La convenzione di Barcellona

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La Convenzione di Barcellona del 16 febbraio 1976, è stata adottata sotto l’egida del Consiglio Intergovernativo del Programma Ambientale delle N.U. (UNEP) allo scopo di fornire uno strumento giuridico per l’attuazione del Piano di azione per il Mediterraneo (PAM) adottato a Barcellona nel 1975. Il Piano, negli aggiustamenti approvati nel 1995, estende il campo di applicazione dalla sola lotta all’inquinamento, a finalità generali: garantire una gestione durevole delle risorse naturali, marine e terrestri; proteggere l’ambiente marino e le zone costiere prevenendo l’inquinamento, riducendo e se possibile eliminando gli apporti di inquinanti di qualsiasi natura; tutelare la natura e salvaguardare e valorizzare i siti ed i paesaggi d’interesse ecologico o culturale; rafforzare la solidarietà tra gli Stati rivieraschi del Mediterraneo gestendo il loro patrimonio comune e le loro risorse a vantaggio delle generazioni presenti e future; contribuire al miglioramento della qualità della vita.
La Convenzione è stata emendata durante la conferenza intergovernativa tenutasi a Barcellona il 10 giugno 1995, impegnando le Parti contraenti a promuovere programmi di sviluppo sostenibile che applichino il principio precauzionale e quello del «chi inquina paga». Dalla Convenzione discendono alcuni trattati attuativi.
Si tratta del Protocollo concernente la Cooperazione in materia di lotta contro l’inquinamento del Mar Mediterraneo da idrocarburi ed altre sostanze dannose in caso di emergenza del 1976. Il Protocollo per la Protezione del Mar Mediterraneo dall’inquinamento causato dagli scarichi provenienti da navi o aeromobili e incenerimento in mare (Barcellona, 16 febbraio 1976), è già stato sottoposto a modifiche nel 1995, introducendo norme volte a vietare l’immersione di rifiuti o di altre materie, salvo il rilascio di un’autorizzazione speciale da parte delle autorità nazionali competenti.
Il Protocollo per la Protezione del Mar Mediterraneo dall’inquinamento di origine terrestre firmato ad Atene nel maggio 1980 è stato emendato a Siracusa nel 1996. Il Protocollo con le misure anti-inquinamento risultante dall’esplorazione e dallo sfruttamento della piattaforma continentale, il fondo marino ed il sottosuolo è stato invece adottato a Madrid nel 1994. Quello sulla tutela delle zone particolarmente vulnerabili e di salvaguardia della diversità biologica del Mediterraneo adottato a Barcellona, nel giugno 1995 prevede, tra l’altro, l’istituzione di zone particolarmente protette nelle aree marine e costiere sottoposte alla sovranità o giurisdizione di uno Stato parte, per salvaguardare ecosistemi marini, habitat in pericolo di estinzione o necessari per la sopravvivenza delle specie animali e vegetali minacciate, siti di interesse scientifico, estetico, culturale o istruttivo. Ma anche altre intese riguardano la salvaguardia ambientale del Mediterraneo: l’Accordo italo-jugoslavo di Belgrado del 14 febbraio 1974 sulla collaborazione per la salvaguardia dagli inquinamenti delle acque del Mare Adriatico e delle zone costiere; l’Accordo italo-franco-monegasco di Monaco del 10 maggio 1976 per la protezione dell’Alto Tirreno nel tratto prospiciente il litorale da Saint Hayes a Genova (cosiddetto Ramoge dalle iniziali delle località di Porto S.Raphael, Monaco e Genova); l’Accordo di Roma del 6 marzo 1979 sulla protezione dell’ambiente marino del Mare Jonio e delle sue zone costiere.
La Comunità Europea ha fatto della tutela del Mediterraneo un suo obiettivo prioritario, recependo nella sua


normativa alcuni trattati tematici, scaturiti dalla Convenzione. Si tratta del Protocollo relativo alla protezione del Mediterraneo dall’inquinamento prodotto allo scarico dei rifiuti da parte di navi e aeromobili, di quello in materia di tutela dai fenomeni inquinanti di origine tellurica, e di quello relativo alle zone specialmente protette e alla biodiversità, adottati con decisioni del 1999. Nel 1981 era stato adottato il protocollo di sostegno alla cooperazione in materia prevenzione e gestione delle emergenze provocate da sversamenti di idrocarburi e altre sostanze nocive, che nel corso del tempo si era rivelato inadeguato.
Dal 1997 una task force ha lavorato per la revisione e il perfezionamento degli strumenti giuridici del PAM, dedicando una particolare attenzione all’ampliamento del campo di applicazione e della materia del protocollo sulle misure di risposta alle situazioni critiche, per introdurvi la cooperazione in materia di prevenzione dell’inquinamento causato dalle navi, per rendere più efficace la cooperazione contro gli episodi di inquinamento e per promuovere un’attuazione effettiva della regolamentazione internazionale in materia, che ha integrato alcuni dei principi ispiratori delle politiche comunitarie, applicando il principio di precauzione, chi inquina paga, e il metodo della valutazione dell’impatto ambientale e facendo ricorso alle migliori tecniche disponibili e alle migliori pratiche ambientali.

C. Mun.