Piante per depurare gli scarichi di campagna e difendere la qualità del mare

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Bambù e oleandri per depurare gli scarichi domestici delle campagne riminesi e tutelare il mare. Il Comune di Rimini intende attivare sistemi integrati di fitodepurazione per il trattamento delle acque reflue nelle aree del proprio territorio non servite dal depuratore. L’annuncio ufficiale è stato al convegno nazionale Arspat «Restauro del Paesaggio e Sostenibilità» in corso ai Musei Comunali di Rimini a cui sono intervenuti anche l’Assessore alle Politiche Ambientali del Comune di Rimini Ariano Mantuano e il Direttore del Settore Ambiente e Sicurezza Comunale Riccardo Cola.
Il tema del trattamento dei reflui in modo efficiente, ecosostenibile e a basso impatto ambientale è risultato dal simposio riminese uno dei presupposti prioritari per lo sviluppo sostenibile, presente anche tra gli elementi di primo piano delle Linee Guida del progetto di ricerca Terrazze sull’Adriatico per il restauro paesaggistico e ambientale di Saludecio (RN).
«Siamo una realtà costiera con una parte degli scarichi non coperti dalla depurazione tradizionale che arrivano in mare attraverso fossi e canali – ha spiegato l’Assessore alle Politiche Ambientali del Comune di Rimini Ariano Mantuano -. La fitodepurazione è ora entrata a pieno titolo a far parte dei principi generali del Piano Regolatore delle Fognature di Rimini, attualmente in fase di definizione. Sono interventi efficaci, attuabili con investimenti contenuti e in tempi relativamente brevi. Ciò che abbiamo in mente per Rimini riguarda non solamente l’uso di piante per la depurazione delle acque di scarico ma anche l’utilizzo delle acque così depurate per recuperare e ripristinare i principali fossi della città».
La zona dell’entroterra comunale riminese ai piedi delle colline, presenta infatti una falda piuttosto superficiale (1-2 metri di profondità) e fossi del reticolo idrografico superficiale secchi per 4-5 mesi l’anno.
Per tradurre concretamente questo principio è in corso lo studio di fattibilità per un sistema integrato per la depurazione dei reflui ed il riutilizzo delle acque depurate riguardante l’area della Fossa Padulli e della Fossa Calastra a monte dell’A14, tra la Via Marecchiese e le pendici del Colle di Covignano. In questa zona la fitodepurazione risulta essere la risposta ideale in quanto, soprattutto nella parte pianeggiante dell’area interessata, la falda particolarmente superficiale, rende impossibile l’adozione di tecnologie alternative per i trattamenti locali dei reflui. Lo studio riguarda nuclei residenziali composti da 15-18 abitazioni per un totale di circa 50 abitanti equivalenti per i quali non risulta conveniente il collegamento al depuratore, le cui acque nere verrebbero quindi trattate mediante moduli fitodepurativi.
Lo studio di fattibilità per l’impianto integrato prevede che le acque di scarico vengano pretrattate mediante un disoleatore per abbattere i grassi e gli oli, una vasca Imhoff ed un filtro aerobico con funzione di abbattimento di parte dei reflui contenenti azoto prima di entrare nel piatto di fitodepurazione. In uscita dal filtro le acque reflue vengono quindi convogliate nel piatto di fitodepurazione, piantumato con essenze vegetali quali ad esempio le tife e le canne palustri, ma anche specie ornamentali, come il bambù, o specie floreali come l¹oleandro. Le acque fuoriescono dall’impianto di fitodepurazione completamente depurate.
Le


acque meteoriche (convogliate direttamente nei fossi) e le acque depurate confluiranno quindi in una vasca di accumulo complessiva posizionata immediatamente a monte dell’autostrada.
Il contenuto della vasca potrà essere in parte riutilizzato per gli usi secondari consentiti dalla legge (irriguo, civile e industriale) e in parte verrà pompato in testa ai fossi originari in modo che non rimangano più secchi e possano autodepurarsi dilavando le sostanze nutritive apportate dai terreni a monte.
«Con la fitodepurazione integrata i reflui verranno trattati sul posto senza caricare l’impianto urbano di depurazione e i fossi verranno rigenerati in modo naturale – ha precisato Mantuano -. In questo modo non succederà più, come accade adesso, che al primo temporale estivo i nutrienti depositati sul fondo dei fossi in secca arrivino fino al mare. L’applicazione su scala più ampia di questo principio contribuirà quindi anche al miglioramento della qualità delle acque del nostro mare con benefici anche in termini di balneazione e, dunque, turistici. Lo studio di fattibilità si trova nelle sue fasi finali ha concluso per la sua trasformazione in progetto si dovrà attendere il Piano Regolatore delle Fognature che spero potrà essere approvato al massimo entro l’anno».

(Fonte Convegno Arspat)