto di noi stessi

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֎Fare un danno alla natura, all’ambiente, ignorare i dati scientifici e far diventare l’ecologia uno strumento politico non è un vantaggio per il nostro futuro e per i nostri figli ma uno stupido atto di autolesionismo. On line il primo numero di quest’anno del nostro Trimestrale dedicato al Verde. Tutti gli altri, sempre sulla tematica del Rispetto, si occuperanno di Acqua, Mare, Aria֎

Preoccupazioni ambientali, cambiamenti climatici in testa

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(Adnkronos) – Cambiamenti climatici in cima alle preoccupazioni degli italiani. A seguire l’inquinamento dell’aria. In salita il dissesto idrogeologico dopo le conseguenze degli eventi estremi dell’anno passato. Istat presenta il report ‘Preoccupazioni ambientali’: “Nel 2024 i cambiamenti climatici si confermano il problema, in tema ambientale, che maggiormente preoccupa i cittadini con più di 14 anni, confermando un primato ormai decennale. Manifestano questa attenzione quasi sei persone su 10 di 14 anni e più (58,1%), dato stabile rispetto al 2023”. “Seguono i problemi legati all’inquinamento dell’aria, avvertiti dal 51,9% della popolazione, dato in aumento di 2 punti percentuali rispetto all’anno precedente – si legge – Meno frequenti sono la preoccupazione per lo smaltimento e la produzione dei rifiuti (38,1%), quella per l’inquinamento delle acque (37,9%) e quella per l’effetto serra e il buco nell’ozono (32,6%), preoccupazioni stabili rispetto agli anni precedenti. Altri aspetti preoccupano meno di tre persone su 10: in fondo alla graduatoria ci sono le preoccupazioni per l’inquinamento elettromagnetico, per la rovina del paesaggio e per le conseguenze del rumore sulla salute”.

L’attenzione al dissesto idrogeologico, sebbene scesa di interesse nel periodo in esame (dal 34,3% nel 1998 al 28,5% della popolazione di 14 anni e più nel 2024), registra un aumento di 2 punti percentuali nel 2024 (contro il 26,5% del 2023), dopo una crescita di oltre 4 punti percentuali tra il 2023 e il 2022. Le conseguenze degli eventi estremi, che hanno colpito l’Italia anche nel 2024, in Emilia Romagna e altre regioni del Nord, sono alla base dell’aumento dei livelli di preoccupazione per questo indicatore fa notare Istat – nel 2024 si riscontra un aumento sul 2023 pari a 8,7 punti percentuali in Emilia Romagna e di 4 punti nelle regioni del Nord nel complesso.  Rispetto all’inquinamento del suolo, dell’acqua e alla distruzione delle foreste il problema più sentito negli anni presi in esame è l’inquinamento delle acque, che interessa in maniera costante circa il 40% delle persone. La distruzione delle foreste, che preoccupava nel 1998 il 25,2% della popolazione, scende al 20,6% nel 2024. Continua a preoccupare stabilmente oltre due cittadini su 10 la questione dell’inquinamento del suolo (dal 20,3% nel 1998 al 22,2% nel 2024).  Istat analizza, poi, anche i comportamenti ecocompatibili e gli stili di vita e di consumo. “L’attenzione alla conservazione delle risorse naturali, nel 2024, coinvolge una quota molto elevata di persone sopra i 14 anni. Sebbene si assista a una lieve discesa rispetto all’anno precedente, la quota di quanti fanno un uso virtuoso e senza sprechi di energia è pari al 71,4% (rispetto al 72,8% del 2023), mentre il 68,8% adotta un comportamento analogo rispetto all’utilizzo di acqua (69,8% nel 2023). Stabile, intorno al 50%, è la quota di quanti adottano abitualmente comportamenti di guida non rumorosa al fine di limitare l’inquinamento acustico.

Mostrano attenzione ai temi della sostenibilità ambientale anche il 36,4% della popolazione che legge le etichette degli ingredienti e il 23,5% che acquista prodotti a chilometro zero”, si legge.  “Nel Nord è più elevata rispetto alla media nazionale la percentuale di persone che hanno abitudini virtuose legate alla mobilità: il 51,3% fa attenzione a non adottare comportamenti di guida rumorosi (47,8 nel Mezzogiorno) e il 20,2% sceglie mezzi di trasporto alternativi all’auto privata o ad altri mezzi di trasporto a motore privati (16,1% nel Mezzogiorno). Anche al Centro si nota un’attenzione verso comportamenti virtuosi nella mobilità (il 50,3% pone attenzione al rumore alla guida e il 17,4% usa mezzi di trasporto alternativi) – rileva Istat – I residenti nel Mezzogiorno si distinguono invece per l’elevata frequenza di acquisto di alimenti e prodotti locali (29,8% contro 21,8% del Nord) e perché evitano l’uso di prodotti usa e getta (24,1% rispetto al 17,6%)”. —sostenibilita/tendenzewebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Tutela animali in Costituzione, ‘solo 20% degli atti rispetta il principio’

