Un report del Wwf smonta le motivazioni scientifiche

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Un nuovo rapporto del Wwf, presentato oggi in occasione dell’apertura in Corea della 57a Commissione Baleniera Internazionale (IWC) annulla il mito che sia necessario uccidere le balene per studiarle. Da quando nel 1986 è diventata operativa la moratoria sulla caccia, sono state uccise circa 24.000 balene, delle quali oltre 7.000 nel nome della scienza (capodogli, balenottere minori, balenottere di Bryde) soprattutto dalle flotte giapponesi. Ma il rapporto denuncia come la caccia scientifica sia solo uno strumento legato al profitto e un mezzo per aggirare la moratoria, dal momento che le moderne e non letali tecniche di studio sono più affidabili nel fornire dati e conoscenze sulla biologia di questi mammiferi.
«È paradossale che il Giappone, una delle nazioni più avanzate al mondo in termini di progresso tecnologico, si ostini ad uccidere ogni anno circa 650 balene utilizzando nel 21° secolo la scienza degli anni 40 del secolo scorso», ha detto Susan Lieberman, Direttore del Programma Wwf Global Species. «Noi crediamo che gli attuali programmi di ricerca debbano essere progettati utilizzando le nuove tecniche».

Secondo il rapporto «Science, profit and politics: Scientific Whaling in the 21st Century», le attuali tecniche non letali sono in grado di assicurare campioni più grandi e dati più affidabili, e possono essere ripetute per molto tempo, cosa impossibile una volta che una balena è stata uccisa.
Ad esempio, l’analisi genetica di piccoli campioni cutanei (prelevati con una speciale e non dannosa freccetta da biopsia) è ampiamente utilizzata per comprendere la struttura della popolazione di molti mammiferi, incluse le balene. Questa tecnica è utile per determinare lo stato delle popolazioni di balene in aree geografiche diverse, cosa di importanza cruciale per stabilire le quote.
Il Giappone dichiara inoltre la necessità di dover uccidere le balene per determinare di cosa si nutrono esaminando i contenuti stomacali. Il Wwf sottolinea tuttavia che quest’analisi fornisce una visione istantanea solo delle prede consumate di recente e che potrebbe non essere indicativa sul reale tipo di dieta. Al contrario l’analisi dei campioni cutanei fornisce informazioni attendibili sulla dieta della balena e su un periodo di tempo più lungo.
I cacciatori giapponesi affermano inoltre che una ricerca di tipo «letale» è necessaria per determinare il sesso e le condizioni riproduttive delle balene. Ma gli esperti Wwf replicano che si può facilmente determinare il sesso attraverso un’analisi bioptica. Una tecnica recente permette inoltre agli scienziati di determinare lo stato di gravidanza dai campioni bioptici.

Secondo il rapporto, la leggenda più grande sostenuta dai giapponesi è che le balene sono responsabili del collasso degli stock di pesca. In ogni caso nessuno dei loro studi su questo tema è stato mai pubblicato su pubblicazioni scientifiche internazionali. La valenza scientifica è così scarsa, come sottolinea il rapporto del Wwf, che non passerebbe il vaglio della revisione da parte di alcuno scienziato che collabori con una rivista rispettabile.

Tra il 1954 e il 1986 i giapponesi hanno ucciso nel mondo 840 balene con la motivazione della ricerca scientifica, e da allora otto volte


di più. Questa cosiddetta «ricerca» è fortemente sovvenzionata dal governo e la carne di balena viene venduta sul mercato giapponese. «Il nostro rapporto evidenzia come il programma di caccia giapponese riguarda il commercio e la politica, ma non ?suona? come scientifico ? ha proseguito Lieberman ?. Chiediamo al Giappone di agire all’altezza della sua reputazione di nazione avanzata sia tecnologicamente sia scientificamente, e di porre fine alla ?caccia scientifica?».
L’altra nazione che, oltre al Giappone, continua a cacciare le balene adducendo presunte motivazioni scientifiche è l’Islanda. Le flotte islandesi hanno ucciso 38 balenottere minori nel 2003, e 25 nel 2004.

(Fonte Wwf)