di AA.VV, edizione Il Mulino
Pagine: 330 | Costo ?: 12.00
Cercare la pace e inseguirla è lo sforzo maggiore che gli autori degli articoli di questo numero di «Equilibri» fanno e invitano a fare, coinvolgendo il lettore con le loro numerose esperienze umane, come quella di vivere i primi momenti di città finalmente liberate dall’oppressione.
Per farlo, però, non possono evitare di trascinarci all’interno degli innumerevoli conflitti identitari che costellano il globo, eredità della dissoluzione della ex Unione-Sovietica e della ex Jugoslavia, ma non solo (il caso irlandese, le innumerevoli e efferate guerre tribali); e soprattutto nell’attualissimo fenomeno del terrorismo internazionale, figlio dell’era moderna, ubiquo, slegato da vincoli spazio?territoriali, maestro di spettacolarizzazione nell’utilizzo della tecnica; tecnica che ha cambiato sia il modo di fare le guerre sia il modo di raccontarle (casi emblematici di questo sono anche la prima guerra del Golfo del 1991 o le missioni umanitarie in Somalia del 1992).
Tutti questi conflitti sono sì artefici dello stravolgimento dei paradigmi di non violenza cui erano state educate le generazioni successive al secondo conflitto mondiale, ma non intaccano i propositi che queste volevano perseguire.
Nel realismo moderno la guerra è privata di qualsiasi giustificazione etica; l’articolo 2 della Carta delle Nazioni Unite recita che la guerra è «fuori legge», senza però escludere la possibilità, per uno Stato, di potersi difendere da un’aggressione e consentendo, in tal caso, l’intervento dell’ONU.
Le speranze di immaginare un futuro differente sono riposte nelle istituzioni internazionali e nella realizzazione di una giustizia e di una democrazia che oltrepassi i confini nazionali senza la pretesa di essere esportata bellicamente.
Una poesia di Wislawa Szymborska,citata in questo numero, dice «La realtà esige che si dica anche questo:la vita continua»; la vita continua in tutti i luoghi tormentati dai conflitti di ieri e di oggi in attesa del momento in cui la pace non sarà più un concetto così aleatorio da dover essere definito come «assenza di guerra».
Claudio Mundo
(30 Settembre 2004)