«Briciole» di storia da non perdere

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È ormai passato un terzo di secolo da quella fine degli anni Sessanta del Novecento in cui è nata la «primavera dell’ecologia». In quel quinquennio, dal 1968 al 1973, è stato come se gli abitanti dei paesi industrializzati scoprissero i costi del «progresso» e della crescita economica: inquinamenti, incidenti industriali, congestione del traffico, frane e alluvioni (la grande alluvione di Firenze si ebbe nel 1966), mancanza di acqua, frodi alimentari, i pericoli delle bombe atomiche.

Sorsero allora i primi gruppi e movimenti di denuncia che riuscirono a mobilitare migliaia di persone, a richiamare l’attenzione dei grandi mezzi di comunicazione. La loro azione mostrò che se si vuole, si vince: «Protest and survive», protestate se volete sopravvivere alla violenza del potere economico, militare e tecnologico.

Vennero poi gli anni della crisi petrolifera, le proteste per il nucleare, a cui seguirono gli anni Ottanta e novanta del Novecento, con la ripresa dei commerci (e delle relative violenze e guerre), con il crollo dell’Unione Sovietica e la scomparsa del «comunismo», di quei fermenti di giustizia, uguaglianza, pace, rispetto dell’ambiente che avevano caratterizzato i più generosi gruppi ecologici.

In questi primi anni del Duemila molti cominciano a interrogarsi di nuovo sul mondo circostante: guerre, inquinamenti, incidenti industriali, sete e alluvioni, frodi alimentari riaffiorano fra l’ideologia del lusso e degli sprechi; lo svuotamento della capacità dello Stato come regolatore del «bene pubblico» (e la natura e l’ambiente sono beni comuni per eccellenza); lo strapotere del privato e del mercato fa sì che i meno abbienti comincino a sentirsi più poveri e insicuri in un ambiente sfruttato a alterato dalla prepotenza dei più abbienti.
Fortunatamente nuovi militanti e movimenti sorgono, per lo più ignari di quanto è successo in passato; eppure le lotte di trent’anni fa potrebbero dare tante utili indicazioni, motivi di speranza.
Purtroppo le testimonianze dell’età dell’oro dell’ecologia sono in gran parte scomparse. Molti dei protagonisti sono morti: si pensi solo alle figure carismatiche di Laura Conti, di Aurelio Peccei, di Antonio Cederna. Le stesse grandi associazioni non hanno conservato i loro archivi; molte persone hanno abbandonato la lotta e hanno svuotato le cantine dei libri, volantini, manifesti. Oggi che si cerca di creare un archivio storico delle lotte ambientali, si vede quanto poco sia rimasto.