Gaia è viva e noi siamo i suoi… spermatozoi

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Roberto Cazzolla Gatti, scienziato italiano della Tomsk State University in Russia, sostiene che gli esseri umani debbano riprodurre la biosfera terrestre nell’universo. Anche se alcuni dei problemi riguardanti la logica di questa ipotesi sono stati risolti, non era ancora chiaro se la Terra potesse essere considerata un’unità di selezione e, pertanto, se Gaia potesse adattarsi seguendo l’evoluzione darwiniana. Dopo l’idea di Lovelock, la microbiologa americana Lynn Margulis ha proposto che Gaia fosse un pianeta simbiotico composto da elementi biotici (la biosfera) e abiotici (l’atmosfera-geosfera) che interagiscono e co-evolvono

Una nuova idea intrigante e provocatoria del biologo italiano, Roberto Cazzolla Gatti, che lavora presso la Tomsk State University (TSU) in Russia, suggerisce che anche senza necessità di teleologia, quindi senza alcuna previsione o pianificazione, il nostro pianeta può essere considerato come un sistema co-evolutivo analogo a un corpo pluricellulare: una super-unità di selezione. Il dott. Roberto Cazzolla Gatti, professore associato presso l’Istituto di Biologia della TSU, in un articolo intitolato «Is Gaia alive? The future of a symbiotic planet», pubblicato questa settimana sulla rivista scientifica «Futures», ha descritto diverse situazioni in base alle quali «Gaia», la nostra Terra, sarebbe in grado di riprodurre e trasferire il suo genoma planetario su altri pianeti disabitati o abitati.

Lo scienziato sostiene che l’Homo sapiens sapiens, ovvero gli esseri umani moderni, potrebbe agire come cellula germinale in grado di trasportare uno specifico genoma planetario, ma è improbabile che gli uomini possano riprodursi (o sopravvivano scollegati dalla Terra) su un altro sistema «gaiano». Come uno spermatozoo, che perde il flagello e l’acrosoma mentre entra nell’uovo di un altro corpo, cambiando quindi la sua identità, un essere umano può essere considerato solo come portatore dell’informazione genetica del suo corpo (cioè di Gaia), non di se stesso: un mezzo più che un fine. Molte altre specie avrebbero potuto evolversi ed essere state in grado di operare come unità germinali di propagazione, come potrebbe essere accaduto su altri pianeti gaiani.

La vita, che influenza in primo luogo lo sviluppo dell’ambiente planetario e che, a sua volta, influenza la futura evoluzione della vita stessa in modo co-evolutivo, è un’idea ormai consolidata. Tuttavia, sin dalla proposta dell’ipotesi di Gaia da parte biochimico britannico James Lovelock nel 1972 (che sostanziò l’idea di «biosfera» proposta dallo scienziato russo Vladimir Vernadsky), sono state avanzate critiche legate alla teleologia, all’assenza di selezione naturale a scala universale e all’assenza di riproduzione planetaria.

Tuttavia, anche se alcuni dei problemi riguardanti la logica di questa ipotesi sono stati risolti, non era ancora chiaro se la Terra potesse essere considerata un’unità di selezione e, pertanto, se Gaia potesse adattarsi seguendo l’evoluzione darwiniana. Dopo l’idea di Lovelock, la microbiologa americana Lynn Margulis ha proposto che Gaia fosse un pianeta simbiotico composto da elementi biotici (la biosfera) e abiotici (l’atmosfera-geosfera) che interagiscono e co-evolvono.

Ora, la nuova rivoluzionaria ricerca in astrobiologia del prof. Gatti ha permesso di respingere le critiche e sostiene che la nostra specie può effettivamente agire come una cellula germinale, trasferire il genoma di Gaia e consentirne la riproduzione, oppure, se continueremo a crescere incondizionatamente e a consumare le risorse fondamentali per la sopravvivenza degli altri componenti della biosfera, come una cellula cancerosa, che danneggia Gaia come una malattia per le sue cellule somatiche (le altre specie) e degli organi (gli ecosistemi terrestri). Queste patologie, successivamente, interesseranno le sue cellule germinali (ovvero gli stessi esseri umani), impedendole ogni possibilità di riproduzione (a parte una diffusione accidentale dovuta agli impatti degli asteroidi).

Il biologo della TSU ha preso in considerazione le principali preoccupazioni sollevate dall’ipotesi di Gaia e le ha analizzate seguendo un ragionamento logico-deduttivo insieme a esperimenti mentali (seguendo il metodo di scoperta di Albert Einstein), a volte adottando argomentazioni analogiche (come l’etologo Konrad Lorenz era solito fare). Nel suo nuovo articolo su «Futures», anticipato da un’idea preliminare pubblicata nella rivista Theoretical Biology Forum (110 (1-2): 25-45, 2017), Roberto Cazzolla Gatti ha mostrato perché e suggerito come, un sistema gaiano, considerato come un «pianeta simbiotico» composto da elementi biotici (la biosfera) e abiotici (l’atmosfera e la geosfera) che interagiscono e co-evolvono, dovrebbe essere considerato vivo in senso evolutivo.