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(Adnkronos) – "A tre anni dall’inserimento del principio della tutela degli animali nella Costituzione, quasi l’80% degli atti approvati non rispetta il principio costituzionale richiamato dall’art.9 e solo il 20,5% è in linea con la riforma del 2022". A fare il punto è Legambiente con un’analisi sull’attività di intervento legislativo.  “Su 617 atti legislativi definitivamente approvati da metà febbraio 2022 al 31 gennaio 2024, sono 91, appena il 14,75%, quelli in cui si parla di animali. Di questi 91, quasi l’80% dei provvedimenti approvati in questi tre anni non ha dato seguito al principio costituzionale: in particolare il 67,12% degli atti legislativi non ha tenuto conto di questa novità costituzionale e il 12,33% è andato addirittura contro, peggiorando la tutela per gli animali. Solo il 20,55% degli atti approvati è andato nella direzione indicata dall’art. 9 della Costituzione”, ricostruisce l'associazione. Non solo. Un altro alert riguarda lo stallo in cui si trovano nuove proposte e disegni di legge: “Quelli migliorativi (64 pdl e 10 ddl) sono al momento quasi tutti bloccati".  Inoltre, quello che emerge dall’analisi di Legambiente, è "che a livello politico l’attenzione maggiore si concentra sugli animali d’affezione. Gli animali selvatici sono invece più quelli ‘sotto attacco’ a causa del bracconaggio e ancora privi di un’efficace e proporzionata tutela penale, a partire dalle specie protette”.  Per scattare questa fotografia Legambiente ha analizzato le banche dati della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, per vedere come i nuovi principi fondamentali costituzionali siano entrati (con le norme già approvate) o stiano bussando alla porta, con le proposte presentate, nell’ordinamento giuridico. L'analisi, che va dal 12 febbraio 2022 al 31 gennaio 2024, ha compreso le proposte avanzate dai governi Draghi e Meloni, dai Gruppi parlamentari, dai singoli parlamentari, nonché da iniziative di legge popolare o dei Consigli regionali. Tra gli atti approvati, parliamo di leggi, decreti legislativi, decreti-legge, decreti del presidente del Consiglio dei ministri e decreti ministeriali.  Con questa analisi, Legambiente vuole lanciare un invito a governo e Parlamento per il rispetto del principio costituzionale in fatto di tutela degli animali, “superando i ritardi accumulati in questi tre anni per la sua concreta attuazione e sbloccando l’iter delle diverse proposte di legge migliorative in stallo alla Camera e al Senato”. Tre le azioni prioritarie legislative che indica l’associazione chiedendo: “Lo stop al bracconaggio con l’inserimento nel Codice penale del delitto di bracconaggio con pene da tre a sei anni di reclusione, estendendo la sanzioni anche ai traffici di specie protette, come previsto dalla direttiva europea sulla tutela penale dell’ambiente; un’etichetta ‘Cage Free’ per i prodotti di origine animale che, con chiarezza e trasparenza, permetta la libera scelta ai consumatori e aiuti gli allevatori che investono in pratiche più rispettose del benessere degli animali; cure veterinarie accessibili a tutti attraverso un Piano nazionale, approvato in Conferenza Stato-Regioni, per l’assunzione di veterinari pubblici, il sostegno alle cure veterinarie delle famiglie e la sterilizzazione dei randagi, come previsto dalla legge 281/1990 ma mai efficacemente attuato”.  Guardando ai differenti gruppi di animali (d’affezione, da reddito, selvatici) interessati dagli atti legislativi approvati – spiega Legambiente – è emerso che per gli animali d’affezione un terzo (il 33,33%) è stato migliorativo, oltre la metà (il 55,55%) non ha tenuto conto della novità costituzionale e solo uno su dieci (l’11,11%) è stato peggiorativo. Per gli animali da reddito, meno di due su 10 (il 18,82%) sono stati migliorativi, sette su 10 (il 71,79%) non hanno tenuto conto della novità costituzionale e il 15,38% è stato peggiorativo. Per gli animali selvatici, meno di due su 10 (il 16,67%) sono stati migliorativi, quasi sette su 10 (il 69,44%) non hanno tenuto conto della novità costituzionale e il 13,89% è stato peggiorativo.  “L’Italia in fatto di tutela degli animali – sottolinea Antonino Morabito, responsabile nazionale benessere animale di Legambiente – con il voto parlamentare all’unanimità nel 2022 ha dato un bellissimo segnale all’Europa e al mondo intero: l’ha pienamente integrata nei principi fondamentali della Costituzione, accendendo il faro che deve illuminare la strada da seguire per tutta la produzione legislativa. Purtroppo, sino ad oggi, non è stato così e i dati che emergono da questa ricerca lo dimostrano. A tutte le forze politiche chiediamo un’assunzione di responsabilità per la piena attuazione del principio costituzionale richiamato dall’art.9, a partire dal ridurre l’enorme divario esistente tra noi e altri Paesi nel deciso contrasto normativo al bracconaggio e alle organizzazioni criminali che vi lucrano. L’effettiva ed efficace tutela degli animali coincide anche con la tutela della salute delle persone e dell’ambiente”. —sostenibilitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Le conchiglie fossili raccontano il clima del Paleozoico

