Tutta colpa della cellulosa

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Il commercio di carta e cellulosa è indicato da più parti come il maggior responsabile del taglio illegale e, in ultima analisi, della distruzione delle foreste indonesiane.
Il 90% della produzione di legno è frutto dell’illegalità e ben poco proviene da concessioni regolari, operazioni comunitarie o piantagioni.
D’altro canto Greenpeace e molti ambientalisti rifiutano di considerare queste ultime come la panacea di tutti i mali. In particolare ritengono che anche le piantagioni debbano essere impostate secondo criteri di buona gestione forestale, altrimenti andrebbero a sostituirsi alle foreste naturali senza preservare la biodiversità, il clima ed i suoli.
In ogni caso i trafficanti di legname trovano più conveniente saccheggiare le foreste anziché investire tempo e denaro nell’avviamento di colture intensive.
Così la deforestazione prosegue a ritmo serrato, alimentando un enorme giro d’affari in cui la trasparenza dei bilanci è una lontana chimera.
Parte degli introiti va ad ufficiali corrotti, benché il ministero delle Foreste collabori proprio con l’esercito per stroncare i traffici clandestini. Le buone intenzioni sono vanificate dal persistere del sistema feudale basato sull’intreccio tra mafie e compagnie del legno che caratterizzava il regime di Suharto. Durante quegli anni l’industria cartaria è cresciuta in modo esponenziale, portando l’Indonesia al nono posto tra gli esportatori di cellulosa e facendo lievitare il fabbisogno di legname sino a 76 milioni di metri cubi l’anno.
Il crollo del regime ha lievemente rallentato i ritmi, ma non ha posto fine al malcostume: tuttora le foreste sono territorio di conquista, impermeabili a qualunque forma di controllo da parte del governo. A questo proposito un rapporto del Direttorato Indonesiano per la Natura e la Conservazione richiede misure d’emergenza, denunciando l’impotenza delle autorità locali nel far applicare le leggi dello Stato.
A ciò si aggiunge la pressione esercitata dalla richiesta di cellulosa in gran quantità ed a prezzi stracciati come avviene in Italia, che ne è il primo importatore europeo.
La forza del mercato è tale da far passare in secondo piano le denunce che si susseguono da anni e provengono da più fronti, ben al di là dell’ecologismo in senso stretto.
Il settore forestale indonesiano è dominato da quattro potenti gruppi industriali che perseguono i propri utili muovendosi pressoché indisturbati. Il 70% dei tronchi esportati è stato abbattuto illegalmente e poi riciclato in qualche modo, ad esempio attraversando la Malesia. La situazione è tale che lo stesso Ministero delle Foreste chiede ai Paesi dell’UE di rifiutare il legname proveniente dall’Indonesia.