La coltivazione dello zafferano si adatta al clima mediterraneo, in particolare nelle aree montane a 500-700 metri sul livello del mare, con media piovosità nel periodo invernale e con periodo estivo molto siccitoso. Sono da evitare, inderogabilmente, terreni umidi, asfittici e pesanti. I coltivatori temono soprattutto le brinate autunnali e le nevi precoci, che sopraggiungono nel periodo della piena fioritura.
Sul piano della tecnica colturale, lo zafferano, erbacea perenne che si origina da bulbi-tuberi, richiede un consistente impiego di manodopera, concentrata per almeno il 50 per cento nel periodo della fioritura dei bulbi e della produzione della spezia, ed un efficace e costante controllo delle infestanti. Per questo motivo lo zafferano è generalmente coltivato in appezzamenti di modesta superficie, una modalità questa interessante per il recupero di terreni montani marginali, spesso abbandonati o destinati all’abbandono.
La collaborazione con il «Progetto Agricoltura Sostenibile» del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, coordinato dal prof. Carlo Renieri, non è casuale vista la necessità da parte delle aziende agricole di diversificare le proprie attività ed il proprio reddito, nell’ottica della multifunzionalità aziendale.
La spezia dello zafferano si ottiene dai tre stimmi rossi del fiore, di colore violetto, separati manualmente ed essiccati moderatamente nello stesso giorno di raccolta. La conservazione è molto delicata, soprattutto per gli effetti dovuti alla luce e all’umidità; buoni risultati si ottengono con l’uso di contenitori di vetro di colore scuro ben chiusi.
Le stime dicono che 500 metri quadrati di superficie possono produrre dai 75mila ai 100mila fiori di zafferano, pari a 350-400 grammi di spezia, per un valore commerciale variabile dai 15 ai 20 euro al grammo.