Tempo di lettura: 3 minuti֎Un team di ricercatori dell’Università statale di Milano ha analizzato dal punto di vista geochimico conchiglie fossili di brachiopodi provenienti dall’Iran, che si sono dimostrate preziosi archivi di dati per aiutare […]

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Giornata mondiale Zone Umide, la minaccia della crisi climatica

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(Adnkronos) – "La crisi climatica minaccia il futuro delle zone umide e degli ecosistemi acquatici, scrigni di biodiversità e antidoti naturali contro gli eventi meteo estremi. A pesare, l’innalzamento del livello del Mediterraneo, che potrebbe portare alla sparizione di ampi tratti di costa che ospitano zone umide, come le lagune costiere alto-adriatiche (Delta del Po, Laguna di Venezia, Lagune di Grado-Marano e Panzano), il Golfo di Cagliari, la costa fra Manfredonia e Margherita di Savoia, e l’aumento di frequenza e intensità di periodi di siccità, che nel 2024 hanno messo in ginocchio soprattutto il sud Italia, la Pianura Padana e diverse aree fra Toscana, Umbria e Marche". A fare il punto è Legambiente che, raccogliendo i più recenti dati di studi internazionali e nazionali e i contributi dei circoli territoriali, pubblica il focus 'Ecosistemi acquatici 2025', a pochi giorni dalla Giornata mondiale delle Zone Umide 2025 del 2 febbraio (quest’anno dallo slogan 'Proteggere le zone umide per il nostro futuro comune – Valorizzare, proteggere, ispirare') Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Nature, l’Italia (che conta 57 zone umide d’importanza internazionale, distribuite in 15 Regioni) negli ultimi 300 anni (dal 1700 al 2000) ha già perso il 75% delle zone umide – ricostruisce l'associazione, analizzando diversi contributi – A livello globale, il report Ipbes stima che l’85% delle zone umide è oggi a rischio scomparsa e con esse 4.294 specie su 23.496 animali d'acqua dolce iscritti nella Lista Rossa Iucn, tra cui il 30% dei crostacei decapodi (gamberi, granchi, gamberetti), il 26% dei pesci d’acqua dolce e il 16% degli odonati (libellule, damigelle).  Nel focus Legambiente individua gli 'scrigni di cristallo', ovvero le zone umide più minacciate dalla crisi climatica. Come il Delta del Po (Veneto-Emilia-Romagna), che sta facendo i conti con la siccità, registrando nel 2022 il peggior periodo di magra idrologica e con l’innalzamento del livello del mare che sta provocando l’inquinamento delle falde acquifere da acqua salata (risalita del cuneo salino), con gravi ripercussioni sulla biodiversità, sull’agricoltura e sull’approvvigionamento idrico di intere comunità. Il Lago Trasimeno (Umbria) che, nell’estate 2024, ha visto ridurre del 40% la piovosità, con relativa diminuzione dei livelli delle falde e delle portate delle sorgenti, inferiori ai valori medi. In Basilicata, il Lago di San Giuliano (MT) che nel 2024 ha registrato una riduzione dei volumi d’acqua del 60-70%. In Sicilia, il Lago di Pergusa (EN), importante stazione di sosta per centinaia di specie di volatili durante il loro viaggio dall’Africa all’Europa e scrigno di ricchezze floro-faunistiche, durante la scorsa estate completamente prosciugato. Altro 'osservato speciale', nel Lazio, sono le 'piscine naturali' della Tenuta Presidenziale di Castelporziano (RM): dal 2000 persi già il 43% di questi importanti invasi d’acqua naturali chiusi (a riempimento periodico e/o saltuario e di modeste dimensioni), habitat fragilissimi, ricchi di macroinvertebrati, vertebrati e piante rare.  Ricordando "i ritardi dell’Italia nell’applicazione della Strategia dell’Ue sulla Biodiversità per il 2030 e della Nature Restoration Law", Legambiente chiede al governo "un serio impegno non solo nella messa a punto di risorse economiche e interventi su prevenzione, mitigazione e adattamento alla crisi climatica, ma anche nella protezione e nel ripristino degli ecosistemi acquatici e delle zone umide".  Tre le priorità: "Tutela del 30% degli ecosistemi acquatici e delle zone umide e protezione del 10% in maniera rigida entro il 2030, accelerando l’istituzione di nuovi parchi e riserve fluviali, a partire da quelli già previsti da leggi nazionali e regionali; gestione unitaria tra le aree naturali protette e la rete Natura 2000, affidando la gestione dei siti fluviali della Rete natura 2000 ai parchi e alle riserve esistenti; ripristino di almeno il 20% degli ecosistemi acquatici degradati, dando priorità a interventi Nature-based Solutions". Inoltre, il Cigno Verde chiede al governo di "non sprecare il 'secondo tempo' della Cop 16 (a Roma dal 25 al 27 febbraio) per arrivare ad un accordo sul finanziamento della protezione della natura nei Paesi poveri e, più in generale, su come mobilitare le risorse finanziarie per la biodiversità, per una piena ed efficace attuazione degli obiettivi di Kunming-Montreal (Cop 15)".  “In piena crisi climatica, il valore delle zone umide e degli ecosistemi acquatici cresce considerevolmente: oltre a conservare la biodiversità, immagazzinano grandi quantità di carbonio, assorbono le piogge in eccesso arginando il rischio di inondazioni, rallentano l’insorgere della siccità e riducono al minimo la penuria d’acqua – dichiara Stefano Raimondi, responsabile biodiversità Legambiente – Il governo italiano recuperi i ritardi nell’attuazione della Strategia per la biodiversità al 2030 e della Nature Restoration Law; una riforma, quest'ultima, che ha fortemente osteggiato ma fondamentale, che impone all’esecutivo di presentare, entro il 1° settembre 2026, un piano nazionale di ripristino alla Commissione europea per riportare da cattive a buone condizioni almeno il 30% degli habitat coperti dalla legge entro il 2030 e il 90% entro il 2050. Fondamentale anche per affrancarsi dal numero alto di richiami che riceve dall’Ue per il mancato rispetto delle direttive sulla biodiversità (come la direttiva Uccelli e il regolamento Reach)”.  —sostenibilitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Al via countdown per dimezzare lo spreco alimentare, è #tempodiagire

