Puglia, la tutela delle coste parte zoppa…

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La spiaggia di Torre dell'Orso nel Salento
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Negli «Indirizzi operativi per l’Azione di Contrasto all’Erosione Costiera regionale» non c’è traccia di studi precedenti dell’Università, più di un punto lascia perplessi e manca una visione interdisciplinare come denuncia una lettera del Presidente Ordine dei Geologi della Puglia, dott. Geol. Salvatore Valletta, del Presidente nazionale Sigea, dott. Geol. Antonello Fiore e del presidente nazionale AIGeo, Prof. Gilberto Pambianchi

«Lungo gli 89.000 chilometri delle coste europee vive, in una fascia litoranea larga 50 chilometri, circa la metà della popolazione degli Stati membri che si affacciano sul mare». Si legge in un documento europeo che introduce una politica di ampio respiro sulle coste.

E in Puglia, che da sempre d’estate, raddoppia o addirittura triplica la popolazione residente, si sa bene che i nodi non sono solamente paesaggistici e di ricettività turistica. La mole di problemi da affrontare e che si riversano sulle coste e quindi in mare sono notevoli e riguardano l’agricoltura, il fabbisogno idrico, la depurazione ecc.

Ma di tutto questo solo parzialmente se ne parla nella Deliberazione della giunta regionale n. 1694 del 26 settembre 2018, appena pubblicata, «Indirizzi operativi per l’Azione di Contrasto all’Erosione Costiera regionale e avvio 1° Fase del Quadro Programmatico – Studi Preliminari».

Le coste pugliesi presentano problemi antichi e nuovi molto complessi e francamente meritavano ben altro trattamento che non essere liquidati con uno studio affidato per 300mila euro al solo Politecnico e trascurando tutti gli studi fatti dall’Università.

Ed infatti non si è fatta attendere una nota del Presidente Ordine dei Geologi della Puglia, dott. Geol. Salvatore Valletta, del Presidente nazionale Sigea, dott. Geol. Antonello Fiore e del presidente nazionale AIGeo, Prof. Gilberto Pambianchi. «È con rammarico – si legge – che notiamo che il tema complesso e pluridisciplinare (geologico, biologico, agrario-forestale, archeologico e socioeconomico) della dinamica e del rischio costiero verrà affrontato, ancora una volta, marginalizzando le competenze geologiche e geomorfologiche. Questo a maggior ragione se si considera che proprio negli ultimi anni è stata redatta la legenda della cartografia geomorfologica nazionale a cura dell’Ispra-Servizio Geologico d’Italia, con il contributo dell’AIGeo (Associazione italiana di Geografia fisica e Geomorfologia) e del Cng (Consiglio Nazionale dei Geologi); proprio il Gruppo di Lavoro AIGeo sulla Morfodinamica Costiera – coordinato dal Prof. Giuseppe Mastronuzzi del Dipartimento di Scienze della Terra e Geoambientali dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” – ha costruito la legenda per quanto riguarda la dinamica costiera.

«Sono tanti i progetti da elencare – si legge ancora nella lettera – quali i Prin (= Progetti di Ricerca di Interesse Nazionale del Miur), gli strategici nazionali (p.e.: Ritmare) o internazionali (p.e.: Interreg di Eu e/o Igcp di Unesco) condotti da ricercatori esclusi da questo accordo. Questi hanno prodotto quella conoscenza interdisciplinare nel campo della geologia, della geomorfologia, della sedimentologia, della dinamica costiera e delle variazioni del livello del mare che è essenziale alla pianificazione in ambito costiero per la salvaguardia del patrimonio in esso contenuto e della vita umana. I risultati di queste ricerche sono stati apprezzati in ambito nazionale internazionale».

Si tratta, in definitiva, di una iniziativa programmatoria che parte con il piede sbagliato, sembra confusa e affrettata. Ad esempio, fra le cause delle modifiche morfologiche, si fa la divisione fra «combinazione di fattori, sia naturali sia indotti dall’uomo, operanti su diversa scala» e fra i fattori naturali si parla di vento e tempeste, correnti litoranee…; certamente ma si aggiungono «innalzamento del livello del mare, subsidenza del suolo e diminuzione dell’apporto solido dei fiumi a mare». La moderna ricerca, già da tempo, mette in relazione questi ultimi aspetti con l’azione dell’uomo. Dal prelievo di inerti alle dighe che hanno drasticamente interrotto l’apporto di inerti, alle opere dell’uomo che hanno addirittura modificato le correnti costiere come è ben noto sulla costa di Ugento.

Si tratta di politiche globali che andrebbero fatte per questo la rigidità di politica sulle coste, prefigurata, lascia perplessi. Ed è per questo che non esistono politiche mirate europee sulle coste, come segnala il documento regionale («A livello comunitario non esiste una normativa specifica in materia di erosione e difesa della costa, potendosi rilevare unicamente convenzioni che esaminano temi di carattere generale come, ad esempio, la tutela del mare, nelle quali il problema dell’erosione costiera riveste un ruolo marginale»). È ovvio che non ci siano interventi perché le conseguenze sono dovute ad un insieme di cause ed è per questo che la multidisciplanarietà è un imperativo…

Infatti l’Europa si orienta ad adottare provvedimenti intesi a migliorare le politiche comunitarie che influenzano le zone costiere e ad esortare gli Stati membri ad attuare strategie nazionali di gestione integrata delle zone costiere (Gizc).

 

Ignazio Lippolis