La Valle Padana è un’eccezione al Protocollo di Kyoto

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Lanzani ha evidenziato la non sovrapponibilità delle esigenze del Protocollo con quelle di Milano e del resto della Pianura Padana trovandosi in una posizione orografica tale da creare delle condizioni meteorologiche particolarmente sfavorevoli alla dispersione degli inquinanti

Alla Convention Arg (Ambiente ricerca giovani), tenutasi a Bergamo, è stata organizzata una tavola rotonda «Verso i nuovi standard di qualità dell’Aria» nella quale ha partecipato anche il dott. Guido Lanzani (Responsabile dell’Unità operativa Qualità dell’aria dell’Arpa Lombardia), il quale ha evidenziato che non sempre le esigenze relative alla qualità dell’aria in Valle Padana sono sovrapponibili rispetto a quelle esposte nel Protocollo di Kyoto.

Per questo abbiamo pensato fosse interessante porre a Lanzani alcune domande per capire bene la situazione dell’inquinamento atmosferico a Milano e nel resto della Lombardia e della Valle Padana, dato che a Copenhagen, durante il Vertice sui Cambiamenti climatici, è stato discusso proprio dei nuovi impegni (mantenere la temperatura media del pianetaal di sotto di 2 gradi rispetto a quella dell’era pre-industriale per i prossimi dieci anni e garantire la mobilitazione di 100 miliardi di dollari l’anno a favore dei Paesi in via di sviluppo per la lotta al cambiamento climatico)che tutti gli Stati devono prendere al più presto per evitare le disastrose conseguenze dei cambiamenti climatici già in atto.

Quale sarebbe la strada giusta da intraprendere in base alle esigenze di Milano e del resto della Lombardia e della Valle Padana?

Sicuramente il contenimento dei consumi energetici, in ambito industriale e civile (ad esempio con politiche volte al risparmio energetico) e la riduzione dei chilometri percorsi dai mezzi privati è un obiettivo comune sia alle politiche mirate alla riduzione delle emissioni inquinanti, che portano a possibili effetti sanitari ai cittadini di Milano e della Valle Padana, sia a quelle di limitazione dei gas serra, che possono portare al riscaldamento climatico, importante non solo su scala locale ma anche su quella globale.

Altre tendenze, quali ad esempio quelle di un maggiore uso della legna per il riscaldamento domestico in piccoli apparecchi, può fare bene al clima globale ma sicuramente non alla qualità dell’aria della Pianura Padana e delle vallate alpine, dove la legna è tra i principali responsabili delle emissioni di PM10 ma anche di Benzopirene, un inquinante cancerogeno.

Anche la diffusione degli autoveicoli diesel senza filtro antiparticolato rispetto a quelli a benzina, può essere un fattore positivo per …Kyoto, in quanto il motore diesel è energeticamente migliore, ma meno per Milano, data la maggiore emissione di questi motori per km percorso rispetto ai benzina in termini di PM10 e di NO2. D’altra parte riducendo i chilometri percorsi (o il calore necessario a riscaldare gli ambienti), si fa bene sia a Milano che a Kyoto!

Qual è la situazione attuale dell’inquinamento a Milano? E nel resto della Regione?

Dipende da quale inquinante si considera. Importanti risultati sono stati conseguiti nel corso degli anni per SO2, CO, Benzene (tutti ormai ben sotto le soglie). Sebbene sia stata già fatta molta strada nella riduzione delle emissioni, devono essere fatti ulteriori sforzi per raggiungere gli obiettivi per il particolato (PM10 e PM2,5) e, localmente, per l’NO2.

Per l’ozono (O3), che si forma in atmosfera a partire da ossidi di azoto (NOx), e Composti organici volatili (Cov) la strada invece è ancora lunga, anche perché la riduzione dei precursori non è lineare con la riduzione dell’ozono alla fine del processo. È un fenomeno comune a tutta Europa: a fronte della riduzione di Ossidi di azoto e Cov, l’Ozono fatica a diminuire.

Quali sono le fonti principali di questo inquinamento, condizionato e aggravato dalla posizione orografica di Milano e del resto della Pianura Padana?

