L’Fsc è diventato uno standard

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Sotto l’egida del Fsc si eseguono accurati inventari degli ecosistemi forestali e le operazioni vengono effettuate secondo piani di gestione derivanti dalla concertazione tra tutte le parti coinvolte. Gli alberi vengono tagliati con cura e le successive fasi di lavorazione sono tali da ridurre al minimo gli sprechi.
Il Forest Stewardship Council è suddiviso in tre camere con pari diritti: a tutela dell’ambiente, del commercio e del contesto sociale. A proposito di quest’ultimo non v’è dubbio che il commercio equo e solidale dei legni tropicali rappresenti un’ottima fonte di reddito per combattere la povertà endemica in alcune aree del mondo. Peraltro il punto 7 del cosiddetto «Millennium Development Goals», ossia il patto tra i Paesi ricchi e quelli poveri, auspica un corretto utilizzo delle risorse naturali di cui questi ultimi sono ampiamente dotati.
In quest’ottica il Fsc si avvale di enti di certificazione accreditati che effettuano scrupolose ispezioni, interpellando tutte le forze locali interessate alla gestione ed alla conservazione del proprio ambiente naturale.
Inoltre viene richiesta un’accurata documentazione sulle filiere, in modo che sia possibile rintracciare la foresta d’origine anche quando il legname viene commerciato e/o lavorato insieme ad altri, privi di certificazione.
Il logo Fsc è la garanzia che il legno o la carta di cui sono fatti i prodotti in commercio non sono costati la distruzione di un bioma o l’esproprio di terreni appartenenti agli indigeni. Persino la Banca Mondiale ha identificato nel Fsc lo standard di riferimento, impegnandosi a sostenerne le attività affinché esso si estenda a 200 milioni di ettari forestali entro la fine di quest’anno.