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֎Con la prossima Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare del 5 febbraio parte il conto alla rovescia dei 5 anni che ci separano dal 2030֎

Salvaguardia italiana per i tesori Inca

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Tempo di lettura: 2 minuti֎L’Ingv all’avanguardia nello studio degli effetti del cambiamento climatico e dei terremoti sul patrimonio archeologico peruviano. L’Italia guida la salvaguardia dei tesori Inca: il progetto Huacas tra innovazione e cooperazione […]

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Un Archivio della sismologia

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֎Al Museo Galileo di Firenze la presentazione del Polo Documentario Storico italiano della sismologia e meteorologia. Il progetto di conservazione e valorizzazione del patrimonio storico-scientifico nazionale con una banca dati digitale pubblica per condividere i documenti storici della sismologia e della meteorologia del nostro Paese, utili allo studio di soluzioni per la mitigazione dei rischi futuri֎

Clima, 2024 anno più caldo e il primo oltre il limite di 1.5°C

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(Adnkronos) – Il 2024 è stato l'anno più caldo mai registrato a livello globale ed il primo a superare il limite di 1,5°C sopra il livello preindustriale. E' quanto fa sapere il Servizio per il Cambiamento Climatico di Copernicus (Copernicus Climate Change Service – C3S), nel rapporto annuale Global Climate Highlights 2024. Il C3S è implementato per conto della Commissione europea dal Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio raggio (Ecmwf).  Per Carlo Buontempo, direttore del Copernicus Climate Change Service, “tutti i dati sulla temperatura globale prodotti a livello internazionale mostrano che il 2024 è stato l'anno più caldo dall'inizio delle registrazioni nel 1850. L'umanità è responsabile del proprio destino, ma il modo in cui rispondiamo alla sfida climatica deve basarsi sull'evidenza. Il futuro è nelle nostre mani: un'azione rapida e decisa può ancora modificare la traiettoria del nostro clima futuro”. “Ogni anno dell'ultimo decennio è uno dei dieci più caldi mai registrati – ricorda Samantha Burgess, Strategic Lead for Climate Ecmwf – Siamo ormai sull'orlo per superare il livello di 1.5°C definito nell'Accordo di Parigi e la media degli ultimi due anni è già al di sopra di questo livello. Queste alte temperature globali, unite ai livelli record di vapore acqueo atmosferico nel 2024, hanno comportato ondate di calore e forti precipitazioni senza precedenti, causando sofferenza a milioni di persone”. La temperatura media globale 2024 di 15.10°C è stata di 0.72°C superiore alla media del periodo compreso tra il 1991 e il 2020 e di 0.12°C superiore al 2023, il precedente anno più caldo. Ciò equivale a 1.6°C al di sopra del periodo 1850-1900: il 2024 è diventato, dunque, il primo anno solare ad aver superato di oltre 1.5°C il livello preindustriale. Anche la media del biennio 2023-2024 supera questa soglia. "Sebbene questo non significhi che abbiamo superato il limite fissato dall'Accordo di Parigi, che si riferisce alle anomalie di temperatura mediate su almeno 20 anni, sottolinea che le temperature globali stanno aumentando al di là di quanto l'uomo moderno abbia mai sperimentato", precisa C3S. Inoltre, ognuno