Scopo del workshop è di raccogliere i contributi dei vari gruppi che hanno esperienza del settore, con lo scopo di formulare richieste tecniche generali e specifiche necessarie alla pianificazione delle attività future nell’area, dato che l’Esa ha intenzione di integrare le richieste della comunità geofisica e vulcanologia nei suoi programmi futuri di osservazione della Terra.
Con un diametro di 23 kilometri, la caldera dei Campi Flegrei ha vissuto la sua ultima eruzione nel 1538, ma ha mostrato chiari segnali di attività anche in anni recenti. In profondità, il magma rimane attivo e porta a periodi in cui il suolo si solleva rapidamente, che sono poi seguiti da una lenta subsidenza. I sollevamenti più recenti risalgono al periodo marzo-agosto 2000.
Movimenti del terreno di questo tipo richiedono misure molto accurate. Reti geodetiche a terra possono fornire indicazioni accurate sulle deformazioni, limitatamente all’area monitorata dalla rete. Ogni deformazione esterna all’area non viene però rilevata.
La componente verticale del movimento del suolo viene ottenuta attraverso la tecnica geodetica del livellamento (levelling) basata su misurazioni di altezza condotte su singoli punti (benchmarks), che nell’insieme costituiscono la rete di livellamento. I dati raccolti sono integrati con letture Gps per fornire misure tridimensionali degli spostamenti.
Tuttavia il metodo del livellamento è costoso sia in termini di denaro sia di tempo. Ottenere misurazioni attraverso una rete di questa natura è un procedimento assai lungo (la rete dei Campi Flegrei ha oltre trecento benchmarks) così come la successiva elaborazione dei dati. In genere il livellamento è realizzato solo una o due volte all’anno.
L’ottenimento dei dati Gps è, per certi versi, una procedura più veloce ed economica, ma richiede comunque una settimana o più per misurazioni di precisione sui venticinque vertici che ne costituiscono la rete. Nella stessa area c’è anche una rete Gps formata da 8 stazioni che realizza registrazioni continue, ma la sua copertura spaziale è limitata per ragioni economiche. Oltre questa rete, misurazioni Gps sono realizzate a intervalli non inferiori a sei mesi.
«Considerando questa frequenza di misurazioni sul campo, abbiamo la necessità di incrementare il campionamento temporale ? spiega Sven Borgström dell’Osservatorio Vesuviano ?. I dati satellitari ci permettono un’ottima copertura sia nello spazio sia nel tempo, ogni 35 giorni nel caso di ERS-2 o Envisat, contro una o due volte all’anno delle tecniche Gps o di livellamento».
Sembra un paradosso: come possono satelliti a 800 kilometri di quota misurare spostamenti del terreno con una precisione confrontabile con i dati Gps o di livellamento acquisiti direttamente sul posto?
La risposta si chiama Interferometria Radar ad Apertura Sintetica o, in breve, InSAR. L’InSAR comporta la combinazione matematica di due o più immagini radar dello stesso luogo. Ogni cambiamento della distanza totale percorsa dal segnale (dal satellite alla superficie e ritorno) causa uno spostamento nella fase del segnale che determina, a sua volta, frange di interferenza, visualizzate poi come linee di contorno nell’interferogramma risultante.
Questa tecnica può essere usata per creare modelli di elevazione digitale molto accurati (DEMs), poiché questo tipo di combinazione di immagini dà
risultati simili alla visione stereoscopica.
Quando poi si sottraggono le immagini residue dall’interferogramma risultante (noto come InSAR differenziale), la medesima tecnica funziona come una versione matematica di «occhio alla differenza», il diffuso gioco enigmistico, e permette di sottolineare i lievi cambiamenti tra una acquisizione e l’altra. Le frange di interferenza residue permettono di identificare il minimo spostamento del terreno che sia occorso lungo la linea di vista del sensore radar.