Dipende anche in questo caso da quale inquinante si vuole considerare. Va innanzitutto rilevato che anche il PM10 non è emesso totalmente già in forma solida (appunto come PM10 «primario») ma in parte si forma, come nel caso dell’O3, in atmosfera a partire dagli ossidi di azoto, composti organici volatili e ammoniaca (NH3). Per il particolato primario, le principali emissioni sono dovute ai motori diesel e alla combustione della legna in impianti domestici. Per gli ossidi di azoto, oltre al traffico diesel, anche le attività industriali danno un contributo non trascurabile. Per i composti organici volatili (senza dimenticare il traffico e la legna) va rilevato che il contributo principale deriva dall’utilizzo dei solventi, anche in ambito industriale. L’ammoniaca, che, come detto, è uno dei precursori del PM10, deriva in gran parte dallo spandimento dei reflui in agricoltura.

La Lombardia riuscirebbe al 30 giugno 2011 a rientrare nei nuovi limiti imposti dalla nuova Direttiva 08/50/Ce? E cosa si può dire in merito ai nuovi limiti sul PM2,5?

Sebbene le emissioni pro-capite e pro-unità di Pil di un cittadino lombardo (ma anche di un cittadino della Pianura Padana) siano inferiori a quelle di un cittadino medio dell’Unione europea, le condizioni meteorologiche del bacino padano sono particolarmente sfavorevoli alla dispersione degli inquinanti. Per cui, anche con emissioni ridotte, le concentrazioni che si raggiungono sono ancora spesso superiori ai limiti previsti dall’Unione europea, soprattutto per il limite sulle medie giornaliere di PM10.

È necessario quindi che ai piani regionali si affianchino misure straordinarie dello Stato. Andrebbe valutata la possibilità che, come ci sono zone «svantaggiate» dal punto di vista economico, vengano anche riconosciute zone svantaggiate dal punto di vista ambientale, in cui magari impegnare anche l’Unione europea con interventi (finanziari) specifici.

Il PM2,5 non è invece in realtà un nuovo inquinante, ma è parte del PM10. Le politiche intraprese per ridurre le concentrazioni di PM10 sono quindi in linea generale efficaci anche per il PM2,5. Va poi segnalato che i limiti proposti dall’Ue per quest’ultimo inquinante sono forse più sostenibili di quelli fissati per il PM10. Viene richiesto, oltre che il raggiungimento di un valore limite medio annuale, una riduzione progressiva delle concentrazioni.

Quali sono le strategie che state applicando per fronteggiare questa situazione alla luce di questi nuovi limiti comunitari?

In Lombardia è stato predisposto ormai da tempo un piano regionale, con interventi che vengono puntualmente aggiornati e rafforzati di anno in anno. Si cerca in generale di agire su tutte le principali fonti di emissioni, applicando le migliori tecnologie disponibili in ambito industriale, limitando l’uso della legna in piccoli impianti (è proibito in Lombardia l’uso sotto i 300 m di quota negli apparecchi di vecchia generazione, quali ad esempio i camini aperti). Si cerca poi di ridurre le emissioni veicolari limitando la circolazione dei veicoli a maggiore emissione nei periodi e nelle aree più critiche. Ciò favorisce anche il rinnovo del parco circolante (e l’installazione di filtri antiparticolato sui mezzi diesel esistenti), con benefici su tutto il territorio ed in tutto l’anno. Non vanno infine dimenticate le grandi opere in via di realizzazione, in particolare quelle legate al trasporto pubblico (es. nuove linee metropolitane a Milano) che sicuramente possono contribuire a ridurre le emissioni inquinanti. Siamo poi in attesa di un piano nazionale che affianchi le azioni già in atto a livello regionale. Non si deve però mai abbassare la guardia. Anche il singolo cittadino può poi contribuire con scelte personali il più possibile ecocompatibili il che, a mio avviso, in sintesi, vuol dire soprattutto il più possibile… sobrie. La tecnologia infatti ha dato e può continuare a dare un grande contributo anche per la salvaguardia dell’ambiente, ma richieste di energia e di mobilità in aumento portano via via l’asticella sempre più in alto.