Scoperto come indurre il letargo

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Per la prima volta sono state identificate le connessioni neurali che si attivano nei topi quando questi spengono il loro motore metabolico: un nuovo passo avanti per comprendere i meccanismi che regolano l’attivazione dell’ibernazione. Prospettive per lunghi viaggi nello spazio

Un gruppo di ricerca dell’Università di Bologna ha individuato per la prima volta una rete di neuroni connessa alla regolazione dell’ingresso in letargo. La scoperta è un nuovo passo in avanti per comprendere i meccanismi responsabili dell’ibernazione: una condizione che se indotta artificialmente nell’uomo potrebbe avere importanti ricadute tanto nella medicina che nell’esplorazione spaziale.

Lo studio (pubblicato su Scientific Reports, rivista del gruppo Nature) riporta i risultati di un esperimento effettuato su topi indotti ad entrare nello stato di torpore. Studiando i circuiti connessi alla regione cerebrale che regola la produzione di calore nell’organismo, i ricercatori sono riusciti ad isolare un piccolo gruppo di neuroni dell’ipotalamo che vengono attivati all’ingresso del letargo.

«Per la prima volta sappiamo cosa si attiva nel cervello quando un animale entra in torpore — spiega Matteo Cerri, ricercatore dell’Università di Bologna che ha coordinato lo studio —. Questi risultati confermano l’ipotesi secondo cui l’ingresso in letargo è controllato dal sistema nervoso attraverso la regione cerebrale responsabile della termoregolazione dell’organismo».

I segreti del letargo

L’ibernazione e il torpore, conosciuti generalmente come «letargo», sono stati fisiologici caratteristici di diverse specie di mammiferi come gli orsi, gli scoiattoli, i criceti, i ghiri e i topi. Tutti questi animali sono in grado di spegnere il loro motore metabolico ed entrare in una sorta di standby: il battito cardiaco e il respiro rallentano drasticamente, la temperatura corporea diminuisce, il metabolismo crolla, la coscienza si affievolisce o si spegne del tutto. Questa speciale abilità consente agli animali in letargo di sopravvivere per lungo tempo in condizioni ambientali difficili, con temperature molto basse e senza cibo o acqua a disposizione.

Ma come è possibile raggiungere questo stato di animazione sospesa? Qual è il meccanismo che regola questa straordinaria abilità? Per molto tempo si è ipotizzata l’esistenza di un «ormone dell’ibernazione», grazie al quale gli animali in letargo riuscirebbero a spegnere il loro metabolismo cellulare. In decenni di ricerche, però, questo ormone non è mai stato individuato.

È nata allora una nuova ipotesi: e se fosse il cervello a comandare questo spegnimento energetico? È la strada seguita dal gruppo di ricerca dell’Università di Bologna, che già alcuni anni fa aveva ottenuto un risultato importante. «Con uno studio pubblicato nel 2013 scoprimmo che il Raphe Pallidus, una piccola regione della porzione più antica del cervello, il tronco dell’encefalo, era in grado di agire come un interruttore sul metabolismo — dice Matteo Cerri —. Se i neuroni in questa zona venivano attivati, il consumo di energia del corpo saliva ai massimi livelli; se invece la loro attività veniva bloccata, anche specie che non vanno in letargo in natura diventavano in grado di farlo».

L’ingresso nello stato di torpore, insomma, deve per forza passare da questo interruttore critico. Ma qual è il nucleo del cervello che ne comanda l’attività, accendendolo o spegnendolo quando è necessario? Per scoprirlo, i ricercatori hanno ideato un nuovo esperimento, grazie al quale individuare i neuroni che si attivano all’ingresso del torpore e che hanno quindi la possibilità di agire sul Raphe Pallidus.

I circuiti del torpore

In questo modo, il gruppo di ricerca dell’Università di Bologna è riuscito ad isolare una particolare rete di neuroni che gioca ruoli diversi nel regolare l’ingresso in torpore nei topi. «Alcune regioni del cervello, come il Nucleo Arcuato o l’Ipotalamo Laterale, monitorano lo stato energetico dell’organismo, ossia l’energia a disposizione, mentre altre, come il Nucleo Parabrachiale, valutano le richieste di spesa energetica, ossia l’energia che si richiede di spendere – spiega Cerri -. Grazie al nostro esperimento abbiamo però visto che quando le riserve energetiche sono ridotte e la richiesta di spesa è elevata, si attiva selettivamente anche un piccolo gruppo di neuroni in una particolare regione dell’ipotalamo, chiamata Ipotalamo Dorso-mediale, che invia connessioni sinaptiche dirette ai neuroni del Raphe Pallidus».

Gli studiosi hanno insomma scoperto che questa particolare rete di neuroni presenti nell’ipotalamo si attiva quando l’organismo entra in letargo, agendo sul Raphe Pallidus, l’area del cervello responsabile della regolazione del metabolismo e quindi della condizione di animazione sospesa propria dell’ibernazione.

La scoperta rappresenta un nuovo passo in avanti per la comprensione dei meccanismi che regolano il torpore e l’ibernazione, un tema che sta riscuotendo molto interesse in tutto il mondo. «Riuscire ad indurre artificialmente una condizione simile nell’uomo potrebbe rivelarsi rivoluzionario sia in molti rami della medicina, dalla terapia intensiva all’oncologia, sia in molti altri settori, a partire dall’esplorazione dello spazio», suggerisce Matteo Cerri. Non a caso la ricerca degli studiosi bolognesi ha ricevuto un finanziamento dall’Agenzia spaziale europea, proprio in vista di possibili applicazioni di questi risultati nel contesto dei viaggi spaziali.

I protagonisti dello studio

Lo studio, pubblicato su Scientific Reports con il titolo «Neural control of fasting-induced torpor in mice», è stato realizzato da un gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie dell’Università di Bologna. Gli autori sono: Timna Hitrec, Marco Luppi, Stefano Bastianini, Fabio Squarcio, Chiara Berteotti, Viviana Lo Martire, Davide Martelli, Alessandra Occhinegro, Domenico Tupone, Giovanna Zoccoli, Roberto Amici e Matteo Cerri.

 

(Fonte Università di Bologna)