Nel nord-est italiano, «economicamente sviluppato» secondo il modello classico, ma acceso da tensioni ed esperienze innovative quali banca e finanza etica, commercio equo e solidale, consumo critico, associazionismo e cooperativismo, un gruppetto di donne conduce da anni riflessioni e pratiche su questi temi. Due di esse si trasferiscono in Sardegna dove danno vita a una piccola impresa turistica dalle caratteristiche inconsuete: in una grande casa dell’entroterra oristanese sono graditi gli ospiti segnati dal limite psico-fisico, in voluta mescolanza con gli altri, e la vacanza si propone come occasione di intersecazione, oltre che di svago balneare o escursionistico.
L’attività di ricezione turistica si affianca fin dall’inizio a un’associazione culturale, nella convinzione che il solo obiettivo economico non faccia «impresa» umana autentica, e nell’intento di offrire agli ospiti un’esperienza aggiuntiva di vacanza in tessitura con l’ambiente.