Primi contrasti al «Working group»

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Si è insediato ieri il «Working group» creato ad hoc dei soli paesi che hanno ratificato il protocollo di Kyoto per discutere ed avanzare proposte di riduzione delle emissioni «in regime di proroga del Protocollo di Kyoto» oltre il 2012. È iniziata la discussione non senza i primi contrasti nei differenti punti di vista.

Poiché non si era raggiunto un accordo di come proseguire nel post Kyoto, all’ultima Conferenza delle Parti (COP-11) di Montreal è stata adottata una decisione di compromesso e cioè:

1) tutti i 189 Paesi che avevano ratificato la Unfccc, indipendentemente dal fatto che avessero successivamente ratificato o meno il protocollo di Kyoto, avrebbero dovuto iniziare un «dialogo» per concordare come procedere nel post Kyoto. La prima riunione di questo «dialogo» si è tenuta il 15 ed il 16 marzo scorso e non ha portato, per ora, a nessuna conclusione, salvo le solite dichiarazioni di buona volontà nel ridurre le emissioni di gas serra.
2) i soli Paesi che avevano ratificato il protocollo di Kyoto (163 paesi) decidevano di prorogare il protocollo oltre il 2012, fissando ulteriori obiettivi di riduzione che, questa volta, coinvolgessero sia paesi industrializzati sia paesi in via di sviluppo. Proroga ed obiettivi di riduzione da fissare, rappresentano ovviamente una fase intermedia di transizione in attesa di conoscere l’esito del «dialogo» e cioè che cosa fare sul lungo termine.

Working group ad hoc

Ebbene ieri si è aperta la sessione su questo secondo punto. Al fine di evitare assemblee plenarie, spesso poco produttive, si è deciso di creare un «working group ad hoc» che discuterà della proroga del protocollo e degli obiettivi in regime di proroga, al fine di elaborare una proposta che sarà poi portata in sessione plenaria per la discussione e l’approvazione.

Il Working group che si è aperto ieri già si trova ad affrontare alcune controversie.

La Unione Europea, per esempio si chiede:
1) Ma questa proroga e questi obiettivi di riduzione a tempo limitato fanno parte di una strategia a lungo termine o no? Perché se fanno parte di una strategia a lungo termine questo working group fissa la prima tappa di questa strategia a cui seguiranno tappe successive fino all’obiettivo finale. Me se non c’è una strategia di lungo periodo quali sarebbero le prospettive?
2) Dobbiamo ancora prendere in considerazione i meccanismi flessibili del protocollo di Kyoto, oppure nella proroga non esistono più? E che fine fa il commercio delle emissioni? Quale sarebbe lo scopo del commercio delle emissioni nel protocollo di Kyoto prorogato?
3) I «sinks» rimarranno così come già stabilito oppure come saranno trattati nei futuri impegni?
4) I gas serra da considerare saranno gli stessi o dobbiamo prenderne in considerazione altri? E quali sorgenti di emissione dobbiamo considerare o ulteriormente considerare (i bunkeraggi, il trasporto aereo, ecc)?

L’Unione Europea rimane convinta della strategia di lungo periodo che già aveva proposto (stabilizzazione a 500 ppm, riduzione del 60% al 2050, massimo riscaldamento globale di 2°C) e su questa strategia intende


impostare la proroga.
Se non è così allora la UE propone che nel working group vi sia un aperto scambio di opinioni sulle aspettative che ciascun paese ha e poi concordare un documento programmatico che includa le aspettative.
Questo documento programmatico poi va verificato con gli organi scientifici a cominciare da Ipcc e dalle istituzioni scientifiche internazionali, ma anche con gli operatori economici ed industriali e con tutti gli interessati.

Di parere opposto la Cina, secondo la quale la proroga del protocollo di Kyoto e tutto ciò che ne consegue, compresa la eventuale individuazione di obiettivi di riduzione è un processo completamente svincolato dal «dialogo» e non va interconnesso con nessun altro processo che fissi obiettivi a lungo termine.
Per quanto riguarda i meccanismi flessibili, nella proroga del protocollo di Kyoto la Cina è molto interessata perché siano assolutamente mantenuti e migliorati.
La scadenza degli impegni in questo periodo di proroga successivo al 2012 deve essere superiore ai 12 anni, cioè superiore al primo periodo 1990-2012, su cui si è basato il protocollo di Kyoto. I Paesi sviluppati dovranno ridurre oltre il 5,2% del primo periodo, mentre per i paesi in via di sviluppo le riduzioni delle emissioni potranno essere stabilite solo se saranno collegate alla disponibilità di risorse finanziarie ed al trasferimento di tecnologie ai paesi in via di sviluppo da parte dei paesi sviluppati (come a dire che se i paesi sviluppati non forniscono soldi e nuove tecnologie, la Cina non intende impegnarsi).

L’India è più o meno nella scia della Cina: nessuna connessione tra il problema della proroga del protocollo di Kyoto ed i nuovi obiettivi da stabilire con processi, negoziati ed obiettivi di lungo periodo. L’India propone che per i Paesi industrializzati gli obiettivi di riduzione siano superiori al 5,2% che c’erano stati nella prima fase, e siccome l’India si rende conto che obiettivi più ambiziosi diventano anche più costosi, l’unico modo per attuarli e suddividerli fra i Paesi industrializzati in base ad opportuni criteri e fare ampio ricorso ai meccanismi flessibili ed in particolare a quello della cooperazione fra paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo (clean development mechanism). Suddivisione delle riduzioni e ricorso al «clean devolpment mechanism» deve essere fatto in relazione all’equità. Che cosa sia l’equità e come si applica va naturalmente definito.

Una posizione intermedia fra quella della Unione Europea e quella di India e Cina, viene presentata dal Giappone che si dice favorevole a fissare obiettivi di lungo periodo, ma non per questo bloccare quelli di breve periodo a quello di lungo periodo, perché bisogna guardare a quello che realisticamente si può fare. Il Giappone, infatti, insiste sugli aspetti immediatamente fattibili, quali il risparmio energetico e l’uso efficiente dell’energia, lo sviluppo di nuove tecnologie energetiche e di tecnologie che portino ad emissioni zero di anidride carbonica. Ma il Giappone insiste anche sull’aspetto adattamento ai cambiamenti climatici di cui nessuno parla ed è importante tanto quanto quello della mitigazione, cioè della riduzione delle emissioni.

Ovviamente in questo


working group che discute sulla proroga del protocollo di Kyoto e riservato, quindi, ai paesi che hanno ratificato il protocollo, non ci sono i 26 paesi che hanno rifiutato di ratificarlo, tra cui gli Usa e l’Australia.