Lo scienziato italiano sostiene che Gaia possa affrontare stati di coesistenza-esclusione-competizione in base all’idoneità del suo biota rispetto a quelli delle altre biosfere riproduttive. Ciò dimostra che Gaia può riprodursi ed evolvere in competizione-cooperazione con altri pianeti. Alcune profonde implicazioni derivano da questa idea alla luce della recente scoperta della Nasa di nuovi sistemi solari con pianeti simili alla Terra.

«La nostra specie – ha dichiarato il prof. Gatti – come risultato di miliardi di anni di evoluzione e differenziazione simbiotica all’interno di Gaia, ha la possibilità e il privilegio di consentirne la continuazione, l’evoluzione e la riproduzione. Questo risultato potrebbe essere raggiunto solo se manterremo in buona salute la biodiversità e gli ecosistemi, vivendo in Gaia, e se continueremo a studiarli e proteggerli perché essi sono le componenti fondamentali e di supporto del corpo di Gaia». Inoltre, continua il biologo, «dovremmo investire e dedicare i nostri sforzi nella ricerca di altri pianeti gaiani nell’Universo e, cosa più importante, nel progresso tecnologico per trasferire il genoma di Gaia su altri siti riproduttivi potenzialmente idonei (pianeti disabitati e/o potenzialmente abitati)».

Dato che il nostro pianeta è a tre quarti della sua vita (1,75-3,25 miliardi di anni sono rimasti prima che il sole si riscaldi così tanto da impedire la vita sulla Terra) e non siamo ancora in grado di trasferire le informazioni genetiche di Gaia su altri potenziali pianeti, c’è un’altra ragione per cui dobbiamo permettere a Gaia di vivere il più a lungo possibile: «avere abbastanza tempo per sviluppare i mezzi tecnologici per raggiungere l’obiettivo della riproduzione planetaria», suggerisce l’articolo rivoluzionario del prof. Gatti.

«Abbiamo bisogno di avviare un programma di ricerca specifico diviso in due fasi – dice il professore della TSU – per cercare il mix più adatto, vario e geneticamente rappresentativo di microrganismi viventi in Gaia (cioè sul nostro pianeta) che possano sopravvivere, evolversi e riprodursi su altri pianeti (come batteri metanogeni, estremofili, fototrofici e chemotropici, archea, etc.) e che potranno essere trasferiti in ciò che ho chiamato “biofore” (dal greco: βίος, “vita” e φορά, “trasportare”, in altre parole: capsule trasportatrici di vita). Inoltre, è necessario investire nello sviluppo di tecnologie in grado di trasferire le “biofore” su lunghe distanze. Questo trasferimento potrà essere diretto (se gli esseri umani saranno in grado di trasportare le biofore direttamente su altri pianeti) o indiretto (se la diffusione potrà avvenire solo per mezzo di dispositivi tecnologici, una sorta di estensioni artificiali degli esseri umani, come cellule germinali di Gaia); o passivo (se la dispersione sarà effettuata su pianeti-bersagli preselezionati, come semi di piante dispersi dal vento), o attiva (se le biofore verranno inviate su pianeti idonei già rilevati in precedenza)».

Secondo alcuni scienziati, ci sono almeno mezzo milione di pianeti gaiani nella Via Lattea. Ciò significa che ci sono molti potenziali compagni per Gaia, sparsi ovunque, secondo la nuova idea di Roberto Cazzolla Gatti. Pertanto, milioni di potenziali pianeti nell’universo potrebbero essere adatti alla riproduzione di Gaia.

Recentemente intervistato su come gli sia venuta in mente questa idea geniale, il prof. Gatti ha dichiarato: «Parafrasando Newton, per vedere in lontananza ho solo provato a salire sulle spalle di giganti come James Lovelock, Lynn Margulis, Albert Einstein e Konrad Lorenz. Adottando le loro idee e il loro modo di ragionare, ho avuto un momento di eureka sul futuro del nostro pianeta, della nostra specie e di tutti gli esseri viventi con cui condividiamo la Terra. Come una cellula del corpo di Gaia, abbiamo un’importante responsabilità e dovremmo agire per mantenerla in vita e riprodurre la sua biosfera nell’universo».

La strada per l’esplorazione dei pianeti extrasolari e per la panspermia è stata ora tracciata. La Nasa e altre agenzie spaziali hanno una nuova missione astrobiologica da affrontare. Allo stesso tempo, noi, come cellule spermatiche del nostro pianeta, cioè come elementi fondamentali del suo sistema riproduttivo, potremmo finalmente trovare un significato nella nostra vita e uno scopo nell’Universo.

 

(Ufficio stampa della Tomsk State University)