degli ultimi 10 anni (2015-2024) è stato uno dei 10 anni più caldi mai registrati. La prima metà dell'anno è stata particolarmente calda: ogni mese ha registrato temperature globali più elevate rispetto allo stesso mese dell'anno precedente. Ciò ha contribuito a una striscia di 13 mesi di temperature mensili da record, che si è conclusa a giugno. Da luglio in poi, le anomalie della temperatura globale sono rimaste significativamente al di sopra della media. Agosto 2024 è stato caldo come lo stesso mese del 2023, e gli altri mesi da luglio a dicembre si sono classificati come i secondi più caldi della storia, dopo il 2023. In particolare, il 22 luglio ha segnato il giorno più caldo mai registrato, con una temperatura globale di 17.16°C.  
Il 2024 è stato l'anno più caldo mai registrato in Europa, con una temperatura media di 10.69°C, superiore di 1.47°C alla media del periodo di riferimento tra il 1991 e il 2020 e di 0.28°C rispetto al precedente record stabilito nel 2020. La primavera e l'estate sono state le più calde mai registrate in Europa.  Nel 2024, la temperatura superficiale marina media annuale (Sst) sull'oceano extrapolare ha raggiunto un massimo storico di 20.87°C, 0.51°C al di sopra della media tra il 1991 e il 2020. Nel 2024 sono stati osservati in tutto il mondo eventi meteorologici estremi, che vanno da forti tempeste e inondazioni a ondate di calore, siccità e incendi. Secondo il report, la quantità totale di vapore acqueo nell'atmosfera ha raggiunto un livello record nel 2024, circa il 5% in più rispetto alla media del periodo compreso tra il 1991 e il 2020, un valore significativamente più alto rispetto al 2023 – si legge – Questa abbondante disponibilità di umidità ha amplificato il potenziale di eventi piovosi estremi. Inoltre, insieme alle elevate temperature della superficie del mare, ha contribuito allo sviluppo di grandi tempeste, tra cui i cicloni tropicali.  Non solo. Le temperature elevate possono portare a situazioni in cui il corpo è sottoposto a stress da surriscaldamento. Oltre alla temperatura, anche altri fattori ambientali come l'umidità possono influire sullo stress da calore. Nel 2024 – rileva il rapporto – in gran parte del mondo si sono registrati più giorni della media con almeno 'forte stress da caldo'. Alcune regioni hanno anche registrato più giorni della media con 'stress da caldo estremo', livello al quale è indispensabile intervenire per evitare un colpo di calore. Secondo il report, infine, prolungati periodi di siccità in diverse regioni hanno creato condizioni favorevoli agli incendi boschivi.  “Il Global Climate Highlights è uno strumento fondamentale per sostenere gli sforzi internazionali di adattamento al clima”, rimarca Florence Rabier, direttore generale dell'Ecmwf. Per Mauro Facchini, responsabile dell'Osservazione della Terra presso la Direzione Generale Industria Difesa e Spazio della Commissione Europea, “gli obiettivi ambientali e climatici fissati dall'Unione europea sono ambiziosi e necessitano di azioni adeguate, soprattutto considerando i risultati presentati oggi. Grazie alla scienza, all'innovazione e ai programmi faro di Osservazione della Terra come Copernicus, possiamo prendere decisioni informate per mitigare e adattarci ai cambiamenti climatici”. —sostenibilitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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